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lunedì 28 dicembre 2009

Emiliano candidato in Puglia. Vendola scaricato dal PD.


La notizia era nell'aria da molti mesi e si è palesata nei giorni scorsi attraverso l'investitura ufficiale del Partito Democratico nei confronti di Michele Emiliano, attuale sindaco di Bari candidato del PD alle prossime regionali di marzo in Puglia.
Una conferma che svela in maniera brusca la solita natura egemone del PD, un partito che appena può non indugia certo nel forzare i modi ed i toni, non appena ritiene di avere in mano il potere.
Una situazione senza dubbio delicata in Puglia, patria anche, dell'attuale governatore pugliese Nichi Vendola, ex dirigente del PRC e attuale leader in evidenza del "movimento" di Sinistra Ecologia e Libertà, neonato agglomerato, successivo a Sinistra e Libertà, vista la defezione del partito dei Verdi nell'alleanza di sinistra.
Vendola infatti è sempre molto ben visto, nonostante le varie vicissitudini riguardo lo scandalo della sanità pugliese, da un grande numero di elettori di sinistra sia in regione che fuori, sopratutto da molti elettori meridionali, che sedotti dall'indubbio fascino e carisma del dirigente di SEL, vedono incarnata in lui l'immagine dell'uomo nuovo oltre il PD.
In realtà, Vendola, da navigatissimo politico qual'è ha già capito la situazione e non tarda a correre ai ripari, ben sapendo che difficilmente servirà a qualcosa contro il fronte granitico del Partito Democratico.
Unica strada per il governatore pugliese appare quella delle primarie all'interno del centro sinistra pugliese in cui opporsi nella corsa, ad Emiliano.
Le invoca fin da subito quindi, come unica "strada democratica" per decidere il candidato alla regione.
Sappiamo bene però quanto spesso il PD abbia una visione "distorta" dell'uso di questo metodo spesso più populista che democratico.
Se ne fa largo uso quando si ha la certezza come ad esempio in Toscana, di far vincere i propri candidati a mani basse, se ne rivendica un po' meno (come ha già fatto capire Emiliano) l'uso quando invece la situazione potrebbe essere incerta come appunto in Puglia.
Quel che è sicuro,  nel caso poi si ricorra veramente al metodo delle primarie, è il livello dello scontro, già duro e che pare abbia ben poco a che fare con la "democrazia dal basso" quanto invece con quella delle alte sfere e dei centri di potere.
Uno scontro dal punto di vista politico molto interessante, visto che i due contendenti sono entrambi forti e trasversali politicamente in diversi ambienti "decisivi" per la vittoria finale, come ad esempio quelli vicino all'area cattolica, in cui sopratutto Vendola è molto forte.
La decisione quindi di re-impastare la giunta con diversi nomi dell'UDC di Vendola, al posto di ex politici del PD, è stata senz'altro una chiave di volta che ha messo allo scoperto lo stesso governatore pugliese che evidentemente credeva di avere maggiore sostegno nel PD, dalla corrente D'Alema/Latorre, che invece lo ha repentinamente scaricato a fine novembre (inciucio con il PDL?), aprendo una "falla" nei confronti dei rapporti con il Partito Democratico ora quasi completamente interrotti.
Emiliano incassa il favore del suo partito e dell'IDV, Vendola mendica l'appoggio degli ex (?) fratelli coltelli del PRC di Ferrero e della Federazione della Sinistra e intanto guarda preoccupato all'UDC che sembra in questo caso il vero ago della bilancia, in grado di far pendere la tenzone dall'una o l'altra parte.
Un UDC che pericolosamente (per Vendola) guarda, non solo al PD, ma anche al PDL,  in un ribaltone politico che avrebbe del clamoroso visti i rapporti tesi Casini-Berlusconi, ma si sa, territorialmente la politica è altra cosa rispetto alle "posizioni nazionali".
La sensazione è che le due forze maggiori, PD e PDL, stiano pian piano eliminando i "piccoli" dalla contesa e che il terreno pugliese sia semplicemente un'area di trattativa in cui discutere tra le due forze, che presumibilmente si confronteranno nei propri rapporti di forza.
Non stupirebbe quindi un nome di secondo piano nella corsa a governatore nell'atto di "aiutare" Emiliano a vincere la corsa alla presidenza, da parte del PDL, al posto dell'ovvio Raffaele Fitto.
Tutto dipenderà da come, a livello nazionale, si svolgerà l'intricata questione delle "riforme" che già fanno gridare all'"inciucio".
La sensazione è che l'unico a rimetterci davvero, sarà il governatore uscente Vendola, stritolato, dai rapporti di forza che in questi anni è stato incapace di gestire con il Partito Democratico, finendone fagocitato.
Una china discendente che nasce dallo strappo degli stessi vendoliani in fase di congresso nel PRC, un congresso che ha sparpagliato nuovemente le carte a sinistra del PD, ma non ha rafforzato nessuno dei partitini della sinistra ormai extraparlamentare, e l'isolamento attuale dello stesso governatore pugliese, aggiunge rammarico ad una scissione definita da alcuni degli attuali dirigenti di Rifondazione Comunista, "di troppo".

