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lunedì 28 dicembre 2009

Emiliano candidato in Puglia. Vendola scaricato dal PD.


La notizia era nell'aria da molti mesi e si è palesata nei giorni scorsi attraverso l'investitura ufficiale del Partito Democratico nei confronti di Michele Emiliano, attuale sindaco di Bari candidato del PD alle prossime regionali di marzo in Puglia.
Una conferma che svela in maniera brusca la solita natura egemone del PD, un partito che appena può non indugia certo nel forzare i modi ed i toni, non appena ritiene di avere in mano il potere.
Una situazione senza dubbio delicata in Puglia, patria anche, dell'attuale governatore pugliese Nichi Vendola, ex dirigente del PRC e attuale leader in evidenza del "movimento" di Sinistra Ecologia e Libertà, neonato agglomerato, successivo a Sinistra e Libertà, vista la defezione del partito dei Verdi nell'alleanza di sinistra.
Vendola infatti è sempre molto ben visto, nonostante le varie vicissitudini riguardo lo scandalo della sanità pugliese, da un grande numero di elettori di sinistra sia in regione che fuori, sopratutto da molti elettori meridionali, che sedotti dall'indubbio fascino e carisma del dirigente di SEL, vedono incarnata in lui l'immagine dell'uomo nuovo oltre il PD.
In realtà, Vendola, da navigatissimo politico qual'è ha già capito la situazione e non tarda a correre ai ripari, ben sapendo che difficilmente servirà a qualcosa contro il fronte granitico del Partito Democratico.
Unica strada per il governatore pugliese appare quella delle primarie all'interno del centro sinistra pugliese in cui opporsi nella corsa, ad Emiliano.
Le invoca fin da subito quindi, come unica "strada democratica" per decidere il candidato alla regione.
Sappiamo bene però quanto spesso il PD abbia una visione "distorta" dell'uso di questo metodo spesso più populista che democratico.
Se ne fa largo uso quando si ha la certezza come ad esempio in Toscana, di far vincere i propri candidati a mani basse, se ne rivendica un po' meno (come ha già fatto capire Emiliano) l'uso quando invece la situazione potrebbe essere incerta come appunto in Puglia.
Quel che è sicuro,  nel caso poi si ricorra veramente al metodo delle primarie, è il livello dello scontro, già duro e che pare abbia ben poco a che fare con la "democrazia dal basso" quanto invece con quella delle alte sfere e dei centri di potere.
Uno scontro dal punto di vista politico molto interessante, visto che i due contendenti sono entrambi forti e trasversali politicamente in diversi ambienti "decisivi" per la vittoria finale, come ad esempio quelli vicino all'area cattolica, in cui sopratutto Vendola è molto forte.
La decisione quindi di re-impastare la giunta con diversi nomi dell'UDC di Vendola, al posto di ex politici del PD, è stata senz'altro una chiave di volta che ha messo allo scoperto lo stesso governatore pugliese che evidentemente credeva di avere maggiore sostegno nel PD, dalla corrente D'Alema/Latorre, che invece lo ha repentinamente scaricato a fine novembre (inciucio con il PDL?), aprendo una "falla" nei confronti dei rapporti con il Partito Democratico ora quasi completamente interrotti.
Emiliano incassa il favore del suo partito e dell'IDV, Vendola mendica l'appoggio degli ex (?) fratelli coltelli del PRC di Ferrero e della Federazione della Sinistra e intanto guarda preoccupato all'UDC che sembra in questo caso il vero ago della bilancia, in grado di far pendere la tenzone dall'una o l'altra parte.
Un UDC che pericolosamente (per Vendola) guarda, non solo al PD, ma anche al PDL,  in un ribaltone politico che avrebbe del clamoroso visti i rapporti tesi Casini-Berlusconi, ma si sa, territorialmente la politica è altra cosa rispetto alle "posizioni nazionali".
La sensazione è che le due forze maggiori, PD e PDL, stiano pian piano eliminando i "piccoli" dalla contesa e che il terreno pugliese sia semplicemente un'area di trattativa in cui discutere tra le due forze, che presumibilmente si confronteranno nei propri rapporti di forza.
Non stupirebbe quindi un nome di secondo piano nella corsa a governatore nell'atto di "aiutare" Emiliano a vincere la corsa alla presidenza, da parte del PDL, al posto dell'ovvio Raffaele Fitto.
Tutto dipenderà da come, a livello nazionale, si svolgerà l'intricata questione delle "riforme" che già fanno gridare all'"inciucio".
La sensazione è che l'unico a rimetterci davvero, sarà il governatore uscente Vendola, stritolato, dai rapporti di forza che in questi anni è stato incapace di gestire con il Partito Democratico, finendone fagocitato.
Una china discendente che nasce dallo strappo degli stessi vendoliani in fase di congresso nel PRC, un congresso che ha sparpagliato nuovemente le carte a sinistra del PD, ma non ha rafforzato nessuno dei partitini della sinistra ormai extraparlamentare, e l'isolamento attuale dello stesso governatore pugliese, aggiunge rammarico ad una scissione definita da alcuni degli attuali dirigenti di Rifondazione Comunista, "di troppo".

giovedì 24 dicembre 2009

Merry Xmas. By Ignazio La Russa



Giusto il 24 dicembre, il ministro italiano della Difesa, ne ha approfittato per augurare agli italiani, (quali? solo quelli veri?) un buon natale.
Alla maniera degli anglosassoni e degli americani l'ha pare pure declinato con la sintetizzazione fonetica X-Mas.
Ovviamente ironizzo.
In realtà il buon Ignazio, tanto nostalgicamente innamorato dei "bei tempi che furono", fa intravedere sotto la giacca la camicetta nera da balilla e addirittura si spinge oltre ogni limite, magnificando a Livorno (sic), nella visita alla caserma Vannucci, uno dei corpi storici dei reparti speciali marini italiani, più controversi, già dai tempi della prima guerra mondiale famoso (X flottiglia Mas), non solo per "meriti" militari, la Decima X Mas.
"Siete eredi della non dimenticata Decima Mas" - ha detto il ministro della Difesa italiano, parole che già nell'opposizione hanno scatenato molte , giuste proteste.
Alla "decima" vengono imputati infatti diversi reati di "rappresaglia" contro i partigiani e la popolazione civile, tra cui saccheggi, torture, uccisioni, vessazioni sia fisiche che morali di ogni tipo.
Un gruppo oltre la legge anche per la stessa Repubblica Sociale Italiana dopo il 1943 e l'armistizio badogliano, un gruppo definito quasi alla stregua di una "compagnia di ventura".
Un gruppo, attraverso il tristemente noto Junio Valerio Borghese , che trattava con i nazisti direttamente per conto suo, un gruppo, più volte aggregato alle SS tedesche in rastrellamenti punitivi di rappresaglia.
Quasi un insieme di mercenari, fedelmente anticomunisti e restii a qualsiasi inquadramento d'ordine, autonomo e fermamente attaccato ai valori fascisti. del nazionalismo, della violenza, ma sgombro da ogni tipo di scala gerarchica, infatti nella decima vigeva solo il codice d'onore e il riconoscimento dei meriti sul campo.
Una compagine che fino alla fine non ha esitato ad essere vicina alle armate del Reich e che ha visto il suo principale rappresentante, il capo, Borghese, "salvato" in extremis dal processo solo dai servizi segreti americani, interessati alle capacità militari di quest'ultimo, forse, addirittura "grimaldello" di alcune delle peggiori pagine italiane, legate alle stragi di Stato, come fa intuire il tentato golpe "dell'Immacolata" dell'8 dicembre 1971, in cui sarebbe dovuta essere rovesciata la democrazia e "riportato l'ordine"..
Ci sarebbe insomma di che riflettere prima di pronunciare parole come quelle di La Russa, pensando poi ad ogni ambito, non solo politico, ma anche militare, vista la poca attenzione alle regole della Xmas, un esempio insomma, in nessun caso da seguire.
Come possa con tale leggerezza, un ministro della Difesa, citare a sproposito, un gruppo di aguzzini come quello della Xmas, dovrebbe far riflettere.
E anche il silenzio delle fila di tanti "liberali" del PDL, lascia spazio a pochi dubbi, riguardo le tendenze del governo Berlusconi, sempre più un esempio di "fascismo morbido in salsa mediatica" che spesso ci delizia con certi rigurgiti di stampo reazionario.
Dopo il "White Christmas" di stampo leghista, tanto simile ai rastrellamenti di ebrei dopo le leggi razziali, ci pensa La Russa a dipingere tutto "il bianco" di una coltre nera.
Una coltre che segna un solco sempre più netto tra le due "Italie" che ancora oggi vivono accanto nello stesso paese.

giovedì 17 dicembre 2009

Una volta si chiamava Italia. Aperta la caccia all'untore.


Patatrac.
La frittata è fatta, il clima che da mesi si è instaurato in questo paese ha dato i suoi frutti.
I "signori Di Pietro e Ferrero" con il loro B-Day, Anno Zero, Travaglio e Santoro, hanno finalmente raggiunto il loro obbiettivo.
La levata di scudi è di quelle che fanno presagire un brutto clima.
A qualche giorno dall'attacco a Silvio Berlusconi, di Massimo Tartaglia, lo psicolabile che l'ha colpito con un souvenir di metallo, le polveri della contesa non si sono ancora schiarite.
Ovviamente il sostegno a Berlusconi, comunque un uomo di 72 anni, ingiustamente colpito, è unanime.
I dovuti distinguo nelle dichiarazioni dei leader dell'opposizione, stanno nell'ipocrisia o meno di certi personaggi, ma non sta a me in questo momento, dare un giudizio.
Il tema della questione è un'altro, e non è difficile intuirlo, vede come protagonista il futuro di questo bistrattato nostro paese.
Il sangue di Berlusconi è una ferita aperta che esemplifica bene come l'Italia, sia tutt'altro che una nazione, un'insieme coeso di cittadini, una ferita che si estende all'immaginario e alla memoria storica, collettiva, che trascende gli anni e rimette al centro dell'attenzione conflitti di fatto mai rimarginati.
L'Italia, paese vassallo, paese di capipopolo, totalitarismi da cortile, mode passeggere e "uomini qualunque".
Un paese spaccato a metà, appunto come una ferita.
Nel mezzo lo scontro politico, tutt'altro che feroce, assolutamente asfittico, appiattito, con i pochi personaggi in dissenso tacciati alla stregua di untori della peste.
E allora chi ha ancora il coraggio di ribadire che il premier, lavato del sangue di un'atto ignobile, è comunque la solita persona che centinaia di migliaia di persone hanno contestato in piazza il 5 dicembre a Roma, viene trattato come un pericoloso eversivo.
Persone che sarà difficile rivedere in piazza se il giro di vite, promesso dal ministro Maroni, su manifestazioni reali e virtuali di contestazione al governo, sarà attuato.
La sensazione di deja vù è forte, tornano in mente gli anni di piombo, in cui l'eversione era strumentale all'azione repressiva dello Stato, in cui la Repubblica era solo la parola messa come un cappello ad un'insieme di persone non coese, mai venute fuori dalla guerra civile.
Un'Italia che ancora oggi non è uscita dalla sua storia di frammentazione e asservimento al padrone di turno, che sogna sotto sotto, di prevalere sempre "sull'altra Italia", la propria nemesi.
Le parole di Maroni poi, invece che abbassare i toni dello scontro li alzano, si sente nell'aria il rumore dei manganelli e si intravedono i fumi dei lacrimogeni, pronti ad essere abbondantemente usati, per sedare "i contestatori".
Il sangue di Berlusconi, copre non solo il volto del premier, ma anche il diritto al dissenso, all'informazione, al confronto politico, alla satira, già minacciati da politiche repressive del governo in passato.
La campagna mediatica che si è scatenata contro "i mandanti" dell'attentato è di quelle impressionanti, dal TG1 di Minzolini al TG privato del premier su Rete 4 di Fede si alza un unico moto d'indignazione, si moltiplicano le manifestazioni di sostegno a Berlusconi, inondato da lettere, cartelli, fiori.
Nessuno che si chieda perchè, un gesto che in un'altro paese sarebbe apparso come un singolo episodio di una mente squilibrata, in Italia sia diventato un espediente politico per colpire l'opposizione al grande "caudillo".
Un'opposizione che farà bene a guardarsi le spalle da qui in avanti, perchè in un paese spaccato in due, c'è un'altra metà politica che grida vendetta e non vede l'ora di pareggiare i conti.
I nomi su cui rivalersi?
Li hanno già fatti i sostenitori di Berlusconi.

