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lunedì 9 novembre 2009

Il bambino e l'acqua sporca. Ipocrisia sul 1989.


9 novembre 1989.
Avevo nove anni nemmeno compiuti.
Tra un gioco e l'altro, mezzo bombardato dalla prima televisione commerciale italiana, probabilmente, stavo giocando con qualche giocattolo all'ultima moda del tempo, simulacro dell'allora "superomismo" americano,  in cui è cresciuta la mia generazione;  quando sullo schermo della mia  tv accesa passavano le immagini di una cosa senza (almeno all'epoca, per me) senso.
Tante persone a cavallo di un muro di cemento, pieno di graffiti,  tutti felici, chi con in mano un martello, chi un piccone, chi abbracciato ad un familiare, ad un amico, piangeva (dopo l'ho capito) lacrime di gioia.
Quei pochi tedeschi che conoscevo,  di vista, in Italia, nel mio piccolo paesino di provincia, impazziti di  felicità.
Immagini, che in quello schermo, in quell'anno si mischiavano con altre, sempre sensazionali e strane, immagini di giovani di fronte a carrarmati, immagini di statue di uomini barbuti che cadevano, parole come comunismo, socialismo, sulla bocca di tutti, URSS, Gorbaciov, cadute, fine, guerra fredda, cortina di ferro, NATO.
Il totalitarismo sconfitto.
1989 la fine di un'epoca.
Fine della "minaccia rossa", fine dei lacci che limitavano la libertà, libertà di pensiero, libertà di movimento.
L'inizio di una nuova era per l'umanità.
Crescendo, ho imparato ad avere naturale diffidenza per le cose e oggi quello che mi pareva così ovvio, così semplicemente assodato, ha tutta un'altra valenza.
Oggi il 1989, sembra un vecchio diorama di forme di vita in estinte, grimaldello usato per ricordare a tutti come, tutto quello che è fuori del "pensiero unico", sia "il male".
Il 1989,  sintesi ed emblema delle atrocità del comunismo, la DDR, le dacie, l'economia pianificata, tutto spazzato via, come in un ipotetico Rocky IV,  film in cui "l'America" reaganiana, vinceva il male di tutti i mali, il comunismo.
Oggi, il nemico di sempre, dell'occidente, del capitalismo dei disastri, non esiste più, c'hanno insegnato che il comunismo ormai è l'appiglio di pochi, ciechi, nostalgici adepti.
Ebbene, dato ciò, data la scomparsa della minaccia suprema, il mondo oggi, dovrebbe essere migliore.
Il muro di Berlino l'esempio, di quell'atto di libertà, come piazza Tian Anmen, per la Cina.
Nulla di più falso.
Le celebrazioni di oggi hanno il sapore della menzogna.
Di chi, sul carro dei vincitori, racconta solo una parte della verità.
I muri esistono eccome, ancora oggi, negli USA, in Israele, nei paesi dell'Africa, non più per difendersi dai comunisti, ma dagli immigrati, dai poveri, dai disgraziati, che l'economia di mercato dei vincenti di ieri, ha messo in ginocchio.
"I polacchi non morirono subito, ma inginocchiati agli ultimi semafori, rifacevano il trucco alle troie di regime" - cantava il grande Fabrizio de Andrè, in quello splendido affresco sulla frettolosa rimozione del comunismo, post 89, che è "La Domenica dell Salme".
Infatti, Solidarnosc, sindacato polacco di operai che protestava contro il regime, i russi post comunismo, un po' tutti i popoli dell'est, immolati sull'altare della "liberazione", hanno fatto appunto quella fine lì.
Si sono convertiti frettolosamente ad un'altro credo, forse ancora più spietato, senza gulag, ma altrettanto feroce, quello dell'economia libera di mercato.
Del "lasseiz faire".
Quello della shockterapia economica, un credo che parlava di libertà, di diritti, ma che invece mirava a scambiare una parola vuota, con un frullatore, un'asciugacapelli, un'auto, un marchio nuovo.
Spazzato via Lenin, subito lo si sostituisce con Ronald McDonald, crollano le ideologie, nasce la mitica globalizzazione, delle "bolle economiche", delle dot.com, via il grigiore indistinto dell'uguaglianza, la libertà ha il sapore dolciastro della Coca Cola, rimbomba nel cervello come la musica pop sparata da un piccolo Walkman, ha le vesti di una modella su una passerella, sfacciatamente proiettata verso il futuro.