giovedì 24 dicembre 2009

Merry Xmas. By Ignazio La Russa



Giusto il 24 dicembre, il ministro italiano della Difesa, ne ha approfittato per augurare agli italiani, (quali? solo quelli veri?) un buon natale.
Alla maniera degli anglosassoni e degli americani l'ha pare pure declinato con la sintetizzazione fonetica X-Mas.
Ovviamente ironizzo.
In realtà il buon Ignazio, tanto nostalgicamente innamorato dei "bei tempi che furono", fa intravedere sotto la giacca la camicetta nera da balilla e addirittura si spinge oltre ogni limite, magnificando a Livorno (sic), nella visita alla caserma Vannucci, uno dei corpi storici dei reparti speciali marini italiani, più controversi, già dai tempi della prima guerra mondiale famoso (X flottiglia Mas), non solo per "meriti" militari, la Decima X Mas.
"Siete eredi della non dimenticata Decima Mas" - ha detto il ministro della Difesa italiano, parole che già nell'opposizione hanno scatenato molte , giuste proteste.
Alla "decima" vengono imputati infatti diversi reati di "rappresaglia" contro i partigiani e la popolazione civile, tra cui saccheggi, torture, uccisioni, vessazioni sia fisiche che morali di ogni tipo.
Un gruppo oltre la legge anche per la stessa Repubblica Sociale Italiana dopo il 1943 e l'armistizio badogliano, un gruppo definito quasi alla stregua di una "compagnia di ventura".
Un gruppo, attraverso il tristemente noto Junio Valerio Borghese , che trattava con i nazisti direttamente per conto suo, un gruppo, più volte aggregato alle SS tedesche in rastrellamenti punitivi di rappresaglia.
Quasi un insieme di mercenari, fedelmente anticomunisti e restii a qualsiasi inquadramento d'ordine, autonomo e fermamente attaccato ai valori fascisti. del nazionalismo, della violenza, ma sgombro da ogni tipo di scala gerarchica, infatti nella decima vigeva solo il codice d'onore e il riconoscimento dei meriti sul campo.
Una compagine che fino alla fine non ha esitato ad essere vicina alle armate del Reich e che ha visto il suo principale rappresentante, il capo, Borghese, "salvato" in extremis dal processo solo dai servizi segreti americani, interessati alle capacità militari di quest'ultimo, forse, addirittura "grimaldello" di alcune delle peggiori pagine italiane, legate alle stragi di Stato, come fa intuire il tentato golpe "dell'Immacolata" dell'8 dicembre 1971, in cui sarebbe dovuta essere rovesciata la democrazia e "riportato l'ordine"..
Ci sarebbe insomma di che riflettere prima di pronunciare parole come quelle di La Russa, pensando poi ad ogni ambito, non solo politico, ma anche militare, vista la poca attenzione alle regole della Xmas, un esempio insomma, in nessun caso da seguire.
Come possa con tale leggerezza, un ministro della Difesa, citare a sproposito, un gruppo di aguzzini come quello della Xmas, dovrebbe far riflettere.
E anche il silenzio delle fila di tanti "liberali" del PDL, lascia spazio a pochi dubbi, riguardo le tendenze del governo Berlusconi, sempre più un esempio di "fascismo morbido in salsa mediatica" che spesso ci delizia con certi rigurgiti di stampo reazionario.
Dopo il "White Christmas" di stampo leghista, tanto simile ai rastrellamenti di ebrei dopo le leggi razziali, ci pensa La Russa a dipingere tutto "il bianco" di una coltre nera.
Una coltre che segna un solco sempre più netto tra le due "Italie" che ancora oggi vivono accanto nello stesso paese.

giovedì 17 dicembre 2009

Una volta si chiamava Italia. Aperta la caccia all'untore.