venerdì 11 dicembre 2009

Italia Delirium Tremens


Scrivere oggi non è facile.
Prima di tutto perchè è davvero difficile concentrarsi su qualcosa e dare un senso all'articolo vista la mole enorme di notizie che circolano e si rincorrono in questi giorni, frenetiche.
Al centro sempre lui, l'unico protagonista vero dell'Italia degli ultimi 15 anni, l'unico vero personaggio sotto la luce dell'occhio di bue, l'unico in scena sul palcoscenico della politica italiana della seconda Repubblica.
Silvio Berlusconi è l'Italia.
E' il presidente del consiglio, il principale leader della "destra" italiana, ma è anche l'unico che ha il potere di fare anche opposizione.
Infatti, nel nulla opposto a lui, tra le macerie di progetti di sinistra più o meno moderati, tra leader leggeri come vapore acqueo, come Veltroni e Bersani, in teoria suoi principali avversari diretti, solo lui stesso è in grado di contrastare paradossalmente se stesso, con la sua vita d'imprenditore, showman, politco, vip, piena di luci e sopratutto ombre.
Ombre che spesso assumono contorni quasi carnali da quanto sono vere, concrete.
Non si può infatti rimanere indifferenti alle registrazioni telefoniche che ieri Anno Zero ha mandato in onda in cui, il premier, parlava con i suoi più fidi collaboratori, Dell'Utri e Confalonieri, del mafioso Vittorio Mangano, il famoso stalliere di Arcore.
Che tra un soggiorno in galera e l'altro, non aveva di meglio da fare all'uscita di una di queste, che "ricordare" al suo amico Berlusconi, come fosse pienamente a piede libero, in che maniera?
Con una bomba al cancello della sua villa.
Un'episodio che addirittura scatenò tra i tre giulivi, un mare di risa, sul modo gretto e verace del buon Mangano  che - "siccome non sa scrivere mette una bomba!".
Parole di Dell'Utri.
Ora, ammesso e concesso che ognuno possa frequentare chi vuole, è senz'altro insolito che un personaggio dello spessore di Berlusconi si sia accompagnato a certi personaggi, pluri - pregiudicati, con alle spalle un curriculum mafioso di primo piano.
Che sia solo un caso?
Evidentemente no, dato che Dell'Utri definisce Mangano - "un eroe".
In altro paese, basterebbe e avanzerebbe per portare un personaggio politico, in maniera particolare il presidente del consiglio alle dimissioni.
Invece continua a passare il messaggio del complotto, del rovesciamento della "volontà dei cittadini" tramite l'uso distorto della giustizia da parte dei magistrati "comunisti".
Aggettivo che oggi fa quasi sorridere, vista la mollezza del Partito Democratico verso ogni tipo di iniziativa politca anche minimamente radicale.
Tralasciando, comunque, i processi, le connessioni mafiose i pentiti, i politici, che in qualche maniera hanno "nominato" Berlusconi, per la cui analisi, basta e avanza la presenza del bravo Travaglio, quello che permane è la figura di un presidente del consiglio, fumosa, poco trasparente, di cui il nostro paese oggi non avrebbe certo bisogno.
Non m'interessa personalmente sapere se Berlusconi, abbia avuto rapporti con la mafia, sia un'evasore fiscale o abbia riciclato fondi neri, a quello, come credo tutti, grazie ad una minima capacità deduttiva che ogni essere umano ha, ho già dato risposta.
Ma non credo sia possibile per un'uomo politico, continuare a fare il proprio lavoro indipendentemente dai processi che lo coinvolgono.
E' vero, Berlusconi non è mai stato condannato (anche se prescritto più volte...),  è giusto sempre dare il beneficio del dubbio a tutti, ma intanto, per un presidente del consiglio, così profondamente invischiato in vicende così disgustose, l'unica strada sarebbe quella delle dimissioni, della sospensione del proprio mandato.
Invece si attaccano i magistrati, si grida al giacobinismo, alle ghigliottine mediatiche, sgomitando, urlando, in maniera del tutto inutile, anzi rafforzando l'idea che la democrazia in Italia non esista, che la giustizia sia uguale non proprio per tutti.
E facendo di tutto tranne che fugare i dubbi.
Lasciando a terra esangue, l'unica vera vittima della contesa, l'Italia.




Qui sotto il video delle registrazioni mandate in onda da Santoro, ieri sera.
A voi trarre le conclusioni.

venerdì 4 dicembre 2009

No B Day. C'è vita a sinistra oltre il PD?


Eccoci, -1.
Domani, si spera affiancata dal bel tempo (difficile, se l'adagio è vero, piove governo ladro!) ci sarà la manifestazione del No Berlusconi-Day, la seconda cronologicamente, dopo quella del 7 luglio 2008.
La differenza sostanziale tra quella "prima edizione" e questa seconda, è la presenza politica.
Se infatti, "la prima" oltre alla presenza dell'Italia dei Valori e di Antonio di Pietro, vedeva una quasi totale assenza dei partiti del centro sinistra e della sinistra extraparlmentare, con in più la presenza di "guest star" come il giornalista Marco Travaglio, e i comici Beppe Grillo e Sabina Guzzanti, oggi sul fronte politico qualcosa si è mosso.
Infatti la nuova manifestazione è stata annunciata insieme all'IDV anche dalla neonata Federazione della Sinistra (PRC-PDCI-Socialismo 2000) nella persona del segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero.
Poi successivamente, alla spicciolata, ha coinvolto anche altri membri politici come nel caso del Partito Democratico, i cosiddetti "dissidenti" della "linea Bersani", ovvero i "trombati" del congresso PD, tra cui Franceschinil'ex leader dimissionario Veltroni.
Tutti insieme contro lo "psiconano", tra un mal di pancia e l'altro, tra un progetto che nasce, come la federazione della sinistra, chi già lo affossa, vedi parte della base della "sinistra diffusa" interna agli stessi partiti, chi il progetto ce l'ha già in campo, come nel caso del PD, ma ognuno, da Bersani, a Veltroni, lo vede in maniera diversa, chi vivacchia allegramente su tutte e due le forze politiche sottraendogli voti come Di Pietro.
In Italia, abbiamo un enorme problema per la democrazia, con la presenza di Berlusconi.
Ma ne abbiamo ancora uno più grande, l'antiberlusconismo.
Quel "sentimento popolare" che giustifica tutto, il voto utile, governi rattoppati come l'Unione, la scomparsa di un'alternativa di sinistra dal parlamento, il bipolarismo, la mediazione con il "nemico" sul tema scottante delle riforme della giustizia, la rimozione anche di quanto di positivo fatto nella sinistra italiana.
Un'harakiri fatto di cecità, di mancanza di prospettive, progetti "calati dall'alto", il nulla insomma, oltre lui, il grande Capo.
Lo dico con tutto il cuore, lunga vita al governo Berlusconi!
Ad oggi una caduta del piccolo dittatore di Arcore, sarebbe la peggior cosa possibile, per la "sinistra" (termine abusatissimo, sempre più vuoto) tutta, da quella moderata, di governo o estremista; nessuno infatti, sia esso il PD o la sinistra extraparlmentare, passando per il fenomeno in ascesa (ma limitato all'esistenza di Berlusconi stesso e progetto in sostanza ben poco di sinistra) dell'Italia dei Valori, ha la minima idea di come affrontare un periodo politico "post Berlusconi", nell'immediato.
Un governo tecnico?
Una riforma del sistema elettorale?
Quali accordi politici? Quali alleanze di governo? Che ripercussioni sull'elettorato?
Ad oggi la caduta del gigante (lì si) mediatico del premier, potrebbe essere il colpo definitivo che schiaccerebbe non tanto i partiti ma il concetto di "opposizione" stesso nel nostro, ahimè, sempre più moderato ed ecclesiastico paese..
Continuerebbe quindi un processo ormai irreversibile di rimozione delle lotte, per i diritti civili, i diritti del lavoro, i diritti della persona, iniziato con la svolta (pessima e frettolosa) della "Bolognina" di occhettiana memoria da cui la sinistra post PCI si porta sempre pesanti fardelli sulle spalle, concretizzati da purosi vuoti di voti.
Si è dissolto l'elettorato di sinistra, il movimento operaio, l'egemonia culturale?
No, semplicemente non è mai stato così disilluso come adesso.
Come dargli torto guardando quel garbuglio indistricabile, quel paesaggio confusionario e nebuloso che è la "sinistra" in Italia?
La manifestazione di domani quindi, assume sì toni importanti, per contarsi, per far vedere che ancora la democrazia esiste in Italia, ma assolutamente non risolve niente, ne tanto meno aggrega.
Ai dirigenti dei partiti coinvolti, in primis quelli della sinistra "radicale" il compito di non disperdere e non illudere ancora un elettorato sfiduciato.
Pena l'inesistenza anche dopo la caduta, del grande nemico, Silvio Berlusconi.

mercoledì 2 dicembre 2009

Saturno entra in bilancia. Berlusconi se ne accorge.


