Se è vero che la tua fama ti precede, anche il cognome deve entrarci per forza qualcosa.
Come il più celebre Michele, don Alessandro Santoro, giovane prete della comunità dei "desaparecidos" del quartiere Le Piagge, estrema periferia fiorentina, ha la tendenza a creare scompiglio presso "l'ordine costituito".
Don Santoro, ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente ormai parecchi anni fa, circa 13, in una classe delle superiori di uno degli istituti scolastici fiorentini.
Alessandro era un giovanissimo prete, che a prima vista davvero si confondeva con i ragazzi, "fricchettoni", di quel mitico istituto d'arte.
Perennemente rasato, barba lievemente incolta, vestito di pochi indumenti, per niente appariscenti, arrivava se non ricordo male, sul suo scalcinatissimo "Ciao" (o era un Sì?) confondendosi nella massa indistinta dei ragazzi.
Ragazzi che ovviamente lo adoravano.
E credetemi, non è affatto cosa ovvia.
Don Alessandro, che immagino non sia affatto cambiato, ha un carattere per niente facile.
Non è certo il buon padre compassionevole che ti rassicura con una pacca sulla spalla, assomiglia più ad un fratello maggiore, che ti sbatte di continuo in faccia la realtà, senza tanti fronzoli.
Una di quelle persone, talmente autentiche, che empaticamente infonde rispetto.
I ragazzi apprezzavano il suo modo di mettersi alla solita altezza e anche la maniera in cui affrontava i problemi più spinosi, spesso al limite della normale posizione ecclesiastica.
Problemi però sempre concretamente attaccati alla realtà quotidiana, problemi che spesso quei ragazzi nemmeno osavano portare alle orecchie dei propri genitori.
Don Alessandro era perciò il confidente di tutti.
Dalla ribalta delle cronache devo dire che evidentemente è rimasto fedele a se stesso.
Costantemente al fianco dei diversi, delle situazioni problematiche, degli emarginati, degli ultimi.
Testardo come sempre, questa volta ha sfidato l'arcivescovo fiorentino, sposando due persone, di cui una delle due, ex transessuale, tale Sandra Alvino a Fortunato Talotta con una "simulazione di sacramento", come dice in tono dispregiativo, monsignor Betori, arcivescovo appunto della Curia fiorentina.
Un prete da sempre scomodo don Alessandro, un prete in marcia al G8 di Genova, un prete che "scrive una lettera allo spirito santo", un prete che ha sempre accolto nella sua comunità tutte quelle figure che di solito riempiono le cronache dei giornali bigotti del nostro paese, trans, gay, ragazze madri, clandestini, ladruncoli e che fanno la fortuna dei giornalisti di cronaca nera o dei moralizzatori "da pulpito".
C'è posto per tutti "sull'arca" di Alessandro.
Ovvio che qualcuno non sia soddisfatto, troppo stridente il contrasto tra chi detiene il potere ma non si sporca le mani, rispetto a chi è da sempre in prima linea, nonostante la posizione marginale.
Le Piagge nell'hinterland fiorentino infatti, sono una linea di confine, tra la bellissima città rinascimentale, vanto del mondo, e "il nulla" che è quell'indistinta area tra Campi Bisenzio, Firenze e Prato.
Area industriale, piena di "dormitori" di cemento, di disgregazione sociale, società sfilacciata, che negli anni don Alessandro si è impegnato a ricucire.
Una Barbiana dei giorni nostri, in pratica.
Uno dei tanti elementi che lo accomunano a Don Milani.
Conoscendolo un po', credo che anche si schermirebbe, sempre restio a certi illustri paragoni, che immagino la gente di continuo gli butti addosso.
Certo è proprio paradossale, "sollevato dall'incarico" perchè esercita alla lettera il messaggio evangelico.