Patatrac.
La frittata è fatta, il clima che da mesi si è instaurato in questo paese ha dato i suoi frutti.
I "signori Di Pietro e Ferrero" con il loro B-Day, Anno Zero, Travaglio e Santoro, hanno finalmente raggiunto il loro obbiettivo.
La levata di scudi è di quelle che fanno presagire un brutto clima.
A qualche giorno dall'attacco a Silvio Berlusconi, di Massimo Tartaglia, lo psicolabile che l'ha colpito con un souvenir di metallo, le polveri della contesa non si sono ancora schiarite.
Ovviamente il sostegno a Berlusconi, comunque un uomo di 72 anni, ingiustamente colpito, è unanime.
I dovuti distinguo nelle dichiarazioni dei leader dell'opposizione, stanno nell'ipocrisia o meno di certi personaggi, ma non sta a me in questo momento, dare un giudizio.
Il tema della questione è un'altro, e non è difficile intuirlo, vede come protagonista il futuro di questo bistrattato nostro paese.
Il sangue di Berlusconi è una ferita aperta che esemplifica bene come l'Italia, sia tutt'altro che una nazione, un'insieme coeso di cittadini, una ferita che si estende all'immaginario e alla memoria storica, collettiva, che trascende gli anni e rimette al centro dell'attenzione conflitti di fatto mai rimarginati.
L'Italia, paese vassallo, paese di capipopolo, totalitarismi da cortile, mode passeggere e "uomini qualunque".
Un paese spaccato a metà, appunto come una ferita.
Nel mezzo lo scontro politico, tutt'altro che feroce, assolutamente asfittico, appiattito, con i pochi personaggi in dissenso tacciati alla stregua di untori della peste.
E allora chi ha ancora il coraggio di ribadire che il premier, lavato del sangue di un'atto ignobile, è comunque la solita persona che centinaia di migliaia di persone hanno contestato in piazza il 5 dicembre a Roma, viene trattato come un pericoloso eversivo.
Persone che sarà difficile rivedere in piazza se il giro di vite, promesso dal ministro Maroni, su manifestazioni reali e virtuali di contestazione al governo, sarà attuato.
La sensazione di deja vù è forte, tornano in mente gli anni di piombo, in cui l'eversione era strumentale all'azione repressiva dello Stato, in cui la Repubblica era solo la parola messa come un cappello ad un'insieme di persone non coese, mai venute fuori dalla guerra civile.
Un'Italia che ancora oggi non è uscita dalla sua storia di frammentazione e asservimento al padrone di turno, che sogna sotto sotto, di prevalere sempre "sull'altra Italia", la propria nemesi.
Le parole di Maroni poi, invece che abbassare i toni dello scontro li alzano, si sente nell'aria il rumore dei manganelli e si intravedono i fumi dei lacrimogeni, pronti ad essere abbondantemente usati, per sedare "i contestatori".
Il sangue di Berlusconi, copre non solo il volto del premier, ma anche il diritto al dissenso, all'informazione, al confronto politico, alla satira, già minacciati da politiche repressive del governo in passato.
La campagna mediatica che si è scatenata contro "i mandanti" dell'attentato è di quelle impressionanti, dal TG1 di Minzolini al TG privato del premier su Rete 4 di Fede si alza un unico moto d'indignazione, si moltiplicano le manifestazioni di sostegno a Berlusconi, inondato da lettere, cartelli, fiori.
Nessuno che si chieda perchè, un gesto che in un'altro paese sarebbe apparso come un singolo episodio di una mente squilibrata, in Italia sia diventato un espediente politico per colpire l'opposizione al grande "caudillo".
Un'opposizione che farà bene a guardarsi le spalle da qui in avanti, perchè in un paese spaccato in due, c'è un'altra metà politica che grida vendetta e non vede l'ora di pareggiare i conti.
I nomi su cui rivalersi?
Li hanno già fatti i sostenitori di Berlusconi.