Saturno dal 29 ottobre è entrato nel segno della Bilancia.
Astrologi, maghi e pseudo veggenti, fanno a gara, nel rivendicare l'esclusività di questa nefasta previsione che pare aleggiare sulla testa del premier.
Infatti il premier Silvio Berlusconi, del segno zodiacale, appunto della Bilancia, pare proprio vicino all'orlo del baratro, un precipizio che come conclusione potrebbe avere la crisi del suo governo.
Un'evento, paventato da molti, più volte, in questi mesi, ma sempre rientrato.
Se infatti i "fedelissimi" del cavaliere di Arcore, tra cui ogni tanto se ne scoprono di nuovi, vedi gli "esuli" di AN (La Russa etc), serrano le fila attorno al capo ogni qualvolta nasce un problema, appare ormai sempre più chiara e netta la scollatura tra premier e vicepremier, cioè tra Berlusconi e "il suo" numero due Gianfranco Fini.
Mai come in questo caso il fato c'ha messo del suo, tanto dunque, da scomodare facili paralleli astrologici.
Il "microfono aperto" tra Fini e Nicola Trifuoggi, procuratore capo di Pescara, dei giorni scorsi in cui il presidente della camera si lasciava "sfuggire" un laconico commento su Berlusconi e sui modi di trattare di quest'ultimo, la costituzione e le cariche statali, ha lasciato non pochi strascichi.
"Confonde il consenso con la monarchia assoluta"- pare che siano state più o meno queste le parole di Fini a proposito del premier che hanno fatto da apripista ad altre dichiarazioni anche sul caso Spatuzza e ai presunti coinvolgimenti di Berlusconi con la mafia ed alcune stragi mafiose, terminate pare, alla Fine con una trattativa stato/mafia.
Una gaffe che Fini, ha semplicemente accettato ed ha addirittura confermato in diretta ieri sera durante il programma televisivo di Raitre, Ballarò.
Un'intervento in cui ha sì chiarito la sua posizione di sostegno al governo, ma in cui ha ribadito la propria posizione su certi atteggiamenti irriguardosi del premier nei confronti delle alte cariche statali e della magistratura.
Dichiarazioni prese positivamente da Sandro Bondi, anch'esso presente al programma, un po' meno da uno dei tanti cani da guardia di Berlusconi, Scajola.
Che stamane, ribadiva come - "le dichiarazioni di ieri (di Fini, ndr) dimostrano qualcosa, dimostrano una volontà e un'azione che è diversa dalla considerazione e dalla linea del Popolo della Libertà".
Parole dure, che mettono in evidenza un problema all'interno del PDL.
Altro materiale per la manifestazione del "No Cav Day" di questo sabato, 5 dicembre, a Roma, evento in cui Rifondazione Comunista e Italia dei Valori, per bocca dei loro leader, Ferrero e Di Pietro, lanciano una manifestazione di protesta proprio contro il cavaliere di Arcore e le sue prese di posizione monocratiche e anticostituzionali.
Un cavaliere sempre più accerchiato, sempre più sotto pressione.
Saturno in astrologia, nel momento in cui entra in un segno, porta drastici cambiamenti, tagli con il passato, rinnovamento, raziocinio.
Per una volta ci fa comodo credere all'astrologia se ciò comportasse la caduta di Berlusconi e magari, perchè no, la sua fine politica.
Noi, in tal caso, non potremo che fare il tifo per il pianeta con l'anello.

martedì 1 dicembre 2009

Chi era Milton Friedman?

Who is Milton Friedman?
Forse, oltreoceano, negli States, questo signore è un personaggio celebre per una buona fetta di persone, ma se pronunciamo questo nome nella vecchia Europa, Milton Friedman, almeno ai più, esclusi politici, studiosi e laureati in economia, è quasi sconosciuto.
Questo signore dalla faccia mansueta, prima della sua morte il 16 novembre 2006 è stato l'artefice di quasi tutti gli eventi più importanti nell'ambito dell'economia mondiale, da circa quarant'anni a questa parte.
Pare anche difficile crederlo.
Ma è così, un teorico di una scuola di pensiero economico, quella di Chicago (i cosiddetti Chicago boys), ha insieme ad altri pochi eletti, condizionato le nostre vite e quelle di quasi tutti gli esseri umani, sopratutto dei paesi del terzo mondo, per tutti questi anni.
Questo signore è uno degli assertori più convinti della teoria economica liberista denominata anche "laissez faire", (del lasciar stare), ovvero di una politica in cui l'economia e il libero mercato siano completamente liberi da ogni vincolo statale o governativo (e etico, aggiungo io) che possa anche lontanamente intralciare il loro corso all'interno del mercato stesso.
In parole povere un sistema economico liberale al massimo in cui, lo stato, non debba intervenire in nessuna maniera.
L'economia e il mercato, secondo Friedman, "si governano da se".
Ogni tentativo di limitazione è iniquo e frena il processo di avvicinamento all'ideale perfetto di libero mercato.
Friedman è stato da molti considerato l'anti Keynes, (altro economista di opposte visioni padre del cosiddetto New Deal roosveltiano), un personaggio che da molti è stato indirettamente (e non a torto) definito "socialista", nonostante egli abbia sempre avversato le teorie di Karl Marx e sia stato anch'esso seppur in maniera del tutto diversa, liberista.
Detto ciò molti di voi, ammesso che siano riusciti ad arrivare fino a queste righe e non siano morti dalla noia, si domanderanno, e allora?
Che ci frega?
In effetti l'economia di mercato è un argomento assai complesso e noioso e sicuramente nemmeno chi ne scrive è in grado di parlarne con la dovuta professionalità, ma quel che è certo, è che le nostre vite ne sono pesantemente condizionate, nessuno escluso.
Molti odiano la tanto vilipesa classe politica, corrotta, arraffona, autoreferenziale.
Ebbene rispetto a personaggi di questo tipo, anche gli stessi politici, (o almeno i politici europei) sono ben poca cosa.
Friedman, fin dagli inizi della carriera, dopo la scuola e successivamente con i suoi "discepoli" è stato uno dei maggiori consulenti del governo statunitense riguardo la politica economica interna ed estera.
Così come ha condizionato con i suoi consigli le politiche di paesi come Cile, Cina, Polonia, Russia, Sudafrica, Argentina.
Tutti questi paesi in comune hanno avuto in dote dalla "gestione" Friedman due cose, la prima è una pesante crisi del mercato e dell'economia interna, la seconda l'avvento di organi restrittivi e repressivi che limitassero le libertà individuali e sociali dei cittadini per prevenirne un'eventuale ribellione.
La cosidetta, citando Naomi Klein, "Shockterapy".
In comune inoltre, quasi tutte queste nazioni, hanno avuto un brusco cambio di governo, avvenuto spesso purtoppo, in maniera del tutto violenta ed antidemocratica.
Il Cile di Pinochet, l'Argentina di Varela, la nuova Russia, prima di Eltsin, poi di Putin, la Cina della famosa protesta di piazza Tiananmen (vedi post precedente di marzo 2009), sono il frutto della politica economica friedmaniana.
Ma ciò che è incredibile è che questo signore, visto dai più, in economia, alla stregua di un guru, ha metodicamente pianificato ciò, insieme ai governi che lo hanno assoldato per "rinnovare" la loro economia.
Un rinnovamento che spesso è costato migliaia di vite.
In alcuni casi milioni.
Un rinnovamento addirittura premiato con il premio Nobel per l'economia nel 1976.
Ma come è possibile allora che un tale personaggio abbia continuato indisturbato a portare avanti la sua visione del mondo, una visione primordiale, predatoria, spietatamente lucida?
Semplicemente perchè era la visione che molti dei governi occidentali (due su tutti quelli di U.S.A e Gran Bretagna) avallarono, dopo la stagnazione (stagflazione) economica degli anni finali della guerra fredda e che videro le vittorie dei partiti conservatori, portando per lungo tempo al governo i propri deputati.
Due su tutti?
Ronald Reagan e Margaret Thatcher, rispettivamente presidente USA e primo ministro inglese.
Dalla metà degli anni '70 alla fine degli 80, questi due paesi furono fedeli fautori della scuola friedmaniana e i risultati non tardarono ad arrivare, una disoccupazione dilagante, tra le più alte di sempre (in Gran Bretagna sopratutto), un'aumento vertiginoso delle tassela riduzione del costo della moneta; tutte conseguenze di politiche fatte per ridurre l'inflazione, grazie all'aumento dei tassi d'interesse.
Il problema fondamentale è che purtroppo le persone non sono numeri, ne curve o fenomeni economici e che sopratutto gli strati più bassi della società, grazie a questo modo d'intendere l'economia, sono sempre stati pesantemente colpiti.
Allora perchè continuare a proporre modelli di questo tipo?
Semplice, per rafforzare un concetto tutto individualista di creazione di un'elite; sia essa economica, culturale, politica o militare.
Questo emerge anche dalla teoria del cosiddetto "trickle-down" (dall'inglese filtrare, gocciolare sotto) ovvero quella teoria che vuole dimostrare come, se gli strati più alti di una piramide economica facciano lauti guadagni, prima o poi questi, in forma minore, passino agli strati più bassi della società che alla fine del processo ne trarrebbero benficio.
Da qui anche l'idea che il mercato debba essere deregolamentato (la famosa "deregulation", tanto invocata da Bossi in Italia ad esempio, seppur in maniera diversa), in modo da permettere alle grandi aziende di poter investire come e dove gli pare, senza o quasi importanti tassazioni e restrizioni.
Il problema è che molte delle multinazionali che hanno usufruito di questo beneficio sono diventate come dei grandi "reami di potere economico", che decidono dove investire i loro immensi capitali, fregandosene di chi lasciano per strada (ad esempio con le numerose "esternalizzazioni" degli anni '90), vedi milioni di lavoratori, per sfruttarne altri in paesi dove la manodopera e le materie prime sono più a basso costo, creando in questi ultimi, si lavoro (più che sottopagato), ma anche sfruttamento, inquinamento, conflitti armati, terrorismo, rivolte, fame, malattie.
Inutile dire che il tanto vituperato e atteso "gocciolamento" c'è stato eccome, ma non per i poveri disgraziati alla base della piramide, che hanno continuato ad esserlo, ma per i soliti pochi eletti che hanno immensamente aumentato le proprie già enormi fortune.
Un gocciolare oltre la forza di gravità, univoco e verso la punta della piramide.
Si calcola infatti che la parte più ricca dell'umanità del pianeta, in questi anni di governo "friedmaniano" abbia accresciuto la sua fortuna aumentando il divario tra ricchi e poveri.
Un esempio?
Gli abitanti dei venti paesi più ricchi nel 1962 guadagnavano cinquantaquattro volte il reddito degli abitanti dei venti paesi più poveri, nel 2002 il reddito dei paesi ricchi superava quello dei paesi poveri di ben centoventuno volte.
In compenso sono morte milioni di persone, anche grazie a conflitti ad hoc destabilizzanti (Falkland, Cecenia) o di puro bisogno economico (vedi l'Iraq e l'Afghanistan dell'ultima era Bush jr.) che hanno permesso immensi guadagni con opere di distruzione e poi ricostruzione.
Ovviamente in appalto alle solite multinazionali che prima vendono armi per distruggere e poi si occupano di ricostruire ciò che hanno raso al suolo, senza minimamente condividere gli introiti con la forza lavoro o le aziende del paese occupante.
Friedman è stato più o meno l'artefice consapevole di tutto ciò, insieme ai governi conservatori di tutto il mondo.
Forse converrebbe prendere coscienza che ciò che vediamo nei media è frutto di una realtà "parallela" foraggiata da governi e centri di potere di lobby economiche, sempre più intoccabili e al di sopra della legislazione delle società democratiche.
Ma sopratutto prendere coscienza che l'unica arma possibile che abbiamo, noi, piccole formiche di fronte agli elefanti che sono le multinazionali, è quella del boicottaggio di marche e prodotti, che in qualche maniera sono causa delle sofferenze del terzo mondo e dell'inquinamento dell'ambiente.
Tutto questo potrebbe sembrare risibile o infantilmente ingenuo, ma la crisi economica in cui oggi ci troviamo, per colpa di un errato e dissennato modello di sviluppo rischia di riportarci duramente alla realtà delle cose.
Il capitalismo ha fallito, semplicemente, così come ha fallito una sua applicazione democratica.
Chi detiene il potere economico nella quasi totalità dei casi detiene anche il potere politico ed è ovvio che, quando gli interessi privati si intrecciano con quelli pubblici, non ne nasce nulla di buono.
Per quale motivo infatti una società privata, nata per fare utile e per "portare a casa il risultato economico" prima di tutto, dovrebbe avere interesse a condividere il proprio guadagno con la totalità dei contribuenti?
Ecco che allora la statalizzazione di alcuni enti pubblici di primaria importanza, fino a pochi mesi fa, considerata alla stregua di una misura comunista delle più radicali, torna di moda.
Se poi, anche nella liberalissima America di Obama, si pensa ad un sistema sanitario anche solo in parte pubblico, si può facilmente capire come i tempi siano cambiati, ma anche, vista l'agguerrita risposta repubblicana, nei confronti del primo presidente nero, di come i centri di potere e le lobbies, abbiano ancora ben chiara in mente la lezione di Friedman.
Analizzare oggi il peso del pensiero di Friedman e della scuola di Chicago nella storia recente ci può forse aiutare a capire le cause di una crisi economica dilagante, che in molti ci vogliono presentare come un male inevitabile, ma che invece al contrario era la prevedibile conclusione di una gestione capitalistica dei mercati, una gestione che in maniera forse addirittura peggiore dei vecchi totalitarismi, ha provocato e continua a provocare una scia di povertà, cataclismi ambientali e morte.

