Who is Milton Friedman?
Forse, oltreoceano, negli States, questo signore è un personaggio celebre per una buona fetta di persone, ma se pronunciamo questo nome nella vecchia Europa, Milton Friedman, almeno ai più, esclusi politici, studiosi e laureati in economia, è quasi sconosciuto.
Questo signore dalla faccia mansueta, prima della sua morte il 16 novembre 2006 è stato l'artefice di quasi tutti gli eventi più importanti nell'ambito dell'economia mondiale, da circa quarant'anni a questa parte.
Pare anche difficile crederlo.
Ma è così, un teorico di una scuola di pensiero economico, quella di Chicago (i cosiddetti Chicago boys), ha insieme ad altri pochi eletti, condizionato le nostre vite e quelle di quasi tutti gli esseri umani, sopratutto dei paesi del terzo mondo, per tutti questi anni.
Questo signore è uno degli assertori più convinti della teoria economica liberista denominata anche "laissez faire", (del lasciar stare), ovvero di una politica in cui l'economia e il libero mercato siano completamente liberi da ogni vincolo statale o governativo (e etico, aggiungo io) che possa anche lontanamente intralciare il loro corso all'interno del mercato stesso.
In parole povere un sistema economico liberale al massimo in cui, lo stato, non debba intervenire in nessuna maniera.
L'economia e il mercato, secondo Friedman, "si governano da se".
Ogni tentativo di limitazione è iniquo e frena il processo di avvicinamento all'ideale perfetto di libero mercato.
Friedman è stato da molti considerato l'anti Keynes, (altro economista di opposte visioni padre del cosiddetto New Deal roosveltiano), un personaggio che da molti è stato indirettamente (e non a torto) definito "socialista", nonostante egli abbia sempre avversato le teorie di Karl Marx e sia stato anch'esso seppur in maniera del tutto diversa, liberista.
Detto ciò molti di voi, ammesso che siano riusciti ad arrivare fino a queste righe e non siano morti dalla noia, si domanderanno, e allora?
Che ci frega?
In effetti l'economia di mercato è un argomento assai complesso e noioso e sicuramente nemmeno chi ne scrive è in grado di parlarne con la dovuta professionalità, ma quel che è certo, è che le nostre vite ne sono pesantemente condizionate, nessuno escluso.
Molti odiano la tanto vilipesa classe politica, corrotta, arraffona, autoreferenziale.
Ebbene rispetto a personaggi di questo tipo, anche gli stessi politici, (o almeno i politici europei) sono ben poca cosa.
Friedman, fin dagli inizi della carriera, dopo la scuola e successivamente con i suoi "discepoli" è stato uno dei maggiori consulenti del governo statunitense riguardo la politica economica interna ed estera.
Così come ha condizionato con i suoi consigli le politiche di paesi come Cile, Cina, Polonia, Russia, Sudafrica, Argentina.
Tutti questi paesi in comune hanno avuto in dote dalla "gestione" Friedman due cose, la prima è una pesante crisi del mercato e dell'economia interna, la seconda l'avvento di organi restrittivi e repressivi che limitassero le libertà individuali e sociali dei cittadini per prevenirne un'eventuale ribellione.
La cosidetta, citando Naomi Klein, "Shockterapy".
In comune inoltre, quasi tutte queste nazioni, hanno avuto un brusco cambio di governo, avvenuto spesso purtoppo, in maniera del tutto violenta ed antidemocratica.
Il Cile di Pinochet, l'Argentina di Varela, la nuova Russia, prima di Eltsin, poi di Putin, la Cina della famosa protesta di piazza Tiananmen (vedi post precedente di marzo 2009), sono il frutto della politica economica friedmaniana.
Ma ciò che è incredibile è che questo signore, visto dai più, in economia, alla stregua di un guru, ha metodicamente pianificato ciò, insieme ai governi che lo hanno assoldato per "rinnovare" la loro economia.
Un rinnovamento che spesso è costato migliaia di vite.
In alcuni casi milioni.
Un rinnovamento addirittura premiato con il premio Nobel per l'economia nel 1976.
Ma come è possibile allora che un tale personaggio abbia continuato indisturbato a portare avanti la sua visione del mondo, una visione primordiale, predatoria, spietatamente lucida?
Semplicemente perchè era la visione che molti dei governi occidentali (due su tutti quelli di U.S.A e Gran Bretagna) avallarono, dopo la stagnazione (stagflazione) economica degli anni finali della guerra fredda e che videro le vittorie dei partiti conservatori, portando per lungo tempo al governo i propri deputati.
Due su tutti?
Ronald Reagan e Margaret Thatcher, rispettivamente presidente USA e primo ministro inglese.
Dalla metà degli anni '70 alla fine degli 80, questi due paesi furono fedeli fautori della scuola friedmaniana e i risultati non tardarono ad arrivare, una disoccupazione dilagante, tra le più alte di sempre (in Gran Bretagna sopratutto), un'aumento vertiginoso delle tasse, la riduzione del costo della moneta; tutte conseguenze di politiche fatte per ridurre l'inflazione, grazie all'aumento dei tassi d'interesse.
Il problema fondamentale è che purtroppo le persone non sono numeri, ne curve o fenomeni economici e che sopratutto gli strati più bassi della società, grazie a questo modo d'intendere l'economia, sono sempre stati pesantemente colpiti.