venerdì 11 dicembre 2009

Italia Delirium Tremens


Scrivere oggi non è facile.
Prima di tutto perchè è davvero difficile concentrarsi su qualcosa e dare un senso all'articolo vista la mole enorme di notizie che circolano e si rincorrono in questi giorni, frenetiche.
Al centro sempre lui, l'unico protagonista vero dell'Italia degli ultimi 15 anni, l'unico vero personaggio sotto la luce dell'occhio di bue, l'unico in scena sul palcoscenico della politica italiana della seconda Repubblica.
Silvio Berlusconi è l'Italia.
E' il presidente del consiglio, il principale leader della "destra" italiana, ma è anche l'unico che ha il potere di fare anche opposizione.
Infatti, nel nulla opposto a lui, tra le macerie di progetti di sinistra più o meno moderati, tra leader leggeri come vapore acqueo, come Veltroni e Bersani, in teoria suoi principali avversari diretti, solo lui stesso è in grado di contrastare paradossalmente se stesso, con la sua vita d'imprenditore, showman, politco, vip, piena di luci e sopratutto ombre.
Ombre che spesso assumono contorni quasi carnali da quanto sono vere, concrete.
Non si può infatti rimanere indifferenti alle registrazioni telefoniche che ieri Anno Zero ha mandato in onda in cui, il premier, parlava con i suoi più fidi collaboratori, Dell'Utri e Confalonieri, del mafioso Vittorio Mangano, il famoso stalliere di Arcore.
Che tra un soggiorno in galera e l'altro, non aveva di meglio da fare all'uscita di una di queste, che "ricordare" al suo amico Berlusconi, come fosse pienamente a piede libero, in che maniera?
Con una bomba al cancello della sua villa.
Un'episodio che addirittura scatenò tra i tre giulivi, un mare di risa, sul modo gretto e verace del buon Mangano  che - "siccome non sa scrivere mette una bomba!".
Parole di Dell'Utri.
Ora, ammesso e concesso che ognuno possa frequentare chi vuole, è senz'altro insolito che un personaggio dello spessore di Berlusconi si sia accompagnato a certi personaggi, pluri - pregiudicati, con alle spalle un curriculum mafioso di primo piano.
Che sia solo un caso?
Evidentemente no, dato che Dell'Utri definisce Mangano - "un eroe".
In altro paese, basterebbe e avanzerebbe per portare un personaggio politico, in maniera particolare il presidente del consiglio alle dimissioni.
Invece continua a passare il messaggio del complotto, del rovesciamento della "volontà dei cittadini" tramite l'uso distorto della giustizia da parte dei magistrati "comunisti".
Aggettivo che oggi fa quasi sorridere, vista la mollezza del Partito Democratico verso ogni tipo di iniziativa politca anche minimamente radicale.
Tralasciando, comunque, i processi, le connessioni mafiose i pentiti, i politici, che in qualche maniera hanno "nominato" Berlusconi, per la cui analisi, basta e avanza la presenza del bravo Travaglio, quello che permane è la figura di un presidente del consiglio, fumosa, poco trasparente, di cui il nostro paese oggi non avrebbe certo bisogno.
Non m'interessa personalmente sapere se Berlusconi, abbia avuto rapporti con la mafia, sia un'evasore fiscale o abbia riciclato fondi neri, a quello, come credo tutti, grazie ad una minima capacità deduttiva che ogni essere umano ha, ho già dato risposta.
Ma non credo sia possibile per un'uomo politico, continuare a fare il proprio lavoro indipendentemente dai processi che lo coinvolgono.
E' vero, Berlusconi non è mai stato condannato (anche se prescritto più volte...),  è giusto sempre dare il beneficio del dubbio a tutti, ma intanto, per un presidente del consiglio, così profondamente invischiato in vicende così disgustose, l'unica strada sarebbe quella delle dimissioni, della sospensione del proprio mandato.
Invece si attaccano i magistrati, si grida al giacobinismo, alle ghigliottine mediatiche, sgomitando, urlando, in maniera del tutto inutile, anzi rafforzando l'idea che la democrazia in Italia non esista, che la giustizia sia uguale non proprio per tutti.
E facendo di tutto tranne che fugare i dubbi.
Lasciando a terra esangue, l'unica vera vittima della contesa, l'Italia.




Qui sotto il video delle registrazioni mandate in onda da Santoro, ieri sera.
A voi trarre le conclusioni.

venerdì 4 dicembre 2009

No B Day. C'è vita a sinistra oltre il PD?