venerdì 27 novembre 2009

Consigli per gli acquisti. "La Questua" - Di C.Maltese.


Il consiglio, anche per questo mese è un libro.
Non è assolutamente uno dei tanti, ma a mia modestissima opinione, è un libro che tutti gli italiani, anche alla luce delle polemiche sul crocifisso e sulla laicità dello Stato, rispetto alle gerarchie vaticane, dovrebbero leggere.
Il libro in questione è, "La Questua - Quanto costa la chiesa agli italiani", dell'editorialista di Repubblica Curzio Maltese.
Per dovere intellettuale oltre che di cronaca, va detto che opportunamente  poco dopo la pubblicazione del libro (del 2008), il giornale cattolico Avvenire, ha confezionato un opuscolo in cui cerca di confutare alcune critiche e dati del giornalista di Repubblica chiamato "La vera questua", di U Folena.
Rimangono comunque oltre la contesa, alcuni dati inquietanti, uno su tutti quello dell'8 per mille (fonti Cei) in cui si nota come lo Stato italiano, con un'acrobazia degna del miglior trapezista, "elargisce" alla chiesa romana, quella fetta di percentuale dell'IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, ovvero una tassa sul reddito di persone e imprese), per l'appunto l'otto per cento in maniera del tutto anomala per qualsiasi altro stato mondiale.
In altri paesi, anche di tradizione cattolica (come Spagna e Irlanda, scrive Maltese) normalmente il gettito non dichiarato (si perchè l'otto per mille deve essere opportunamente dichiarato barrando su una casella di scelta) rimane allo Stato.
In Italia semplicemente no.
Va all'ente con maggiori preferenze.
Dunque è possibile che un ente religioso come il Vaticano, nonostante abbia solo il 40 per cento delle preferenze rispetto alle altre confessioni religiose (magari pure cristiane, come quella valdese) si prenda quasi tutto il restante gettito fiscale, a danno dell o Stato stesso, uno Stato che non ha nessune interesse a contrastare il clero romano, ma anzi si fa ben volentieri da parte "lasciando" campo libero anche nell'assistenza sanitaria, nella scuola, nella pubblica assistenza, svendendo di fatto il "pubblico" al "privato", della chiesa cattolica.
Ebbene la cifra di cui parliamo non è certo irrisoria, ma supera i confini dell'immaginazione, solo dall'8 per mille il Vaticano ogni anno "prende" dalle nostre tasche, un miliardo (!) di euro.
Senza contare l'esenzione dell'ICI e di altre tasse di proprietà e finanziamenti vari che porterebbero la cifra annuale intorno ad un non quantificabile numero di 4 miliardi e 500 milioni di euro versati o non pagati.
Di questa cifra enorme, solo il 3 per cento in Italia (per l'estero non ci sono dati certi) va alle opere di carità, il resto serve al sostentamento del clero, alle spese di culto, a mantenere l'infinito e non quantificabile patrimonio immobiliare cattolico.
Oltre a questo altre interessanti notizie.
Sapevate che la chiesa cattolica ha una flotta di aerei di linea (la Mistral) tutta sua, per pellegrinaggi in aereo in "top class"?
Oppure che i bellissimi spot dell'8 per mille, appunto, sono fatti dall'agenzia di pubblicità, forse la più importante del mondo, Saatchi e Saatchi?
O anche che lo Ior, la banca vaticana, sia il deposito bancario preferito da evasori e clan mafiosi, per i loro "tesoretti" esentasse?
Bene se questo non vi basta, in questo libro (tra l'altro di sole 172 pag. compreso l'indice), c'è molto di più.
Sintatticamente scritto bene, chiaro e semplice (magari troppo scarno di dati e fonti rispetto ad altri saggi però), lo preferisco di gran lunga ad altri libri del filone ormai tanto popolare, nel nostro ipocrita paese, "di caste" e privilegi vari.
Il libro non scade in atteggiamenti laicisti, lascia stare le battaglie di diritto come quelle sul crocifisso appunto e presenta solo i fatti, spesso citando i dati della stessa Cei.
Se qualcuno guardando gli abiti, le auto, gli edifici lussuosi o le scarpette fatte a mano del pontefice, era ancora convinto che fossero privilegi accettabili, con questo libro fugherà ogni residuo dubbio.
Un libro imperdibile da leggere per capire come l'Italia sia uno "stato occupato" da un altro, quello Vaticano.

lunedì 9 novembre 2009

Il bambino e l'acqua sporca. Ipocrisia sul 1989.


