Da poco si è concluso il primo congresso del PDL e dopo giorni di piccole polemiche il grande Capo, fa la pace con il suo ex alleato e probabile successore, Gianfranco Fini.
Merita una seria riflessione il fenomeno Berlusconi, un personaggio di cui si sa ormai praticamente tutto, dalla sua nascita come politico, alla sua carriera di imprenditore, spesso bistrattato dai giornalisti internazionali, ma sempre più osannato in patria.
Il successo di Berlusconi come uomo politico quindi, che sia un problema solo di noi italiani?
Sarà che il nostro popolo da sempre ha bisogno di "uomini forti"?
Chi paragona Berlusconi a Mussolini ne riconosce il simile uso della propaganda ma ne sottuvaluta le effettive capacità di comunicazione e penetrazione nella società.
Mussolini è stato la sintesi di un'epoca in cui i totalitarismi dominavano la scena politica e ebbe rapido successo non solo perchè fu appoggiato da alcuni poteri forti della borghesia e dell'industria italiana, ma anche per via di un favorevole periodo storico in cui era molto più facile fare propaganda limitando i dissidenti, in cui i mezzi d'informazione erano ancora molto limitati e rispetto ad una popolazione di persone in cui la piaga dell'analfabetismo era ancora elevatissima.
Ad oggi la situazione è assai diversa, è vero che Berlusconi dispone di un impatto mediatico ineguagliabile in qualsiasi altro paese occidentale in mano ad un privato e che lo aiuta nel processo di "catechizzazione" dei suoi sostenitori, ma è anche vero che Berlusconi è comunque nonostante le sue moltissime ombre (alcune anche molto pesanti) l'unica figura del panorama politico italiano paradossalmente credibile di fronte all'elettorato.
Questo successo si può spiegare in due punti, il primo e il più prevedibile, è quello di una totale mancanza a sinistra, di un emulo concretamente simile a un qualsiasi partito social democratico europeo, degno di dare battaglia su tematiche come quelle della laicità o del welfare al partito di Berlusconi.
La frammentazione delle sinistre d'alternativa radicali e l'inconsistenza del progetto del PD, hanno di fatto agevolato la vittoria alle elezioni del 2008 di Mister B.
Ma ciò che sorprende è, che se la vittoria del PDL alle elezioni politiche era piuttosto prevedibile, complice anche lo scoramento di una certa fetta d'elettorato di sinistra, non era certo così facile da pronosticare un'aumento esponenziale del consenso verso questa figura politica e il suo partito che in un periodo di così grande crisi, avrebbe invece potuto risentire del suo appartenere a quella schiera di imprenditori di successo, oggi nell'occhio del ciclone e imputati come maggiori colpevoli del crollo dell'economia mondiale.
Le fabbriche chiudono, la disoccupazione aumenta, rinascono forme di protesta che sembravano definitivamente andate in pensione, come il picchettaggio, ma il successo del premier non cala.
E aldilà dei suoi sondaggi esageratamente ottimistici, sbandierati dal palco del suo primo congresso di partito, non si può negare che Berlusconi stia passando un' ottimo momento di visibilità e sia addirittura stato capace di creare un gruppo coeso di politici che lo incoronano di fatto come l'indiscusso leader.
E se anche un politico come Fini, in passato spesso assai insofferente "al berlusconismo" becero e sbracato delle barzellette e delle dichiarazioni ad effetto; s'acquieta e lo ringrazia, si può facilmente capire come lo stato di salute politica del premier sia davvero ottimale.
Il secondo punto quindi è quello della penetrazione nel tessuto più largo della popolazione italiana, di una figura di successo, bonariamente caciarona, furba, che fa leva sui sentimenti più bassi (e per questo più concreti) del popolino italiano.
Dalle soubrette svestite dei suoi primi programmi nelle sue reti televisive commerciali sono passati più di vent'anni ma Berlusconi è ancora quello, su un'altro piano, in un'altro ambito, ma sempre il solito furbo comunicatore-innovatore.
Quelli che sono cambiati invece sono appunto, gli italiani, assuefatti ai suoi messaggi, alla sua simpatia istrionica, spesso usata per colmare la sua pochezza politica.
Di fatto è lui il vero "assassino " della "casta", lui che ne è il più vero compartecipe.
Più di Tangentopoli, più di Di Pietro, delle liste di cittadini, di Beppe Grillo e di tutti i detrattori della politica italiana "vecchia e ammuffita", lui sì, è il vero "Uomo Qualunque."
Il primo a parlare un linguaggio diverso, fatto di slogan e manifesti, capaci di coprire ogni nefandezza istituzionale fatta, ogni pericolosa amicizia, ogni oscuro recesso della sua storia d'imprenditore.
Non bastano avvocati condannati, amici stretti collusi con la mafia, padrini politici come l'odiato Bettino Craxi (ormai quasi riabilitato) creatori di fatto del suo impero, tutto ciò è invisibile agli occhi di un pubblico superficiale sempre più simile al suo premier.
La fine di un bel film italiano di qualche anno fa, sembra sempre più una profezia, il film è il Caimano, di Nanni Moretti.
Dove si vede all'uscita di un processo, proprio il regista che incarna la figura dell'attuale premier, portato via dagli agenti che vengono pesantemente contestati da un folto gruppo di sostenitori pronti a sfociare fino alla violenza pur di difendere il loro "protetto".
Ormai diventato un tutt'uno con loro stessi, come in un'immagine specchiata.
L'inquietante spiegazione del successo di Berlusconi sembra sempre di più questa, quella di un popolo italiano ormai identificato totalmente nel berlusconismo, nella furberia individualista, di quell'Italia che non può vedere le brutture del suo premier perchè sono le sue, le brutture dei condoni, dell'evasione fiscale, dell'agognato "piano casa" in cui potremo "allargare" l'abitabilità delle nostre abitazioni, di qualche decina di metri.
Questa è forse la grandezza vera di Silvio Berlusconi, aver capito prima di tutti quello che gli italiani sono oggi, un popolo di piccolo spessore, troppo occupato a guardarsi i piedi all'interno del loro piccolo recinto di vuote opinioni.
lunedì 30 marzo 2009
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