Eccoci, -1.
Domani, si spera affiancata dal bel tempo (difficile, se l'adagio è vero, piove governo ladro!) ci sarà la manifestazione del No Berlusconi-Day, la seconda cronologicamente, dopo quella del 7 luglio 2008.
La differenza sostanziale tra quella "prima edizione" e questa seconda, è la presenza politica.
Se infatti, "la prima" oltre alla presenza dell'Italia dei Valori e di Antonio di Pietro, vedeva una quasi totale assenza dei partiti del centro sinistra e della sinistra extraparlmentare, con in più la presenza di "guest star" come il giornalista Marco Travaglio, e i comici Beppe Grillo e Sabina Guzzanti, oggi sul fronte politico qualcosa si è mosso.
Infatti la nuova manifestazione è stata annunciata insieme all'IDV anche dalla neonata Federazione della Sinistra (PRC-PDCI-Socialismo 2000) nella persona del segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero.
Poi successivamente, alla spicciolata, ha coinvolto anche altri membri politici come nel caso del Partito Democratico, i cosiddetti "dissidenti" della "linea Bersani", ovvero i "trombati" del congresso PD, tra cui Franceschinil'ex leader dimissionario Veltroni.
Tutti insieme contro lo "psiconano", tra un mal di pancia e l'altro, tra un progetto che nasce, come la federazione della sinistra, chi già lo affossa, vedi parte della base della "sinistra diffusa" interna agli stessi partiti, chi il progetto ce l'ha già in campo, come nel caso del PD, ma ognuno, da Bersani, a Veltroni, lo vede in maniera diversa, chi vivacchia allegramente su tutte e due le forze politiche sottraendogli voti come Di Pietro.
In Italia, abbiamo un enorme problema per la democrazia, con la presenza di Berlusconi.
Ma ne abbiamo ancora uno più grande, l'antiberlusconismo.
Quel "sentimento popolare" che giustifica tutto, il voto utile, governi rattoppati come l'Unione, la scomparsa di un'alternativa di sinistra dal parlamento, il bipolarismo, la mediazione con il "nemico" sul tema scottante delle riforme della giustizia, la rimozione anche di quanto di positivo fatto nella sinistra italiana.
Un'harakiri fatto di cecità, di mancanza di prospettive, progetti "calati dall'alto", il nulla insomma, oltre lui, il grande Capo.
Lo dico con tutto il cuore, lunga vita al governo Berlusconi!
Ad oggi una caduta del piccolo dittatore di Arcore, sarebbe la peggior cosa possibile, per la "sinistra" (termine abusatissimo, sempre più vuoto) tutta, da quella moderata, di governo o estremista; nessuno infatti, sia esso il PD o la sinistra extraparlmentare, passando per il fenomeno in ascesa (ma limitato all'esistenza di Berlusconi stesso e progetto in sostanza ben poco di sinistra) dell'Italia dei Valori, ha la minima idea di come affrontare un periodo politico "post Berlusconi", nell'immediato.
Un governo tecnico?
Una riforma del sistema elettorale?
Quali accordi politici? Quali alleanze di governo? Che ripercussioni sull'elettorato?
Ad oggi la caduta del gigante (lì si) mediatico del premier, potrebbe essere il colpo definitivo che schiaccerebbe non tanto i partiti ma il concetto di "opposizione" stesso nel nostro, ahimè, sempre più moderato ed ecclesiastico paese..
Continuerebbe quindi un processo ormai irreversibile di rimozione delle lotte, per i diritti civili, i diritti del lavoro, i diritti della persona, iniziato con la svolta (pessima e frettolosa) della "Bolognina" di occhettiana memoria da cui la sinistra post PCI si porta sempre pesanti fardelli sulle spalle, concretizzati da purosi vuoti di voti.
Si è dissolto l'elettorato di sinistra, il movimento operaio, l'egemonia culturale?
No, semplicemente non è mai stato così disilluso come adesso.
Come dargli torto guardando quel garbuglio indistricabile, quel paesaggio confusionario e nebuloso che è la "sinistra" in Italia?
La manifestazione di domani quindi, assume sì toni importanti, per contarsi, per far vedere che ancora la democrazia esiste in Italia, ma assolutamente non risolve niente, ne tanto meno aggrega.
Ai dirigenti dei partiti coinvolti, in primis quelli della sinistra "radicale" il compito di non disperdere e non illudere ancora un elettorato sfiduciato.
Pena l'inesistenza anche dopo la caduta, del grande nemico, Silvio Berlusconi.

mercoledì 2 dicembre 2009

Saturno entra in bilancia. Berlusconi se ne accorge.