9 novembre 1989.
Avevo nove anni nemmeno compiuti.
Tra un gioco e l'altro, mezzo bombardato dalla prima televisione commerciale italiana, probabilmente, stavo giocando con qualche giocattolo all'ultima moda del tempo, simulacro dell'allora "superomismo" americano,  in cui è cresciuta la mia generazione;  quando sullo schermo della mia  tv accesa passavano le immagini di una cosa senza (almeno all'epoca, per me) senso.
Tante persone a cavallo di un muro di cemento, pieno di graffiti,  tutti felici, chi con in mano un martello, chi un piccone, chi abbracciato ad un familiare, ad un amico, piangeva (dopo l'ho capito) lacrime di gioia.
Quei pochi tedeschi che conoscevo,  di vista, in Italia, nel mio piccolo paesino di provincia, impazziti di  felicità.
Immagini, che in quello schermo, in quell'anno si mischiavano con altre, sempre sensazionali e strane, immagini di giovani di fronte a carrarmati, immagini di statue di uomini barbuti che cadevano, parole come comunismo, socialismo, sulla bocca di tutti, URSS, Gorbaciov, cadute, fine, guerra fredda, cortina di ferro, NATO.
Il totalitarismo sconfitto.
1989 la fine di un'epoca.
Fine della "minaccia rossa", fine dei lacci che limitavano la libertà, libertà di pensiero, libertà di movimento.
L'inizio di una nuova era per l'umanità.
Crescendo, ho imparato ad avere naturale diffidenza per le cose e oggi quello che mi pareva così ovvio, così semplicemente assodato, ha tutta un'altra valenza.
Oggi il 1989, sembra un vecchio diorama di forme di vita in estinte, grimaldello usato per ricordare a tutti come, tutto quello che è fuori del "pensiero unico", sia "il male".
Il 1989,  sintesi ed emblema delle atrocità del comunismo, la DDR, le dacie, l'economia pianificata, tutto spazzato via, come in un ipotetico Rocky IV,  film in cui "l'America" reaganiana, vinceva il male di tutti i mali, il comunismo.
Oggi, il nemico di sempre, dell'occidente, del capitalismo dei disastri, non esiste più, c'hanno insegnato che il comunismo ormai è l'appiglio di pochi, ciechi, nostalgici adepti.
Ebbene, dato ciò, data la scomparsa della minaccia suprema, il mondo oggi, dovrebbe essere migliore.
Il muro di Berlino l'esempio, di quell'atto di libertà, come piazza Tian Anmen, per la Cina.
Nulla di più falso.
Le celebrazioni di oggi hanno il sapore della menzogna.
Di chi, sul carro dei vincitori, racconta solo una parte della verità.
I muri esistono eccome, ancora oggi, negli USA, in Israele, nei paesi dell'Africa, non più per difendersi dai comunisti, ma dagli immigrati, dai poveri, dai disgraziati, che l'economia di mercato dei vincenti di ieri, ha messo in ginocchio.
"I polacchi non morirono subito, ma inginocchiati agli ultimi semafori, rifacevano il trucco alle troie di regime" - cantava il grande Fabrizio de Andrè, in quello splendido affresco sulla frettolosa rimozione del comunismo, post 89, che è "La Domenica dell Salme".
Infatti, Solidarnosc, sindacato polacco di operai che protestava contro il regime, i russi post comunismo, un po' tutti i popoli dell'est, immolati sull'altare della "liberazione", hanno fatto appunto quella fine lì.
Si sono convertiti frettolosamente ad un'altro credo, forse ancora più spietato, senza gulag, ma altrettanto feroce, quello dell'economia libera di mercato.
Del "lasseiz faire".
Quello della shockterapia economica, un credo che parlava di libertà, di diritti, ma che invece mirava a scambiare una parola vuota, con un frullatore, un'asciugacapelli, un'auto, un marchio nuovo.
Spazzato via Lenin, subito lo si sostituisce con Ronald McDonald, crollano le ideologie, nasce la mitica globalizzazione, delle "bolle economiche", delle dot.com, via il grigiore indistinto dell'uguaglianza, la libertà ha il sapore dolciastro della Coca Cola, rimbomba nel cervello come la musica pop sparata da un piccolo Walkman, ha le vesti di una modella su una passerella, sfacciatamente proiettata verso il futuro.
Nel 2009, il muro di Berlino, nonostante le pompose manifestazioni, ridondanti, volte a mistificare, solo una parte del cielo sulla città tedesca, appaiono più come il tentativo maldestro di rafforzare l'impero che crolla che invece un convinto plauso alla libertà finalmente conquistata.
Vent'anni dopo, il comunismo, come si diceva è sparito, ma la libertà non è tornata; guerra, tortura, una spaventosa crisi economica hanno riportato alla realtà tutto quello che inizialmente aveva illuso milioni di persone, abbagliate frettolosamente dagli status symbol del libero mercato.
I poveri, hanno il telefonino, il televisore, ma sono ancora più poveri, la disuguaglianza è aumentata e nell'est europeo c'è già chi rimpiange la vecchia economia socialista, chi in Germania, rimpiange addirittura la DDR.
La Cina, unico "superstite" dei blocchi comunisti, ha da parecchio abbandonato l'economia pianificata, ma i diritti civili non sono migliorati, così nemmeno per la Russia di Medvedev e di Putin dove si uccidono i giornalisti come ai tempi dello stalinismo, oppure negli States, i paladini della libertà, partecipanti attivi ai peggiori governi repressivi degli anni '70 e '80hanno esportato democrazia in Afghanistan, in Iraq, a suon di bombe, hanno torturato e deportato migliaia di persone grazie al Patriot Act, hanno chiuso terroristi e innocenti, senza distinzione, a Guantanamo, ma nonostante ciò, come accade invece per il socialismo, nessuno si sogna di mettere in dubbio il capitalismo come forma economica di governo.
Eppure la crisi economica batte forte, i maghi del FMI, i geni dell'economia di mercato liberista, sono stati sbugiardati, si comincia ad intravederne le scie di sangue lungo le strade che hanno calpestato, sangue di milioni di persone immolate alla causa del "cambiamento".
Dopo l'89 in Russia per la povertà e per le repressive misure economiche del governo post comunista, sono morti circa 6,000,000 di russi.
Nessuno lo dice.
Nel frattempo abbiamo tutti, a sinistra, nei partiti ex comunisti, ex socialisti, fatto a gara a "mollare" i panni del vecchio e muffito credo rivoluzionario, considerato puerile sogno di un tempo che non c'è più.
Imbarazzati dalla primavera di Praga, dall'invasione di Budapest, abbiamo rimosso tutto, senza pensare che Dubcek, nonostante tutto, così come gli operai di Solidarnosc, o gli ex abitanti della DDR, protestavano contro il blocco sovietico,  contro il "maiale Napoleon", ma non contro gli ideali stessi del comunismo.
Abbiamo buttato via anche quanto c'era di buono nelle ideologie socialiste, come la statalizzazione di alcuni beni e diritti pubblici, abbiamo buttato, come si dice "sia il bambino che l'acqua sporca", parafrasando la dichiarazione di qualche tempo fa di Claudio Grassi.
Niente di più vero.
Chissà tra vent'anni che diremo di questo 1989.
Sarà ancora l'anno della "libertà", o magari sarà indicato come l'anno iniziale di un vent'ennio di "restaurazione"?
Quel che è sicuro, aldilà dei tristi lidi italiani, è che, rinasce un po' dovunque, grazie anche all'aumento della povertà diffusa, la voglia di un'alternativa, che in questi vent'anni è mancata.
Vincono un po' dappertutto i partiti "alternativi" alle vecchie e troppo moderate socialdemocrazie, aumentano nei consensi la LinkeD in Germania, il partito Comunista russo, le alleanze di sinistra in Portogallo, Francia, Grecia, in America Latina, "il cortile di casa" degli USA, fino a poco fa, dove vincono i Morales, i Chavez e già qualcuno parla di dittatura...
Nel 1989, finiva il comunismo, 20 anni dopo siamo ancora li a festeggiare, nel mezzo lo squallore della devastazione capitalistica, le coccarde e i sorrisi di oggi, danno sempre più la sensazione di avere davanti agli occhi un labile velo a coprire le malefatte di un sistema, che ancora oggi esibisce il trofeo di caccia, il comunismo, per distogliere lo sguardo da un vuoto d'idee e da una crisi economica sempre più spaventosi.
Arrivederci allora tra vent'anni, dove magari, parleremo di come ci siamo liberati anche dal capitalismo.


(Per l'immagine, ringrazio il grandissimo artista inglese Banksy, che generosamente elargisce le sue corrosive immagini, a patto che vengano usate senza fini di lucro) 

Indovina chi l'ha detto? Soluzione e nuovo quesito.


"Se vuol rifondarsi, la sinistra deve ripartire da vostro retroterra ideale.
La vera sinistra non nasce dal bolscevismo ma dalle cooperative bianche dell'ottocento.
Il partito Socialista è venuto dopo le cooperative, il partito comunista dopo ancora e i gruppi nati col '68 sono tutti spariti. Solo l'ideale lanciato dal CL (Comunione e Liberazione ndr) negli anni '70 è rimasto vivo perchè è quello più vicino alla base popolare.
E' lo stesso ideale che era anche nelle cooperative: un fare che è anche educare.
Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del PCI, per un po' penso di chiamarlo "Comunità e Libertà".
Perchè tra noi e voi le radici sono le stesse"
(Meeting di Rimini di CL, 23 agosto 2003)

Non c'è male eh?
Uno dei motivi per cui il crocifisso non sparirà mai dalle nostre scuole.
In questi giorni, ahinoi, ha aggiunto un'altra perla, proprio riguardo la polemica sul simbolo religioso cattolico, che ha "movimentato" i giorni passati:

"Penso che su questioni delicate come questa, qualche volta il buonsenso finisce per essere vittima del diritto. Io penso che un'antica tradizione come il crocefisso non può essere offensiva per nessuno".

Non ci aspettavamo certamente nulla di diverso, da un "ciellino" come lui...


Ora la nuova frase:


"Berlusconi ha pagato magistrati. In nessun paese al mondo avremmo un premier così. 
Per essere chiaro, voglio prescindere dall'esito dei processi di ieri e di oggi, e perfino, se possibile, dalla rilevanza penale dei fatti che sono emersi. 
Ma è però incontrovertibile che Silvio Berlusconi, prescrizione o no, abbia pagato o fatto pagare magistrati.
Così come da Palermo, quale che sia la qualificazione giuridica di questi fatti, emergono fatti e
comportamenti oscuri di cui qualcuno, Berlusconi in testa, dovrà assumersi la responsabilità politica".


(Dichiarazione alla stampa, dopo la sentenza di condanna di Marcello dell'Utri, 11 dicembre 2004)


Non è difficile, dai...ne fa anche un'imitazione bellissima Neri Marcorè...

mercoledì 4 novembre 2009

Via Crucis europea. Per il Vaticano.