Nel 2009, il muro di Berlino, nonostante le pompose manifestazioni, ridondanti, volte a mistificare, solo una parte del cielo sulla città tedesca, appaiono più come il tentativo maldestro di rafforzare l'impero che crolla che invece un convinto plauso alla libertà finalmente conquistata.
Vent'anni dopo, il comunismo, come si diceva è sparito, ma la libertà non è tornata; guerra, tortura, una spaventosa crisi economica hanno riportato alla realtà tutto quello che inizialmente aveva illuso milioni di persone, abbagliate frettolosamente dagli status symbol del libero mercato.
I poveri, hanno il telefonino, il televisore, ma sono ancora più poveri, la disuguaglianza è aumentata e nell'est europeo c'è già chi rimpiange la vecchia economia socialista, chi in Germania, rimpiange addirittura la DDR.
La Cina, unico "superstite" dei blocchi comunisti, ha da parecchio abbandonato l'economia pianificata, ma i diritti civili non sono migliorati, così nemmeno per la Russia di Medvedev e di Putin dove si uccidono i giornalisti come ai tempi dello stalinismo, oppure negli States, i paladini della libertà, partecipanti attivi ai peggiori governi repressivi degli anni '70 e '80hanno esportato democrazia in Afghanistan, in Iraq, a suon di bombe, hanno torturato e deportato migliaia di persone grazie al Patriot Act, hanno chiuso terroristi e innocenti, senza distinzione, a Guantanamo, ma nonostante ciò, come accade invece per il socialismo, nessuno si sogna di mettere in dubbio il capitalismo come forma economica di governo.
Eppure la crisi economica batte forte, i maghi del FMI, i geni dell'economia di mercato liberista, sono stati sbugiardati, si comincia ad intravederne le scie di sangue lungo le strade che hanno calpestato, sangue di milioni di persone immolate alla causa del "cambiamento".
Dopo l'89 in Russia per la povertà e per le repressive misure economiche del governo post comunista, sono morti circa 6,000,000 di russi.
Nessuno lo dice.
Nel frattempo abbiamo tutti, a sinistra, nei partiti ex comunisti, ex socialisti, fatto a gara a "mollare" i panni del vecchio e muffito credo rivoluzionario, considerato puerile sogno di un tempo che non c'è più.
Imbarazzati dalla primavera di Praga, dall'invasione di Budapest, abbiamo rimosso tutto, senza pensare che Dubcek, nonostante tutto, così come gli operai di Solidarnosc, o gli ex abitanti della DDR, protestavano contro il blocco sovietico,  contro il "maiale Napoleon", ma non contro gli ideali stessi del comunismo.
Abbiamo buttato via anche quanto c'era di buono nelle ideologie socialiste, come la statalizzazione di alcuni beni e diritti pubblici, abbiamo buttato, come si dice "sia il bambino che l'acqua sporca", parafrasando la dichiarazione di qualche tempo fa di Claudio Grassi.
Niente di più vero.
Chissà tra vent'anni che diremo di questo 1989.
Sarà ancora l'anno della "libertà", o magari sarà indicato come l'anno iniziale di un vent'ennio di "restaurazione"?
Quel che è sicuro, aldilà dei tristi lidi italiani, è che, rinasce un po' dovunque, grazie anche all'aumento della povertà diffusa, la voglia di un'alternativa, che in questi vent'anni è mancata.
Vincono un po' dappertutto i partiti "alternativi" alle vecchie e troppo moderate socialdemocrazie, aumentano nei consensi la LinkeD in Germania, il partito Comunista russo, le alleanze di sinistra in Portogallo, Francia, Grecia, in America Latina, "il cortile di casa" degli USA, fino a poco fa, dove vincono i Morales, i Chavez e già qualcuno parla di dittatura...
Nel 1989, finiva il comunismo, 20 anni dopo siamo ancora li a festeggiare, nel mezzo lo squallore della devastazione capitalistica, le coccarde e i sorrisi di oggi, danno sempre più la sensazione di avere davanti agli occhi un labile velo a coprire le malefatte di un sistema, che ancora oggi esibisce il trofeo di caccia, il comunismo, per distogliere lo sguardo da un vuoto d'idee e da una crisi economica sempre più spaventosi.
Arrivederci allora tra vent'anni, dove magari, parleremo di come ci siamo liberati anche dal capitalismo.


(Per l'immagine, ringrazio il grandissimo artista inglese Banksy, che generosamente elargisce le sue corrosive immagini, a patto che vengano usate senza fini di lucro) 

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