Saturno dal 29 ottobre è entrato nel segno della Bilancia.
Astrologi, maghi e pseudo veggenti, fanno a gara, nel rivendicare l'esclusività di questa nefasta previsione che pare aleggiare sulla testa del premier.
Infatti il premier Silvio Berlusconi, del segno zodiacale, appunto della Bilancia, pare proprio vicino all'orlo del baratro, un precipizio che come conclusione potrebbe avere la crisi del suo governo.
Un'evento, paventato da molti, più volte, in questi mesi, ma sempre rientrato.
Se infatti i "fedelissimi" del cavaliere di Arcore, tra cui ogni tanto se ne scoprono di nuovi, vedi gli "esuli" di AN (La Russa etc), serrano le fila attorno al capo ogni qualvolta nasce un problema, appare ormai sempre più chiara e netta la scollatura tra premier e vicepremier, cioè tra Berlusconi e "il suo" numero due Gianfranco Fini.
Mai come in questo caso il fato c'ha messo del suo, tanto dunque, da scomodare facili paralleli astrologici.
Il "microfono aperto" tra Fini e Nicola Trifuoggi, procuratore capo di Pescara, dei giorni scorsi in cui il presidente della camera si lasciava "sfuggire" un laconico commento su Berlusconi e sui modi di trattare di quest'ultimo, la costituzione e le cariche statali, ha lasciato non pochi strascichi.
"Confonde il consenso con la monarchia assoluta"- pare che siano state più o meno queste le parole di Fini a proposito del premier che hanno fatto da apripista ad altre dichiarazioni anche sul caso Spatuzza e ai presunti coinvolgimenti di Berlusconi con la mafia ed alcune stragi mafiose, terminate pare, alla Fine con una trattativa stato/mafia.
Una gaffe che Fini, ha semplicemente accettato ed ha addirittura confermato in diretta ieri sera durante il programma televisivo di Raitre, Ballarò.
Un'intervento in cui ha sì chiarito la sua posizione di sostegno al governo, ma in cui ha ribadito la propria posizione su certi atteggiamenti irriguardosi del premier nei confronti delle alte cariche statali e della magistratura.
Dichiarazioni prese positivamente da Sandro Bondi, anch'esso presente al programma, un po' meno da uno dei tanti cani da guardia di Berlusconi, Scajola.
Che stamane, ribadiva come - "le dichiarazioni di ieri (di Fini, ndr) dimostrano qualcosa, dimostrano una volontà e un'azione che è diversa dalla considerazione e dalla linea del Popolo della Libertà".
Parole dure, che mettono in evidenza un problema all'interno del PDL.
Altro materiale per la manifestazione del "No Cav Day" di questo sabato, 5 dicembre, a Roma, evento in cui Rifondazione Comunista e Italia dei Valori, per bocca dei loro leader, Ferrero e Di Pietro, lanciano una manifestazione di protesta proprio contro il cavaliere di Arcore e le sue prese di posizione monocratiche e anticostituzionali.
Un cavaliere sempre più accerchiato, sempre più sotto pressione.
Saturno in astrologia, nel momento in cui entra in un segno, porta drastici cambiamenti, tagli con il passato, rinnovamento, raziocinio.
Per una volta ci fa comodo credere all'astrologia se ciò comportasse la caduta di Berlusconi e magari, perchè no, la sua fine politica.
Noi, in tal caso, non potremo che fare il tifo per il pianeta con l'anello.

martedì 1 dicembre 2009

Chi era Milton Friedman?