Anomalia.
Solo questo termine può venire in mente di fronte alla notizia che da ieri sera "scompiglia" il mondo politico filo-cattolico, italiano.
La corte di Strasburgo infatti, come prevedibile, ha bocciato il ricorso fatto dal nostro paese, sulla presenza nelle aule del crocifisso, simbolo della religione cristiana.
La cronologia dell'evento, risale fino al maggio 2002, quando due studentesse, insieme alla famiglia, fecero ricorso, per la presenza in aula del simbolo cristiano, al consiglio dell'istituto in cui studiavano allora le ragazze.
Ricorso respinto, che fu a sua volta "girato", al Ministero dell'Istruzione, che a sua volta, inoltrò il tema fino al Tar e poi alla Corte Costituzionale, che si pronunciò definendo il ricorso "inammissibile", e dando il via libera al ritorno verso il Tar che respinse di fatto la sentenza.
Motivazione, le due leggi regie, del 1924 e 1928 che regolamentano la presenza del crocifisso nelle aule, e che sono tutt'ora in vigore, tanto che, ne giustificano la presenza.
Si chiuse così la prima parte "italiana" della vicenda, con le parole della sentenza del Consiglio di Stato - il crocifisso - scrivono i giudici - non va rimosso dalle aule scolastiche perché ha "una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni"; non è né una "suppellettile", né solo "un oggetto di culto", ma un simbolo "idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili" - tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, riguardo alla sua libertà, autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, solidarietà umana, rifiuto di ogni discriminazione - che hanno un'origine religiosa, ma "che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato".
Sentenza poi passata in commissione UE e definita appunto ieri, dalla corte di Strasburgo, nulla, confermando il diniego di esposizione del simbolo nelle scuole italiane, perchè in aperto contrasto con la laicità del luogo scolastico e per la molteplicità di espressioni multiculturali (e quindi, multireligiose) che ormai vi sono nelle classi italiane.
Prevedibile a questo punto la reazione scomposta della Chiesa e dell'esercito di paggi ecclesiastici che fanno capo ad essa nei banchi del parlamento italiano.
A cominciare dal card. Bertone "La nostra reazione non può che essere di deplorazione", per continuare con Mariastella Gelmini che dichiara - "la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non corrisponde solo a un simbolo religioso, ma è un simbolo che unisce i valori, le tradizioni, le radici del nostro Paese", - per arrivare a Gasparri, Alemanno, Schifani, e terminare con Scajola che addirittura azzarda frasi del tipo - "se il Cristianesimo è un elemento di disturbo, vuol dire che trionfa di nuovo Pilato".
I "ciellini" del PD, fortunatamente fino ad ora sono in silenzio.
Anomalia si diceva ad inizio post, sì, perchè in altri stati, una notizia del genere non desterebbe nessuna attenzione, se si esclude magari una certa divertita curiosità, per il panorama delle bizzarrie legislative che da sempre esistono nel "Bel Paese".
Tombali i commenti degli esponenti in carica, attualmente, all'UE, che tramite José Manuel Barroso, commentano così -  "le radici cristiane dell'Unione, in generale sono e restano importanti. Ma sulla questione specifica del Crocifisso nelle scuole "non c'é nulla da dire".
Appunto.
Peccato che in Italia, al comando non ci sia la democrazia repubblicana eletta dal popolo, ma un piccolo"stato nello stato" , che da sempre condiziona pesantemente la vita di tutti i cittadini.
Una questione ovvia quindi, come quella di un luogo "laico" che dovrebbe per ovvietà essere sgombro da simboli spirituali, dogmatici, in cui si insegna la scienza, tempio della ragione, una "ragione", spesso in conflitto nei secoli, proprio con le gerarchie ecclesiastiche, diventa contesa pubblica, schiamazzo maleducato, genuflessione al potere Vaticano.
L'obbiettivo di certe voci, anche questa volta è materiale da "prestigiatori", con il fine di far sparire il significato vero della questione, così evidente da essere macroscopico, in favore di una farsa in cui si "levano gli scudi" in difesa del vilipendio dei vilipendi, un attacco alla nostra cultura di italiani, noi, da sempre cristiani, cattolici!
Bufale.
Da sempre religione e scienza sono incompatibili, aldilà delle intromissioni della prima nei confronti dei confini della seconda.
Dovremmo negli edifici scolastici italiani; forse accettare la presenza di un simbolo, di una confessione piuttosto che di un'altra?
Non è la scuola italiana, luogo per fedeli musulmani, ebrei, indù, shintoisti e chi più ne ha, più ne metta?
Non è il nostro sistema scolastico, come negli altri stati, superiore, ad ogni dottrina spirituale?
E' compatibile col dogma della vergine, con una chiesa, come, quella cattolica, che non accetta appieno, la teoria evoluzionistica di Darwin, che non accetta l'evoluzione scientifica della ricerca, figlia delle basi scolastiche, che in passato ha mantenuto nel buio la ragione stessa?
"Eppur si muove!"
Macchè, in Italia non si muove proprio nulla, forse qualcuno è ancora convinto che la Terra sia piatta, che l'uomo non discenda dalle scimmie, che al centro dell'universo non vi sia il Sole.
Trovo incredibile, che nel paese che ha dato i natali, (ops), a scienziati, studiosi e inventori del calibro di Galilei, Da Vinci, Fibonacci, Volta, Montalcini, Dulbecco, Hack, Montessori, Meucci e moltissimi altri, inchiodato su un muro, invece dei loro volti ci sia un simbolo arcaico di un personaggio forse nemmeno realmente esistito.
Ma che ci volete fare, nel paese dei santini, delle madonnine che piangono, delle stimmate di Padre Pio, delle reliquie, le superstizioni, le icone, nel paese dove i ricercatori sono costretti a "fuggire" per essere presi in considerazione, la scienza, l'impegno, contano meno del fato, della fedeltà instupidita di migliaia di fedeli, molto più simili a sudditi, della chiesa di Roma, unica e vera regina incontrastata, di quella monarchia nascosta, che è in realtà la Repubblica italiana.

lunedì 2 novembre 2009

Primo sondaggio concluso...Riflessioni.


Qualche mese fa ho deciso di fare, un po' per gioco e un po' per diversificare il contenuto del blog, una prova.
Ho deciso, grazie alla funzione che Blogger da agli utenti, di aggiungere un sondaggio.
Il tema del sondaggio era: quale formazione politica, nel caso ci fossero delle nuove elezioni politiche, i lettori avrebbero votato, attualmente.
Devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Innanzitutto, non avrei mai pensato che nonostante i pochi mesi di vita del blog e un traffico medio, d'utenza ancora basso, ci fossero comunque molte persone interessate ad esprimere una propria preferenza.
Inoltre, anche se ovviamente il sondaggio non ha nessun valore statistico, porta in dote, alcune interessanti considerazioni.
La prima è che, nonostante il blog sia orientato politicamente a sinistra, ha ricevuto nel sondaggio anche il voto di elettori del centro-destra, nella misura di 6 voti per il Popolo delle Libertà.
Altre chiavi di lettura interessanti che il sottoscritto ha tenuto d'occhio è il repentino aumento dei voti del PD, che si ferma a 13 voti, dopo l'elezione di Bersani, così come la costante crescita dell'Italia dei Valori, leader indiscussa di questo sondaggio, fin dai primi momenti, con 14 voti e il 33% totale.
La sinistra extraparlamentare, nonostante la nutrita presenza di "followers" di questo elettorato, rincorre con 8 voti e il 19% di voti totali.
Spicca però il dato da non sottovalutare, proprio perchè il blog è orientato a sinistra, della totale assenza di voti verso Sinistra e Libertà, con tutti i voti "sinistri" che pendono verso la Federazione della Sinistra d'Alternativa (ex lista anticapitalista di PRC-PDCI-Socialismo 2000), uno zero "pesante", per SeL, sopratutto perchè la dimestichezza di tanti utenti ed elettori con il web, ha sempre visto come protagonista questa lista nella rete.
Evidentemente, il congresso dei Verdi, gli scandali della giunta pugliese, del presidente Vendola, le molteplici gaffe, dell'ingombrante Sansonetti e un progetto un po' appannato, che a conti fatti si è rivelato solo un cartello elettorale, come dimostrano i tanti messaggi di disappunto degli elettori di SeL nei confronti della propria dirigenza politica, ha tarpato le ali al progetto.
 Zero, come i voti alla Lega Nord, che trovano giustificazione forse, in un elettorato sicuramente più attempato, meno scaltro quindi, quando si parla di nuove tecnologie.
In ultimo, un applauso all'unico "coraggioso" che in questi lidi ha dato il suo favore all'UDC, quando la difesa della laicità e gli attacchi al Vaticano, sono il pane quotidiano del blog.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti voi per la partecipazione ed il sostegno al blog e v'invito a votare ancora più numerosamente ai prossimi sondaggi.

martedì 27 ottobre 2009

Santoro cacciato. Ma stavolta è un prete.


Se è vero che la tua fama ti precede, anche il cognome deve entrarci per forza qualcosa.
Come il più celebre Michele, don Alessandro Santoro, giovane prete della comunità dei "desaparecidos" del quartiere Le Piagge, estrema periferia fiorentina, ha la tendenza a creare scompiglio presso "l'ordine costituito".
Don Santoro, ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente ormai parecchi anni fa, circa 13, in una classe delle superiori di uno degli istituti scolastici fiorentini.
Alessandro era un giovanissimo prete, che a prima vista davvero si confondeva con i ragazzi, "fricchettoni", di quel mitico istituto d'arte.
Perennemente rasato, barba lievemente incolta, vestito di pochi indumenti, per niente appariscenti, arrivava se non ricordo male, sul suo scalcinatissimo "Ciao" (o era un Sì?) confondendosi nella massa indistinta dei ragazzi.
Ragazzi che ovviamente lo adoravano.
E credetemi, non è affatto cosa ovvia.
Don Alessandro, che immagino non sia affatto cambiato, ha un carattere per niente facile.
Non è certo il buon padre compassionevole che ti rassicura con una pacca sulla spalla, assomiglia più ad un fratello maggiore, che ti sbatte di continuo in faccia la realtà, senza tanti fronzoli.
Una di quelle persone, talmente autentiche, che empaticamente infonde rispetto.
I ragazzi apprezzavano il suo modo di mettersi alla solita altezza e anche la maniera in cui affrontava i problemi più spinosi, spesso al limite della normale posizione ecclesiastica.
Problemi però sempre concretamente attaccati alla realtà quotidiana, problemi che spesso quei ragazzi nemmeno osavano portare alle orecchie dei propri genitori.
Don Alessandro era perciò il confidente di tutti.
Dalla ribalta delle cronache devo dire che evidentemente è rimasto fedele a se stesso.
Costantemente al fianco dei diversi, delle situazioni problematiche, degli emarginati, degli ultimi.
Testardo come sempre, questa volta ha sfidato l'arcivescovo fiorentino, sposando due persone, di cui una delle due, ex transessuale, tale Sandra Alvino a Fortunato Talotta con una "simulazione di sacramento", come dice in tono dispregiativo, monsignor Betori, arcivescovo appunto della Curia fiorentina.
Un prete da sempre scomodo don Alessandro, un prete in marcia al G8 di Genova, un prete che "scrive una lettera allo spirito santo", un prete che ha sempre accolto nella sua comunità tutte quelle figure che di solito riempiono le cronache dei giornali bigotti del nostro paese, trans, gay, ragazze madri, clandestini, ladruncoli e che fanno la fortuna dei giornalisti di cronaca nera o dei moralizzatori "da pulpito".
C'è posto per tutti "sull'arca" di Alessandro.
Ovvio che qualcuno non sia soddisfatto, troppo stridente il contrasto tra chi detiene il potere ma non si sporca le mani, rispetto a chi è da sempre in prima linea, nonostante la posizione marginale.
Le Piagge nell'hinterland fiorentino infatti, sono una linea di confine, tra la bellissima città rinascimentale, vanto del mondo, e "il nulla" che è quell'indistinta area tra Campi Bisenzio, Firenze e Prato.
Area industriale, piena di "dormitori" di cemento, di disgregazione sociale, società sfilacciata, che negli anni don Alessandro si è impegnato a ricucire.
Una Barbiana dei giorni nostri, in pratica.
Uno dei tanti elementi che lo accomunano a Don Milani.
Conoscendolo un po', credo che anche si schermirebbe, sempre restio a certi illustri paragoni, che immagino la gente di continuo gli butti addosso.
Certo è proprio paradossale, "sollevato dall'incarico" perchè esercita alla lettera il messaggio evangelico.
Beh, non preoccuparti Alessandro, l'unico consiglio che mi sento di darti, in tutta umiltà, io che probabilmente nemmeno meriterei di darti consigli, è quello di prendere alla lettera un pezzo di un canto della Divina Commedia del sommo poeta fiorentino Dante,  "Non ragioniam di loro ma guarda e passa", vedrai che come con Don Milani,  la gente avrà sulla propria bocca e nel proprio cuore non loro, ma te.

Esselunga. Quando il guadagno non si ferma nemmeno con la morte.