Beh, non preoccuparti Alessandro, l'unico consiglio che mi sento di darti, in tutta umiltà, io che probabilmente nemmeno meriterei di darti consigli, è quello di prendere alla lettera un pezzo di un canto della Divina Commedia del sommo poeta fiorentino Dante, "Non ragioniam di loro ma guarda e passa", vedrai che come con Don Milani, la gente avrà sulla propria bocca e nel proprio cuore non loro, ma te.
martedì 27 ottobre 2009
Esselunga. Quando il guadagno non si ferma nemmeno con la morte.
La notizia, di ieri pomeriggio, come al solito è passata sotto silenzio sui più grandi media italiani.
Certo, ormai alle morti bianche siamo abituati, con dati che assomigliano sempre più ad un bollettino di guerra giornaliero, proveniente da una qualche nazione in conflitto.
Dati che in media negli ultimi tre anni si attestano sempre vicino ai mille morti l'anno, più o meno.
Facile quindi che con tre morti circa il giorno (dati in base al 2008) ci si trovi assuefatti a certe notizie.
Eppure lo spunto di cronaca c'era ugualmente, anche per i soliti sciacalli in cerca della notizia facile.
Peccato che se la notizia porti a spunti di riflessione, poco ipocriti e invece velenosamente critici, ci si astenga dal portarla alla ribalta delle cronache.
Nulla di nulla, ne sui quotidiani della carta stampata, anche quelli della sinistra, ne sui principali siti della rete, niente radio, tv et similia, solo qualche passaggio sull'edizione nazionale di Radio Popolare Network.
A cercare bene in rete, si rimane stupiti che nemmeno l'ANSA, citi la notizia, neppure nelle edizioni regionali della Lombardia, regione in cui è avvenuto il fatto di cronaca, nonostante rilasci il "solito bollettino di morti&incidenti" giornalieri.
Vengono dubbi addirittura che il fatto sia avvenuto davvero, poi purtroppo però, la notizia spunta, dalle pagine dell'edizione regionale del Corriere della Sera, sul sito del medesimo giornale.
Qual'è la notizia?
La notizia è questa;
Un autotrasportatore di 45 anni, Claudio B., è morto nel parcheggio di un supermercato Esselunga in via Washington a Milano. Erano le 10,40 di lunedì mattina quando l'operaio, posizionato dietro il camion per togliere dei fermi, è rimasto schiacciato dal mezzo, che si trovava su una rampa, in lieve contropendenza. Il camion, evidentemente non frenato, è arretrato schiacciando l'uomo contro il muro del magazzino. Inutili i soccorsi: il lavoratore è morto sul colpo. Il camionista era un dipendente dell'azienda trasporti Capozi.
Così scrive il corrispondente del Corriere dal luogo dell'accaduto.
La notizia non pare legata a particolari negligenze nelle norme di sicurezza, ma sembra una tragica disattenzione, probabilmente uno dei motivi per cui la notizia non ha destato molto scalpore.
Quello che è grave però, è che fino alle 14,30, su protesta di alcuni lavoratori e clienti dell'esercizio, nessuno si è preoccupato di fermare, almeno in segno di rispetto per una vita umana, la catena di vendita del supermercato.
Sembra il pluricitato luogo comune dello spettacolo "the show must go on".
All'Esselunga, evidentemente, conta più il profitto di mezza giornata che il rispetto della persona, di una persona che come tutti aveva una famiglia e una vita.
Solo alle 17,00 e solo grazie alla protesta suddetta, il ciclo di vendita si è fermato.
Spiace dover prendere atto di come questo evento sia l'ennesima dimostrazione del pericoloso arretramento dei diritti del lavoro e dello scadimento morale e sociale dei luoghi di lavoro, dominati solo da logiche di profitto per cui, un lavoratore non è molto dissimile da un numero su un foglio excel.
Fa parte dell'ingranaggio.
Un'altra spiacevole pagina che si aggiunge alle numerose altre scritte in passato dall'azienda milanese, contro i diritti dei lavoratori, costantemente costretti a lavorare in condizioni di pressione e mobbing.