Who is Milton Friedman?
Forse, oltreoceano, negli States, questo signore è un personaggio celebre per una buona fetta di persone, ma se pronunciamo questo nome nella vecchia Europa, Milton Friedman, almeno ai più, esclusi politici, studiosi e laureati in economia, è quasi sconosciuto.
Questo signore dalla faccia mansueta, prima della sua morte il 16 novembre 2006 è stato l'artefice di quasi tutti gli eventi più importanti nell'ambito dell'economia mondiale, da circa quarant'anni a questa parte.
Pare anche difficile crederlo.
Ma è così, un teorico di una scuola di pensiero economico, quella di Chicago (i cosiddetti Chicago boys), ha insieme ad altri pochi eletti, condizionato le nostre vite e quelle di quasi tutti gli esseri umani, sopratutto dei paesi del terzo mondo, per tutti questi anni.
Questo signore è uno degli assertori più convinti della teoria economica liberista denominata anche "laissez faire", (del lasciar stare), ovvero di una politica in cui l'economia e il libero mercato siano completamente liberi da ogni vincolo statale o governativo (e etico, aggiungo io) che possa anche lontanamente intralciare il loro corso all'interno del mercato stesso.
In parole povere un sistema economico liberale al massimo in cui, lo stato, non debba intervenire in nessuna maniera.
L'economia e il mercato, secondo Friedman, "si governano da se".
Ogni tentativo di limitazione è iniquo e frena il processo di avvicinamento all'ideale perfetto di libero mercato.
Friedman è stato da molti considerato l'anti Keynes, (altro economista di opposte visioni padre del cosiddetto New Deal roosveltiano), un personaggio che da molti è stato indirettamente (e non a torto) definito "socialista", nonostante egli abbia sempre avversato le teorie di Karl Marx e sia stato anch'esso seppur in maniera del tutto diversa, liberista.
Detto ciò molti di voi, ammesso che siano riusciti ad arrivare fino a queste righe e non siano morti dalla noia, si domanderanno, e allora?
Che ci frega?
In effetti l'economia di mercato è un argomento assai complesso e noioso e sicuramente nemmeno chi ne scrive è in grado di parlarne con la dovuta professionalità, ma quel che è certo, è che le nostre vite ne sono pesantemente condizionate, nessuno escluso.
Molti odiano la tanto vilipesa classe politica, corrotta, arraffona, autoreferenziale.
Ebbene rispetto a personaggi di questo tipo, anche gli stessi politici, (o almeno i politici europei) sono ben poca cosa.
Friedman, fin dagli inizi della carriera, dopo la scuola e successivamente con i suoi "discepoli" è stato uno dei maggiori consulenti del governo statunitense riguardo la politica economica interna ed estera.
Così come ha condizionato con i suoi consigli le politiche di paesi come Cile, Cina, Polonia, Russia, Sudafrica, Argentina.
Tutti questi paesi in comune hanno avuto in dote dalla "gestione" Friedman due cose, la prima è una pesante crisi del mercato e dell'economia interna, la seconda l'avvento di organi restrittivi e repressivi che limitassero le libertà individuali e sociali dei cittadini per prevenirne un'eventuale ribellione.
La cosidetta, citando Naomi Klein, "Shockterapy".
In comune inoltre, quasi tutte queste nazioni, hanno avuto un brusco cambio di governo, avvenuto spesso purtoppo, in maniera del tutto violenta ed antidemocratica.
Il Cile di Pinochet, l'Argentina di Varela, la nuova Russia, prima di Eltsin, poi di Putin, la Cina della famosa protesta di piazza Tiananmen (vedi post precedente di marzo 2009), sono il frutto della politica economica friedmaniana.
Ma ciò che è incredibile è che questo signore, visto dai più, in economia, alla stregua di un guru, ha metodicamente pianificato ciò, insieme ai governi che lo hanno assoldato per "rinnovare" la loro economia.
Un rinnovamento che spesso è costato migliaia di vite.
In alcuni casi milioni.
Un rinnovamento addirittura premiato con il premio Nobel per l'economia nel 1976.
Ma come è possibile allora che un tale personaggio abbia continuato indisturbato a portare avanti la sua visione del mondo, una visione primordiale, predatoria, spietatamente lucida?
Semplicemente perchè era la visione che molti dei governi occidentali (due su tutti quelli di U.S.A e Gran Bretagna) avallarono, dopo la stagnazione (stagflazione) economica degli anni finali della guerra fredda e che videro le vittorie dei partiti conservatori, portando per lungo tempo al governo i propri deputati.
Due su tutti?
Ronald Reagan e Margaret Thatcher, rispettivamente presidente USA e primo ministro inglese.
Dalla metà degli anni '70 alla fine degli 80, questi due paesi furono fedeli fautori della scuola friedmaniana e i risultati non tardarono ad arrivare, una disoccupazione dilagante, tra le più alte di sempre (in Gran Bretagna sopratutto), un'aumento vertiginoso delle tassela riduzione del costo della moneta; tutte conseguenze di politiche fatte per ridurre l'inflazione, grazie all'aumento dei tassi d'interesse.
Il problema fondamentale è che purtroppo le persone non sono numeri, ne curve o fenomeni economici e che sopratutto gli strati più bassi della società, grazie a questo modo d'intendere l'economia, sono sempre stati pesantemente colpiti.