La notizia, di ieri pomeriggio, come al solito è passata sotto silenzio sui più grandi media italiani.
Certo, ormai alle morti bianche siamo abituati, con dati che assomigliano sempre più ad un bollettino di guerra giornaliero, proveniente da una qualche nazione in conflitto.
Dati che in media negli ultimi tre anni si attestano sempre vicino ai mille morti l'anno, più o meno.
Facile quindi che con tre morti circa il giorno (dati in base al 2008) ci si trovi assuefatti a certe notizie.
Eppure lo spunto di cronaca c'era ugualmente, anche per i soliti sciacalli in cerca della notizia facile.
Peccato che se la notizia porti a spunti di riflessione, poco ipocriti e invece velenosamente critici, ci si astenga dal portarla alla ribalta delle cronache.
Nulla di nulla, ne sui quotidiani della carta stampata, anche quelli della sinistra, ne sui principali siti della rete, niente radio, tv et similia, solo qualche passaggio sull'edizione nazionale di Radio Popolare Network.
A cercare bene in rete, si rimane stupiti che nemmeno l'ANSA, citi la notizia, neppure nelle edizioni regionali della Lombardia, regione in cui è avvenuto il fatto di cronaca, nonostante rilasci il "solito bollettino di morti&incidenti" giornalieri.
Vengono dubbi addirittura che il fatto sia avvenuto davvero, poi purtroppo però, la notizia spunta, dalle pagine dell'edizione regionale del Corriere della Sera, sul sito del medesimo giornale.
Qual'è la notizia?
La notizia è questa;

Un autotrasportatore di 45 anni, Claudio B., è morto nel parcheggio di un supermercato Esselunga in via Washington a Milano. Erano le 10,40 di lunedì mattina quando l'operaio, posizionato dietro il camion per togliere dei fermi, è rimasto schiacciato dal mezzo, che si trovava su una rampa, in lieve contropendenza. Il camion, evidentemente non frenato, è arretrato schiacciando l'uomo contro il muro del magazzino. Inutili i soccorsi: il lavoratore è morto sul colpo. Il camionista era un dipendente dell'azienda trasporti Capozi.
Così scrive il corrispondente del Corriere dal luogo dell'accaduto.
La notizia non pare legata a particolari negligenze nelle norme di sicurezza, ma sembra una tragica disattenzione, probabilmente uno dei motivi per cui la notizia non ha destato molto scalpore.
Quello che è grave però, è che fino alle 14,30, su protesta di alcuni lavoratori e clienti dell'esercizio, nessuno si è preoccupato di fermare, almeno in segno di rispetto per una vita umana, la catena di vendita del supermercato.
Sembra il pluricitato luogo comune dello spettacolo "the show must go on".
All'Esselunga, evidentemente, conta più il profitto di mezza giornata che il rispetto della persona, di una persona che come tutti aveva una famiglia e una vita.
Solo alle 17,00 e solo grazie alla protesta suddetta, il ciclo di vendita si è fermato.
Spiace dover prendere atto di come questo evento sia l'ennesima dimostrazione del pericoloso arretramento dei diritti del lavoro e dello scadimento morale e sociale dei luoghi di lavoro, dominati solo da logiche di profitto per cui, un lavoratore non è molto dissimile da un numero su un foglio excel.
Fa parte dell'ingranaggio.
Un'altra spiacevole pagina che si aggiunge alle numerose altre scritte in passato dall'azienda milanese, contro i diritti dei lavoratori, costantemente costretti a lavorare in condizioni di pressione e mobbing.
Azienda che si dice "dispiaciuta e vicina al cordoglio della famiglia" e "pronta a chiudere l'esercizio nel giorno dei funerali dell'operaio".
Se lo dicono loro c'è da fidarsi, in fondo il catalogo premi dell'azienda si chiama "Fidaty".




(Per l'immagine del fotomontaggio, immagine libera, si ringrazia il sito: http://subvertising.noblogs.org/)

lunedì 26 ottobre 2009

Vince Bersani come da copione. Avrà un senso questa storia?


Ieri si è dunque concluso il congresso del PD e come ampiamente previsto ha vinto D'Alem...pardon, Bersani.
Gli eserciti cammellati ex DS, più una buona parte della sinistra extraparlamentare da "governo" (leggi SeL), battono Franceschini e consolidano  il progetto "socialdemocratico"  interno al PD, del "delfinissimo" di D'Alema.
Cosa cambia per lo scenario politico italiano?
In fatto di allenze e possibili coalizioni in effetti qualche modifica c'è, ed è Bersani stesso a dirlo per parole sue, e per dichiarazione di altri leader politici da Cesa, dell'UDC, per arrivare a Ferrero di RC.
Si perchè Bersani è un po' il rappresentante in pectore di quella corrente del PD ferma alle posizioni di un'intesa ampia in forma di coalizione di centrosinistra sul modello dell'Ulivo prima e dell'Unione poi.
Con Bersani l'idea di un partito "all'americana", fortemente voluta da Veltroni, di un partito cioè autonomo, figlio dell'impostazione bipolare della politica, è di fatto definitivamente tramontata.
Più che per reale "pentimento" di fronte a scelte passate, semplicemente per tatticismo politico.
E' fuor di dubbio che aldilà degli "sbandieramenti" di partito, sui numeri, e sul successo delle primarie, da parte della dirigenza PD, il Partito Democratico, abbia perso molto del suo appeal di fronte all'elettorato, nei confronti sopratutto dell'IDV ed è quindi arrivato il momento di rendersi conto che, per vincere, non bastano numeri da fare in solitaria, ma c'è bisogno dell'aggiunta di "aiuti esterni".
Ecco che allora dall'interno verso l'esterno, verso un ipotetico tavolo delle trattative, "il confronto sarà aperto a tutti".
Parole di Bersani stesso. 
Anche alla sinistra extraparlamentare quindi, che con le dichiarazioni timidamente possibiliste del segretario del PRC, Paolo Ferrero, oggi fa un passo in avanti verso un possibile tavolo delle trattative.
Come sarà possibile far convergere in un unica alleanza politica, l'UDC e il PRC, questo sarà tutto da vedere.
Ma sopratutto sarà da vedere come questa ricerca di alleanze un po' verso tutte le latitudini politiche verrà digerita, all'interno del partito.
Che faranno i più conservatori di stampo cattolico, come Binetti, Rutelli, che su Bersani si erano espressi negativamente?
Usciranno veramente dal partito?
Ad oggi pare difficile, ma il silenzio post congresso pare solo un'amnistia in attesa di ulteriori sviluppi della scena politica, per ora bloccata.
Il grande bocciato, Franceschini, rilascia dichiarazioni distensive, ma è chiaro che nel suo entourage la delusione è tanta, così come non sarà facile la vita degli ex "fratelli" diessini, dissidenti Fassino e Veltroni, pericolosamente vicini all'esclusione dal centro del palcoscenico del Partito Democratico.
Staranno tutti buoni a sentire le soluzioni di un "leader" che in molti considerano un "fantoccio", figlio sopratutto del potere dei collegi pro D'Alema?
Ne dubito fortemente.
La risposta non si farà comunque attendere, le regionali sono dietro l'angolo e nessun paese al mondo è maestro nell'esercizio "del rimpasto politico" come l'Italia.

martedì 20 ottobre 2009

L'ora di religione. Quando la laicità non esiste.


Passano i giorni dalle polemiche sull'ora di religione scolastica estesa anche alla fede musulmana, ma il Vaticano non desiste, anzi rincara la dose e si lancia in affondi durissimi contro la laicità dello Stato italiano e della stessa Unione europea.
Infatti dopo la proposta del deputato vicino all'area di Fini nel PDL, Adolfo D'Urso, di istituire un'ora di religione "parallela" a quella cattolica nelle scuole, si alzano forti le voci di tanti esponenti del Vaticano e della Cei, oltre che dei soliti paladini dell'identità leghisti (perchè poi proprio loro che  non si sentono italiani ma celtici e parlano di "tradizione" cristiana...), tutti in soccorso del povero e depauperato cristianesimo.
E se da un lato c'è chi leva gli scudi a difesa della santa sede e s'inchina al potere di quest'ultima, c'è chi, come D'Alema ad esempio, si vede "possibilista".
Insomma il solito batti e ribatti della "casta" politica, tra pro e contro rispetto ad una determinata questione, scontro asfittico di forze parallele che come sempre condurrà a nessun cambiamento.
Tutto questo sarebbe anche noioso se non fosse che, come al solito nella bagarre dei politicanti, nell'intreccio delle dichiarazioni, si perde di vista il nucleo essenziale della questione.
Sparisce cioè il tema vero alla base della polemica, il tema della laicità e della sovranità dello Stato su ogni forma di dottrina religiosa.
Se in altri paesi occidentali il problema nemmeno avrebbe risalto, in quanto una netta divisione tra Stato e religione è più che prassi consolidata, in Italia la questione assume l'immagine di una ferita aperta, impossibile da rimarginare.
La chiesa cattolica insieme a tutte le associazioni religiose strettamente legate ad essa, come Cei e CL, estende le proprie mani su gran parte del patrimonio statale italiano dalla sanità agli enti locali, per arrivare alla scuola pubblica.
Scuola pubblica che nel nostro paese è sempre stata alla mercè dei diktat ecclesiastici,  vissuta tramite la quotidiana "occupazione" del Vaticano grazie all'indecente uso strumentale "dell'ora di religione", con addirittura i docenti/preti (decisi in totale autonomia dalla chiesa) a pieno carico dello Stato stesso, una scuola pubblica derubata dei propri finanziamenti, in parte utilizzati anche per le scuole private di stampo religioso, ovviamente cattoliche, vero mondo parallelo nell'istruzione scolastica italiana.
Ecco perchè ormai, nemmeno più si prende in considerazione il fatto che, qualsiasi fede religiosa è incompatibile con l'insegnamento scientifico e con una scuola che nasce per sua stessa natura come ambiente laico o probabilmente come sarebbe più corretto dire, ateo.
Ciò che è scandaloso quindi, è l'atteggiamento di certi politici che non hanno più idea di cosa sia la laicità, proprio perchè, totalmente assuefatti e perennemente proni alla volontà del Vaticano, ritengono "normale", che la scuola italiana riservi uno spazio al suo interno, almeno una volta la settimana alle dottrine religiose.
L'intera questione in realtà è un falso problema, nessuna dottrina spirituale ha l'obbligo di essere insegnata nelle scuole, sia essa cristiana, musulmana, ebraica o taoista, se non al massimo a corredo dell'insegnamento di materie come la storia e la letteratura e non regge assolutamente "la scusa" per cui, l'isegnamento della religione cattolica sia indispensabile per il semplice motivo che da sempre, tale confessione religiosa, è parte integrante della nazione italiana.
Una battaglia politica, quella per la difesa della laicità dello Stato, spesso bistrattata, considerata di poco peso e importanza ma invece fondamentale per la crescita di un paese come il nostro,
pericolosamente arretrato rispetto al resto del mondo libero, nei diritti individuali della persona, sempre ostaggio della presenza del Vaticano, spettro che aleggia sopra la vita degli italiani, da sempre, e che attraverso i patti lateranensi prima e con l'istituzione dell'otto per mille poi, da sempre condiziona tacitamente le sorti dei cittadini della nazione.
Ma oggi che l'Italia come il resto del pianeta, sta diventando una babele culturale e multirazziale, lo Stato pontificio si sente minacciato proprio in "casa sua", "aggredito" dall'esterno dalle fedi religiose dei numerosi immigrati che varcano le soglie dei confini italiani.
A questo proposito, un papa ultraconservatore come Joseph Ratzinger, sta iniziando una controffensiva contro i principali "nemici" della sovranità vaticana e, grazie alle varie organizzazioni para-vaticane, allarga "l'occupazione" di queste, in tutti i punti di controllo fondamentali della nazione, tanto che, sicuro della propria posizione entro i confini italiani, estende il suo attacco anche a livello europeo.
Sono proprio di ieri pomeriggio le parole che il pontefice elargisce verso la comunistà europea, gettando un occhio goloso, verso lo statuto dell'UE, parole che affermano come "l'Europa" sia indiscutibilmente a radice cristiana.
"Le radici cristiane dell'Europa sono una realta', non un tentativo della Chiesa di ottenere uno statuto di privilegio-  e ancora - "l'ispirazione profondamente cristiana dei Padri fondatori dell'Unione', che la Chiesa 'desidera manifestare' sottolineando che ''la base dei suoi valori proviene principalmente dall'eredita' cristiana. L'Unione Europea, insiste il Pontefice, difenda la vita, l'ambiente e la famiglia tradizionale".
Ma se probabilmente a livello sovranazionale, l'unione dei paesi europei, ha in buona parte gli anticorpi giusti per difendere lo stato di diritto, nel nostro paese ciò sembra ancora oggi una cosa impossibile.
Non c'è poi, da essere fiduciosi sul futuro, quando si pensa che i principali leader politici dei due partiti più grandi della nazione, vengono o appartengono tutti in qualche maniera a organizzazioni e partiti politici vicini alle posizioni del Vaticano.
Chi salverà l'Italia dall'occupazione vaticana?
Probabilmente nessuno.