Azienda che si dice "dispiaciuta e vicina al cordoglio della famiglia" e "pronta a chiudere l'esercizio nel giorno dei funerali dell'operaio".
Se lo dicono loro c'è da fidarsi, in fondo il catalogo premi dell'azienda si chiama "Fidaty".
(Per l'immagine del fotomontaggio, immagine libera, si ringrazia il sito: http://subvertising.noblogs.org/)
Certo, ormai alle morti bianche siamo abituati, con dati che assomigliano sempre più ad un bollettino di guerra giornaliero, proveniente da una qualche nazione in conflitto.
Dati che in media negli ultimi tre anni si attestano sempre vicino ai mille morti l'anno, più o meno.
Facile quindi che con tre morti circa il giorno (dati in base al 2008) ci si trovi assuefatti a certe notizie.
Eppure lo spunto di cronaca c'era ugualmente, anche per i soliti sciacalli in cerca della notizia facile.
Peccato che se la notizia porti a spunti di riflessione, poco ipocriti e invece velenosamente critici, ci si astenga dal portarla alla ribalta delle cronache.
Nulla di nulla, ne sui quotidiani della carta stampata, anche quelli della sinistra, ne sui principali siti della rete, niente radio, tv et similia, solo qualche passaggio sull'edizione nazionale di Radio Popolare Network.
A cercare bene in rete, si rimane stupiti che nemmeno l'ANSA, citi la notizia, neppure nelle edizioni regionali della Lombardia, regione in cui è avvenuto il fatto di cronaca, nonostante rilasci il "solito bollettino di morti&incidenti" giornalieri.
Vengono dubbi addirittura che il fatto sia avvenuto davvero, poi purtroppo però, la notizia spunta, dalle pagine dell'edizione regionale del Corriere della Sera, sul sito del medesimo giornale.
Qual'è la notizia?
La notizia è questa;
Un autotrasportatore di 45 anni, Claudio B., è morto nel parcheggio di un supermercato Esselunga in via Washington a Milano. Erano le 10,40 di lunedì mattina quando l'operaio, posizionato dietro il camion per togliere dei fermi, è rimasto schiacciato dal mezzo, che si trovava su una rampa, in lieve contropendenza. Il camion, evidentemente non frenato, è arretrato schiacciando l'uomo contro il muro del magazzino. Inutili i soccorsi: il lavoratore è morto sul colpo. Il camionista era un dipendente dell'azienda trasporti Capozi.
Così scrive il corrispondente del Corriere dal luogo dell'accaduto.
La notizia non pare legata a particolari negligenze nelle norme di sicurezza, ma sembra una tragica disattenzione, probabilmente uno dei motivi per cui la notizia non ha destato molto scalpore.
Quello che è grave però, è che fino alle 14,30, su protesta di alcuni lavoratori e clienti dell'esercizio, nessuno si è preoccupato di fermare, almeno in segno di rispetto per una vita umana, la catena di vendita del supermercato.
Sembra il pluricitato luogo comune dello spettacolo "the show must go on".
All'Esselunga, evidentemente, conta più il profitto di mezza giornata che il rispetto della persona, di una persona che come tutti aveva una famiglia e una vita.
Solo alle 17,00 e solo grazie alla protesta suddetta, il ciclo di vendita si è fermato.
Spiace dover prendere atto di come questo evento sia l'ennesima dimostrazione del pericoloso arretramento dei diritti del lavoro e dello scadimento morale e sociale dei luoghi di lavoro, dominati solo da logiche di profitto per cui, un lavoratore non è molto dissimile da un numero su un foglio excel.
Fa parte dell'ingranaggio.
Un'altra spiacevole pagina che si aggiunge alle numerose altre scritte in passato dall'azienda milanese, contro i diritti dei lavoratori, costantemente costretti a lavorare in condizioni di pressione e mobbing.