Allora perchè continuare a proporre modelli di questo tipo?
Semplice, per rafforzare un concetto tutto individualista di creazione di un'elite; sia essa economica, culturale, politica o militare.
Questo emerge anche dalla teoria del cosiddetto "trickle-down" (dall'inglese filtrare, gocciolare sotto) ovvero quella teoria che vuole dimostrare come, se gli strati più alti di una piramide economica facciano lauti guadagni, prima o poi questi, in forma minore, passino agli strati più bassi della società che alla fine del processo ne trarrebbero benficio.
Da qui anche l'idea che il mercato debba essere deregolamentato (la famosa "deregulation", tanto invocata da Bossi in Italia ad esempio, seppur in maniera diversa), in modo da permettere alle grandi aziende di poter investire come e dove gli pare, senza o quasi importanti tassazioni e restrizioni.
Il problema è che molte delle multinazionali che hanno usufruito di questo beneficio sono diventate come dei grandi "reami di potere economico", che decidono dove investire i loro immensi capitali, fregandosene di chi lasciano per strada (ad esempio con le numerose "esternalizzazioni" degli anni '90), vedi milioni di lavoratori, per sfruttarne altri in paesi dove la manodopera e le materie prime sono più a basso costo, creando in questi ultimi, si lavoro (più che sottopagato), ma anche sfruttamento, inquinamento, conflitti armati, terrorismo, rivolte, fame, malattie.
Inutile dire che il tanto vituperato e atteso "gocciolamento" c'è stato eccome, ma non per i poveri disgraziati alla base della piramide, che hanno continuato ad esserlo, ma per i soliti pochi eletti che hanno immensamente aumentato le proprie già enormi fortune.
Un gocciolare oltre la forza di gravità, univoco e verso la punta della piramide.
Si calcola infatti che la parte più ricca dell'umanità del pianeta, in questi anni di governo "friedmaniano" abbia accresciuto la sua fortuna aumentando il divario tra ricchi e poveri.
Un esempio?
Gli abitanti dei venti paesi più ricchi nel 1962 guadagnavano cinquantaquattro volte il reddito degli abitanti dei venti paesi più poveri, nel 2002 il reddito dei paesi ricchi superava quello dei paesi poveri di ben centoventuno volte.
In compenso sono morte milioni di persone, anche grazie a conflitti ad hoc destabilizzanti (Falkland, Cecenia) o di puro bisogno economico (vedi l'Iraq e l'Afghanistan dell'ultima era Bush jr.) che hanno permesso immensi guadagni con opere di distruzione e poi ricostruzione.
Ovviamente in appalto alle solite multinazionali che prima vendono armi per distruggere e poi si occupano di ricostruire ciò che hanno raso al suolo, senza minimamente condividere gli introiti con la forza lavoro o le aziende del paese occupante.
Friedman è stato più o meno l'artefice consapevole di tutto ciò, insieme ai governi conservatori di tutto il mondo.
Forse converrebbe prendere coscienza che ciò che vediamo nei media è frutto di una realtà "parallela" foraggiata da governi e centri di potere di lobby economiche, sempre più intoccabili e al di sopra della legislazione delle società democratiche.
Ma sopratutto prendere coscienza che l'unica arma possibile che abbiamo, noi, piccole formiche di fronte agli elefanti che sono le multinazionali, è quella del boicottaggio di marche e prodotti, che in qualche maniera sono causa delle sofferenze del terzo mondo e dell'inquinamento dell'ambiente.
Tutto questo potrebbe sembrare risibile o infantilmente ingenuo, ma la crisi economica in cui oggi ci troviamo, per colpa di un errato e dissennato modello di sviluppo rischia di riportarci duramente alla realtà delle cose.
Il capitalismo ha fallito, semplicemente, così come ha fallito una sua applicazione democratica.
Chi detiene il potere economico nella quasi totalità dei casi detiene anche il potere politico ed è ovvio che, quando gli interessi privati si intrecciano con quelli pubblici, non ne nasce nulla di buono.
Per quale motivo infatti una società privata, nata per fare utile e per "portare a casa il risultato economico" prima di tutto, dovrebbe avere interesse a condividere il proprio guadagno con la totalità dei contribuenti?
Ecco che allora la statalizzazione di alcuni enti pubblici di primaria importanza, fino a pochi mesi fa, considerata alla stregua di una misura comunista delle più radicali, torna di moda.
Se poi, anche nella liberalissima America di Obama, si pensa ad un sistema sanitario anche solo in parte pubblico, si può facilmente capire come i tempi siano cambiati, ma anche, vista l'agguerrita risposta repubblicana, nei confronti del primo presidente nero, di come i centri di potere e le lobbies, abbiano ancora ben chiara in mente la lezione di Friedman.
Analizzare oggi il peso del pensiero di Friedman e della scuola di Chicago nella storia recente ci può forse aiutare a capire le cause di una crisi economica dilagante, che in molti ci vogliono presentare come un male inevitabile, ma che invece al contrario era la prevedibile conclusione di una gestione capitalistica dei mercati, una gestione che in maniera forse addirittura peggiore dei vecchi totalitarismi, ha provocato e continua a provocare una scia di povertà, cataclismi ambientali e morte.