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mercoledì 1 aprile 2009

La Bastiglia di Grenoble. Sequestrati quattro manager di Caterpillar in Francia.

Geograficamente le attinenze non sono poi molte, ma le similitudini dal punto di vista dei contenuti, non sono poi così distanti.
In comune la crisi, una parte di popolo affamato, un gruppo ristretto di persone detentrici del potere economico che possono disporre delle masse a piacimento.
La notizia (ormai di ieri ndr) è comunque una notizia di quelle che sucitano grande sensazione.
Se non fosse uscita di questi tempi, si potrebbe addirittura pensare ad un clamoroso pesce d'aprile di qualche internauta in vena di scherzi e invece, tutto vero.
Quattro manager del gruppo statunitense produttore di macchine industriali per l'edilizia (ma non solo) Caterpillar, sono stati sequestrati ieri (liberati da poche ore) da un gruppo di lavoratori inferociti, che protestavano riguardo le politiche di taglio ai posti di lavoro che l'azienda americana starebbe per mettere in atto nella succursale francese.
Il disperato atto simbolico consumato ieri a Grenoble, ci riporta indietro di anni e se durante la rivoluzione francese la fortezza-prigione della Bastiglia fù uno dei simboli del crollo del potere costituito, oppressivo, fuori dalle regole, di una cerchia aristocratica ristretta; il sequestro di quattro dirigenti da parte di alcuni lavoratori trova la propria "Bastiglia" in un potere simile seppur diverso, il potere della grande Economia.
Ovvero quell'elite di persone che galleggiano su tutto il resto del mondo, decidendo di fatto con la speculazione, con l'accesso e il controllo delle materie prime e di pregio, la vita di tutti noi comuni mortali.
Un'elite non più per grado di appartenza a una particolare classe sociale, ma di fatto, comunque un'aristocrazia, o meglio un'oligarchia economica con diritto alla scelta, al lusso, che decide di tutti noi da piani altissimi, dalla loro "fortezza", appunto, fino ad oggi inespugnabile.
E allora la notizia che poche ore dopo, un'altro degli esponenti più famosi della classe dirigente francese e mondiale, Francois Henri Pinault, supermanager di Ppr gruppo multinazionale del lusso (di cui fanno parte marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Sergio Rossi, da Bottega a Balenciaga, dalla Puma alla casa d'aste Christie's) viene bloccato in auto da un centinaio di suoi lavoratori che lo costringono a rimanere chiuso dentro per circa un quarto d'ora, prima dell'arrivo della polizia; conferma lo stato di estrema tensione che sta nascendo verso gruppi e esponenti della dirigenza industriale, economica e politica nello stato francese.
Tensione e sentimento che si allarga oltre i confini della Francia per arrivare fino a Londra in Inghilterra, dove un corteo organizzato di manifestanti no global, riunitisi per protestare contro la riunione dei capi di stato del G20, dopo scontri con la polizia, ha preso d'assalto le banche della City, scatenando violenti scontri davanti alla Bank of England e riuscendo addirittura a penetrare in alcuni uffici della filiale londinese della Bank of Scotland, simboli del potere economico mondiale e colpevoli della grave crisi recessiva mondiale attuale.
Casi eclatanti che fanno rumore e che rompono il muro di gomma tra chi, dall'alto dei suoi patrimoni multimilionari decide della vita delle persone, promuovendo manovre economiche di "risanamento" (altro termine abusato) delle aziende, tramite il licenziamento di migliaia di persone, che non sono per loro, niente più di un elenco di numeri e nomi, da depennare eventualmente dalla lista a favore del "bene comune".
Se ne licenziano alcuni, se ne salvano altri, così si cerca di spostare il conflitto ad un livello individuale, dove ormai una base sindacale tradizionale sembra non bastare più a garantire i diritti dei lavoratori.
Ed ecco allora le soluzioni estreme, unica valvola di sfogo di una massa di persone, ormai sempre più estesa, emarginata dal potere decisionale, che si ribella nel momento in cui le viene negata ogni aspettativa di vita, ogni prospettiva di futuro, attraverso la perdita del posto di lavoro.
La sensazione è che da qui alla fine della recessione (avrà poi una fine così rapida come ci si aspetta?) ne vedremo delle belle e stavolta pare proprio che a salvare gli interessi delle "alte sfere" e dei grandi gruppi economici, non basterà più soltanto la propaganda.

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