Azienda che si dice "dispiaciuta e vicina al cordoglio della famiglia" e "pronta a chiudere l'esercizio nel giorno dei funerali dell'operaio".
Se lo dicono loro c'è da fidarsi, in fondo il catalogo premi dell'azienda si chiama "Fidaty".
(Per l'immagine del fotomontaggio, immagine libera, si ringrazia il sito: http://subvertising.noblogs.org/)
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lunedì 26 ottobre 2009
Vince Bersani come da copione. Avrà un senso questa storia?
Ieri si è dunque concluso il congresso del PD e come ampiamente previsto ha vinto D'Alem...pardon, Bersani.
Gli eserciti cammellati ex DS, più una buona parte della sinistra extraparlamentare da "governo" (leggi SeL), battono Franceschini e consolidano il progetto "socialdemocratico" interno al PD, del "delfinissimo" di D'Alema.
Cosa cambia per lo scenario politico italiano?
In fatto di allenze e possibili coalizioni in effetti qualche modifica c'è, ed è Bersani stesso a dirlo per parole sue, e per dichiarazione di altri leader politici da Cesa, dell'UDC, per arrivare a Ferrero di RC.
Si perchè Bersani è un po' il rappresentante in pectore di quella corrente del PD ferma alle posizioni di un'intesa ampia in forma di coalizione di centrosinistra sul modello dell'Ulivo prima e dell'Unione poi.
Con Bersani l'idea di un partito "all'americana", fortemente voluta da Veltroni, di un partito cioè autonomo, figlio dell'impostazione bipolare della politica, è di fatto definitivamente tramontata.
Più che per reale "pentimento" di fronte a scelte passate, semplicemente per tatticismo politico.
E' fuor di dubbio che aldilà degli "sbandieramenti" di partito, sui numeri, e sul successo delle primarie, da parte della dirigenza PD, il Partito Democratico, abbia perso molto del suo appeal di fronte all'elettorato, nei confronti sopratutto dell'IDV ed è quindi arrivato il momento di rendersi conto che, per vincere, non bastano numeri da fare in solitaria, ma c'è bisogno dell'aggiunta di "aiuti esterni".
Ecco che allora dall'interno verso l'esterno, verso un ipotetico tavolo delle trattative, "il confronto sarà aperto a tutti".
Parole di Bersani stesso.
Anche alla sinistra extraparlamentare quindi, che con le dichiarazioni timidamente possibiliste del segretario del PRC, Paolo Ferrero, oggi fa un passo in avanti verso un possibile tavolo delle trattative.
Come sarà possibile far convergere in un unica alleanza politica, l'UDC e il PRC, questo sarà tutto da vedere.
Ma sopratutto sarà da vedere come questa ricerca di alleanze un po' verso tutte le latitudini politiche verrà digerita, all'interno del partito.
Che faranno i più conservatori di stampo cattolico, come Binetti, Rutelli, che su Bersani si erano espressi negativamente?
Usciranno veramente dal partito?
Ad oggi pare difficile, ma il silenzio post congresso pare solo un'amnistia in attesa di ulteriori sviluppi della scena politica, per ora bloccata.
Il grande bocciato, Franceschini, rilascia dichiarazioni distensive, ma è chiaro che nel suo entourage la delusione è tanta, così come non sarà facile la vita degli ex "fratelli" diessini, dissidenti Fassino e Veltroni, pericolosamente vicini all'esclusione dal centro del palcoscenico del Partito Democratico.
Staranno tutti buoni a sentire le soluzioni di un "leader" che in molti considerano un "fantoccio", figlio sopratutto del potere dei collegi pro D'Alema?
Ne dubito fortemente.
La risposta non si farà comunque attendere, le regionali sono dietro l'angolo e nessun paese al mondo è maestro nell'esercizio "del rimpasto politico" come l'Italia.