domenica 18 ottobre 2009

In tanti per non cambiare. Il congresso del PD.


Finalmente l'ora è giunta.
Ottobre è arrivato e il popolo fedele del PD si appresta a scegliere il proprio candidato, dopo l'elezione dei vari delegati che voteranno al congresso.
Le primarie si sono concluse e hanno confermato che i rapporti di forza pendono ancora in favore degli ex-diessini, con il candidato delfino di D'Alema, Bersani, in buon vantaggio con il 55,1 per cento, contro il 36,9 di Franceschini e il 7,9 di Marino che consente a quest'ultimo di avere il "quorum" minimo richiesto per essere eleggibile.
Intanto così, arriva il primo dato, riguardo il congresso, fatto esclusivamente per i tesserati e non "esteso" a tutti per paura di condizionamenti esterni (in realtà per paura di non controllare la base del partito, vedi polemica legata alla candidatura del comico Beppe Grillo alla segreteria); si perchè, forse non tutti conoscono nei dettagli il macchinosissimo sistema elettivo del PD che vuole una netta distinzione tra tesserati ed elettori.
Distinzione mica da ridere, che ridimensiona molto l'idea di un partito di tutti, in cui le primarie siano il reale ed unico sitema valido per eleggere il segretario.
In realtà sono i circoli a "decidere" chi poi votare, lasciando gli "elettori" (a cui viene richiesto pure un finanziamento economico..) la "scelta" tra i nomi papabili.
Insomma, primarie si, ma su nomi decisi comunque dalle "elite" del partito.
Alla faccia della tanto sbandierata partecipazione dal basso.
Nonostante una campagna pubblicitaria con investimenti importanti a cavallo delle europee e appunto del prossimo congresso, l'immagine del Partito Democratico ha perso molto del suo fascino e nonostante al suo interno si faccia di tutto per negarlo, non sono solo i numeri di voti persi in percentuale a confermarlo.
Sorrisi in superficie, colpi bassi dietro le quinte.
Tra chi già pensa ad altro, stringendo alleanze sottobanco in vista di una fuoriuscita, vedi Rutelli, Binetti etc, a chi rivendica brogli e "cammellate" nei soliti congressi del sud Italia, in cui pare che il voto ai congressi sia un lavoro retribuito indipendentemente dal partito per cui lo si fa (vedi il congresso di Rifondazione nel 2008), come Franceschini e chi sente odore di vittoria e diplomaticamente elargisce discorsi a destra e a manca sull'unità, sul futuro e via dicendo, come nel caso di Bersani.
Purtroppo, oltre a questo rimane ben poco dal punto di vista politico, le tre "mozioni" si assomigliano tutte, le differenze sono minime, così come è ugualmente nebuloso il futuro del partito e la collocazione politica, così come le possibili alleanze con altri partiti.
All'interno di questo scenario tumultuoso navigano a vista i militanti, che sfoggiano una fedeltà antica ai limiti della cecità, dote probabilmente dovuta all'appartenenza in passato, a due dei più granitici partiti politici italiani del secolo scorso, DC e PCI.
Ma i punti programmatici che dovrebbero unire il nuovo "grande partito riformista italiano", sono poco chiari se non addirittura contradditori tra loro anche per via delle molteplici anime che compongono il partito.
Un partito che non ha, ad esempio, le idee chiare sul nucleare, che si professa ambientalista avendo al suo interno buona parte della dirigenza di Legambiente, ma poi fa dei "termovalorizzatori" (volgarmente inceneritori) il suo cavallo di battaglia, così come ha grossi problemi di identità sul tema dei diritti individuali e sul tema della laicità, avendo al suo interno addirittura personalità politche avverse all'aborto, alla ricerca sulle cellule staminali o addirittura contro le unioni omosessuali.
Per non parlare poi di lavoro e immigrazione, due temi taglienti, in cui il partito rincorre da anni i partiti del centro destra, con misure e opinioni a tratti sconcertanti.
Come spiegare questa schizofrenia di posizioni?
Banalizzando la questione si potrebbe pensare che sia semplicemente l'unione di due partiti con radici diverse, come DS e Margherita a creare una frattura sin dall'inizio, in realtà la situazione è a mio avviso più complessa e nasce dalle finalità stesse in seno al partito.
Il Partito Democratico infatti, nasce con l'obbiettivo primario di governare il paese, spostando l'asse di quest'ultimo verso una meccanica politica vicina ai modelli anglosassoni, una situazione in cui dominano due grandi partiti "contenitore", di massa, e vige la regola "dell'alternanza" tra i due poli.
Il tanto decantato "bipolarismo" o "bipartitismo".
Peccato che la scena poltica italiana sia tutt'altro che così semplice.
Nonostante l'esclusione della sinistra radicale dal parlamento, il PD non decolla, e perde voti sia dal centro moderato che nel campo più puro delle battaglie d'opposizione, rispettivamente verso UDC e IDV.
La questione è pesantemente condizionata dal fatto che il Partito Democratico nasce come soggetto riformista, in un paese in cui la divisione stato-chiesa è labile, dove non c'è nessuna esperienza reale di soggetti partitici appartenenti alla socialdemocrazia europea, dove le sirene d'oltreoceano legate al concetto bipolare della politica d'alternanza su modello statunitense, sono rumorose, ma si limitano solo a posizioni superficiali, mentre la politica vera, quella degli accordi, degli smembramenti e dei rimpasti politici è sempre molto forte e concetto dominante.
Il fatto poi, che prima di avere delle prospettive programmatiche, il partito si divida in correnti di capipopolo, assai diverse l'una dall'altra e in continua lotta per prevalere, non aiuta certo quello che dovrebbe essere l'obbiettivo finale del partito stesso, l'unità programmatica, che dovrebbe permettere la nascita reale del primo partito "riformista" d'Italia.
Un partito che dovrebbe giovarsi del sistema elettivo maggioritario perchè unica "sponda possibile" per l'elettorato, cancellando, insieme al PDL, il resto dei partitini, fuori dalla lotta a due, dei partiti maggiori, ma che invece ancora una volta ha visto come sia impensabile il governo del paese senza accordi di coalizione, (vedi Lega+PDL) e una corsa solitaria abbia solo in un primo momento aiutato il partito, ma alla lunga sia un elemento del tutto insufficiente se non addirittura deleterio.
Ecco che allora, il PD si ritrova ostaggio di se stesso, ostaggio delle sue proposte politiche, contraddittorie e inattuabili.
Paradossalmente la nascita del PD ha rafforzato la leadership di Berlusconi, che puntualmente dopo l'affossamento del secondo governo Prodi da parte di Veltroni (confronto sulla legge elettorale, nascita PD) ha rivinto le elezioni, instaurando un regime mediatico difficile da combattere.
Berlusconi ha così spostato il confronto sul territorio a lui più favorevole, quello prettamente mediatico, mettendo in netta difficoltà il PD che in campagna elettorale arrancava proponendo un programma simile a quello del premier ed escludeva ogni possibile "larga intesa" con altri partiti, non rendendosi conto che il bipolarismo all'americana tanto auspicato era in realtà un'arma a doppio taglio.
Sul tavolo la posta in gioco, dal governo del paese, rapidamente è diventata la democrazia stessa.
Per uscire dall'empasse, oggi i democratici avrebbero bisogno di un approccio e di prospettive nuove, di volti, idee, classe politica nuova.
Ma aldilà dell'immagine superficiale, coloro che muovono "i fili" del partito, sono sempre i soliti vecchi gruppi di potere ex DS e Margherita e non è un caso che forse l'unica novità tra le candidature, Ignazio Marino, sia stata mal recepita dalla base del partito.
Come dire, cambia tutto, non cambia nulla.
Mentre il PD s'interroga su quale strada prendere per uscire dal pantano, Berlusconi attacca ogni giorno la democrazia e nonostante le accuse e i soliti terremoti giudiziari, che periodicamente gli cadono addosso, rimane sempre l'unico vero protagonista indiscusso della scena politica.
Unico attore che ancora, indisturbato, continua a recitare il proprio monologo in attesa di trovare un qualsiasi avversario.
Con il congresso alle porte, indipendentemente da chi sarà il vincitore, il partito rimane un cantiere, basato su fondamenta sempre più traballanti che lascerà al prossimo timoniere, l'ingrato compito, citando lo slogan elettorale di Bersani, di trovare "un senso a questa storia".
Staranno però gli italiani ad ascoltare?
Vista la crisi mondiale di tutti i partiti socialdemocratici è lecito dubitarne.