Allora perchè continuare a proporre modelli di questo tipo?
Semplice, per rafforzare un concetto tutto individualista di creazione di un'elite; sia essa economica, culturale, politica o militare.
Questo emerge anche dalla teoria del cosiddetto "trickle-down" (dall'inglese filtrare, gocciolare sotto) ovvero quella teoria che vuole dimostrare come, se gli strati più alti di una piramide economica facciano lauti guadagni, prima o poi questi, in forma minore, passino agli strati più bassi della società che alla fine del processo ne trarrebbero benficio.
Da qui anche l'idea che il mercato debba essere deregolamentato (la famosa "deregulation", tanto invocata da Bossi in Italia ad esempio, seppur in maniera diversa), in modo da permettere alle grandi aziende di poter investire come e dove gli pare, senza o quasi importanti tassazioni e restrizioni.
Il problema è che molte delle multinazionali che hanno usufruito di questo beneficio sono diventate come dei grandi "reami di potere economico", che decidono dove investire i loro immensi capitali, fregandosene di chi lasciano per strada (ad esempio con le numerose "esternalizzazioni" degli anni '90), vedi milioni di lavoratori, per sfruttarne altri in paesi dove la manodopera e le materie prime sono più a basso costo, creando in questi ultimi, si lavoro (più che sottopagato), ma anche sfruttamento, inquinamento, conflitti armati, terrorismo, rivolte, fame, malattie.
Inutile dire che il tanto vituperato e atteso "gocciolamento" c'è stato eccome, ma non per i poveri disgraziati alla base della piramide, che hanno continuato ad esserlo, ma per i soliti pochi eletti che hanno immensamente aumentato le proprie già enormi fortune.
Un gocciolare oltre la forza di gravità, univoco e verso la punta della piramide.
Si calcola infatti che la parte più ricca dell'umanità del pianeta, in questi anni di governo "friedmaniano" abbia accresciuto la sua fortuna aumentando il divario tra ricchi e poveri.
Un esempio?
Gli abitanti dei venti paesi più ricchi nel 1962 guadagnavano cinquantaquattro volte il reddito degli abitanti dei venti paesi più poveri, nel 2002 il reddito dei paesi ricchi superava quello dei paesi poveri di ben centoventuno volte.
In compenso sono morte milioni di persone, anche grazie a conflitti ad hoc destabilizzanti (Falkland, Cecenia) o di puro bisogno economico (vedi l'Iraq e l'Afghanistan dell'ultima era Bush jr.) che hanno permesso immensi guadagni con opere di distruzione e poi ricostruzione.
Ovviamente in appalto alle solite multinazionali che prima vendono armi per distruggere e poi si occupano di ricostruire ciò che hanno raso al suolo, senza minimamente condividere gli introiti con la forza lavoro o le aziende del paese occupante.
Friedman è stato più o meno l'artefice consapevole di tutto ciò, insieme ai governi conservatori di tutto il mondo.
Forse converrebbe prendere coscienza che ciò che vediamo nei media è frutto di una realtà "parallela" foraggiata da governi e centri di potere di lobby economiche, sempre più intoccabili e al di sopra della legislazione delle società democratiche.
Ma sopratutto prendere coscienza che l'unica arma possibile che abbiamo, noi, piccole formiche di fronte agli elefanti che sono le multinazionali, è quella del boicottaggio di marche e prodotti, che in qualche maniera sono causa delle sofferenze del terzo mondo e dell'inquinamento dell'ambiente.
Tutto questo potrebbe sembrare risibile o infantilmente ingenuo, ma la crisi economica in cui oggi ci troviamo, per colpa di un errato e dissennato modello di sviluppo rischia di riportarci duramente alla realtà delle cose.
Il capitalismo ha fallito, semplicemente, così come ha fallito una sua applicazione democratica.
Chi detiene il potere economico nella quasi totalità dei casi detiene anche il potere politico ed è ovvio che, quando gli interessi privati si intrecciano con quelli pubblici, non ne nasce nulla di buono.
Per quale motivo infatti una società privata, nata per fare utile e per "portare a casa il risultato economico" prima di tutto, dovrebbe avere interesse a condividere il proprio guadagno con la totalità dei contribuenti?
Ecco che allora la statalizzazione di alcuni enti pubblici di primaria importanza, fino a pochi mesi fa, considerata alla stregua di una misura comunista delle più radicali, torna di moda.
Se poi, anche nella liberalissima America di Obama, si pensa ad un sistema sanitario anche solo in parte pubblico, si può facilmente capire come i tempi siano cambiati, ma anche, vista l'agguerrita risposta repubblicana, nei confronti del primo presidente nero, di come i centri di potere e le lobbies, abbiano ancora ben chiara in mente la lezione di Friedman.
Analizzare oggi il peso del pensiero di Friedman e della scuola di Chicago nella storia recente ci può forse aiutare a capire le cause di una crisi economica dilagante, che in molti ci vogliono presentare come un male inevitabile, ma che invece al contrario era la prevedibile conclusione di una gestione capitalistica dei mercati, una gestione che in maniera forse addirittura peggiore dei vecchi totalitarismi, ha provocato e continua a provocare una scia di povertà, cataclismi ambientali e morte.
martedì 1 dicembre 2009
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