Gli eserciti cammellati ex DS, più una buona parte della sinistra extraparlamentare da "governo" (leggi SeL), battono Franceschini e consolidano il progetto "socialdemocratico" interno al PD, del "delfinissimo" di D'Alema.
Cosa cambia per lo scenario politico italiano?
In fatto di allenze e possibili coalizioni in effetti qualche modifica c'è, ed è Bersani stesso a dirlo per parole sue, e per dichiarazione di altri leader politici da Cesa, dell'UDC, per arrivare a Ferrero di RC.
Si perchè Bersani è un po' il rappresentante in pectore di quella corrente del PD ferma alle posizioni di un'intesa ampia in forma di coalizione di centrosinistra sul modello dell'Ulivo prima e dell'Unione poi.
Con Bersani l'idea di un partito "all'americana", fortemente voluta da Veltroni, di un partito cioè autonomo, figlio dell'impostazione bipolare della politica, è di fatto definitivamente tramontata.
Più che per reale "pentimento" di fronte a scelte passate, semplicemente per tatticismo politico.
E' fuor di dubbio che aldilà degli "sbandieramenti" di partito, sui numeri, e sul successo delle primarie, da parte della dirigenza PD, il Partito Democratico, abbia perso molto del suo appeal di fronte all'elettorato, nei confronti sopratutto dell'IDV ed è quindi arrivato il momento di rendersi conto che, per vincere, non bastano numeri da fare in solitaria, ma c'è bisogno dell'aggiunta di "aiuti esterni".
Ecco che allora dall'interno verso l'esterno, verso un ipotetico tavolo delle trattative, "il confronto sarà aperto a tutti".
Parole di Bersani stesso.
Anche alla sinistra extraparlamentare quindi, che con le dichiarazioni timidamente possibiliste del segretario del PRC, Paolo Ferrero, oggi fa un passo in avanti verso un possibile tavolo delle trattative.
Come sarà possibile far convergere in un unica alleanza politica, l'UDC e il PRC, questo sarà tutto da vedere.
Ma sopratutto sarà da vedere come questa ricerca di alleanze un po' verso tutte le latitudini politiche verrà digerita, all'interno del partito.
Che faranno i più conservatori di stampo cattolico, come Binetti, Rutelli, che su Bersani si erano espressi negativamente?
Usciranno veramente dal partito?
Ad oggi pare difficile, ma il silenzio post congresso pare solo un'amnistia in attesa di ulteriori sviluppi della scena politica, per ora bloccata.
Il grande bocciato, Franceschini, rilascia dichiarazioni distensive, ma è chiaro che nel suo entourage la delusione è tanta, così come non sarà facile la vita degli ex "fratelli" diessini, dissidenti Fassino e Veltroni, pericolosamente vicini all'esclusione dal centro del palcoscenico del Partito Democratico.
Staranno tutti buoni a sentire le soluzioni di un "leader" che in molti considerano un "fantoccio", figlio sopratutto del potere dei collegi pro D'Alema?
Ne dubito fortemente.
La risposta non si farà comunque attendere, le regionali sono dietro l'angolo e nessun paese al mondo è maestro nell'esercizio "del rimpasto politico" come l'Italia.
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martedì 20 ottobre 2009
L'ora di religione. Quando la laicità non esiste.
Passano i giorni dalle polemiche sull'ora di religione scolastica estesa anche alla fede musulmana, ma il Vaticano non desiste, anzi rincara la dose e si lancia in affondi durissimi contro la laicità dello Stato italiano e della stessa Unione europea.
Infatti dopo la proposta del deputato vicino all'area di Fini nel PDL, Adolfo D'Urso, di istituire un'ora di religione "parallela" a quella cattolica nelle scuole, si alzano forti le voci di tanti esponenti del Vaticano e della Cei, oltre che dei soliti paladini dell'identità leghisti (perchè poi proprio loro che non si sentono italiani ma celtici e parlano di "tradizione" cristiana...), tutti in soccorso del povero e depauperato cristianesimo.
E se da un lato c'è chi leva gli scudi a difesa della santa sede e s'inchina al potere di quest'ultima, c'è chi, come D'Alema ad esempio, si vede "possibilista".
Insomma il solito batti e ribatti della "casta" politica, tra pro e contro rispetto ad una determinata questione, scontro asfittico di forze parallele che come sempre condurrà a nessun cambiamento.
Tutto questo sarebbe anche noioso se non fosse che, come al solito nella bagarre dei politicanti, nell'intreccio delle dichiarazioni, si perde di vista il nucleo essenziale della questione.
Sparisce cioè il tema vero alla base della polemica, il tema della laicità e della sovranità dello Stato su ogni forma di dottrina religiosa.
Se in altri paesi occidentali il problema nemmeno avrebbe risalto, in quanto una netta divisione tra Stato e religione è più che prassi consolidata, in Italia la questione assume l'immagine di una ferita aperta, impossibile da rimarginare.
La chiesa cattolica insieme a tutte le associazioni religiose strettamente legate ad essa, come Cei e CL, estende le proprie mani su gran parte del patrimonio statale italiano dalla sanità agli enti locali, per arrivare alla scuola pubblica.
Scuola pubblica che nel nostro paese è sempre stata alla mercè dei diktat ecclesiastici, vissuta tramite la quotidiana "occupazione" del Vaticano grazie all'indecente uso strumentale "dell'ora di religione", con addirittura i docenti/preti (decisi in totale autonomia dalla chiesa) a pieno carico dello Stato stesso, una scuola pubblica derubata dei propri finanziamenti, in parte utilizzati anche per le scuole private di stampo religioso, ovviamente cattoliche, vero mondo parallelo nell'istruzione scolastica italiana.
Ecco perchè ormai, nemmeno più si prende in considerazione il fatto che, qualsiasi fede religiosa è incompatibile con l'insegnamento scientifico e con una scuola che nasce per sua stessa natura come ambiente laico o probabilmente come sarebbe più corretto dire, ateo.
Ciò che è scandaloso quindi, è l'atteggiamento di certi politici che non hanno più idea di cosa sia la laicità, proprio perchè, totalmente assuefatti e perennemente proni alla volontà del Vaticano, ritengono "normale", che la scuola italiana riservi uno spazio al suo interno, almeno una volta la settimana alle dottrine religiose.
L'intera questione in realtà è un falso problema, nessuna dottrina spirituale ha l'obbligo di essere insegnata nelle scuole, sia essa cristiana, musulmana, ebraica o taoista, se non al massimo a corredo dell'insegnamento di materie come la storia e la letteratura e non regge assolutamente "la scusa" per cui, l'isegnamento della religione cattolica sia indispensabile per il semplice motivo che da sempre, tale confessione religiosa, è parte integrante della nazione italiana.
Una battaglia politica, quella per la difesa della laicità dello Stato, spesso bistrattata, considerata di poco peso e importanza ma invece fondamentale per la crescita di un paese come il nostro,
pericolosamente arretrato rispetto al resto del mondo libero, nei diritti individuali della persona, sempre ostaggio della presenza del Vaticano, spettro che aleggia sopra la vita degli italiani, da sempre, e che attraverso i patti lateranensi prima e con l'istituzione dell'otto per mille poi, da sempre condiziona tacitamente le sorti dei cittadini della nazione.
Ma oggi che l'Italia come il resto del pianeta, sta diventando una babele culturale e multirazziale, lo Stato pontificio si sente minacciato proprio in "casa sua", "aggredito" dall'esterno dalle fedi religiose dei numerosi immigrati che varcano le soglie dei confini italiani.
A questo proposito, un papa ultraconservatore come Joseph Ratzinger, sta iniziando una controffensiva contro i principali "nemici" della sovranità vaticana e, grazie alle varie organizzazioni para-vaticane, allarga "l'occupazione" di queste, in tutti i punti di controllo fondamentali della nazione, tanto che, sicuro della propria posizione entro i confini italiani, estende il suo attacco anche a livello europeo.
Sono proprio di ieri pomeriggio le parole che il pontefice elargisce verso la comunistà europea, gettando un occhio goloso, verso lo statuto dell'UE, parole che affermano come "l'Europa" sia indiscutibilmente a radice cristiana.
"Le radici cristiane dell'Europa sono una realta', non un tentativo della Chiesa di ottenere uno statuto di privilegio- e ancora - "l'ispirazione profondamente cristiana dei Padri fondatori dell'Unione', che la Chiesa 'desidera manifestare' sottolineando che ''la base dei suoi valori proviene principalmente dall'eredita' cristiana. L'Unione Europea, insiste il Pontefice, difenda la vita, l'ambiente e la famiglia tradizionale".
Ma se probabilmente a livello sovranazionale, l'unione dei paesi europei, ha in buona parte gli anticorpi giusti per difendere lo stato di diritto, nel nostro paese ciò sembra ancora oggi una cosa impossibile.
Non c'è poi, da essere fiduciosi sul futuro, quando si pensa che i principali leader politici dei due partiti più grandi della nazione, vengono o appartengono tutti in qualche maniera a organizzazioni e partiti politici vicini alle posizioni del Vaticano.
Chi salverà l'Italia dall'occupazione vaticana?
Probabilmente nessuno.
Infatti dopo la proposta del deputato vicino all'area di Fini nel PDL, Adolfo D'Urso, di istituire un'ora di religione "parallela" a quella cattolica nelle scuole, si alzano forti le voci di tanti esponenti del Vaticano e della Cei, oltre che dei soliti paladini dell'identità leghisti (perchè poi proprio loro che non si sentono italiani ma celtici e parlano di "tradizione" cristiana...), tutti in soccorso del povero e depauperato cristianesimo.
E se da un lato c'è chi leva gli scudi a difesa della santa sede e s'inchina al potere di quest'ultima, c'è chi, come D'Alema ad esempio, si vede "possibilista".
Insomma il solito batti e ribatti della "casta" politica, tra pro e contro rispetto ad una determinata questione, scontro asfittico di forze parallele che come sempre condurrà a nessun cambiamento.
Tutto questo sarebbe anche noioso se non fosse che, come al solito nella bagarre dei politicanti, nell'intreccio delle dichiarazioni, si perde di vista il nucleo essenziale della questione.
Sparisce cioè il tema vero alla base della polemica, il tema della laicità e della sovranità dello Stato su ogni forma di dottrina religiosa.
Se in altri paesi occidentali il problema nemmeno avrebbe risalto, in quanto una netta divisione tra Stato e religione è più che prassi consolidata, in Italia la questione assume l'immagine di una ferita aperta, impossibile da rimarginare.
La chiesa cattolica insieme a tutte le associazioni religiose strettamente legate ad essa, come Cei e CL, estende le proprie mani su gran parte del patrimonio statale italiano dalla sanità agli enti locali, per arrivare alla scuola pubblica.
Scuola pubblica che nel nostro paese è sempre stata alla mercè dei diktat ecclesiastici, vissuta tramite la quotidiana "occupazione" del Vaticano grazie all'indecente uso strumentale "dell'ora di religione", con addirittura i docenti/preti (decisi in totale autonomia dalla chiesa) a pieno carico dello Stato stesso, una scuola pubblica derubata dei propri finanziamenti, in parte utilizzati anche per le scuole private di stampo religioso, ovviamente cattoliche, vero mondo parallelo nell'istruzione scolastica italiana.
Ecco perchè ormai, nemmeno più si prende in considerazione il fatto che, qualsiasi fede religiosa è incompatibile con l'insegnamento scientifico e con una scuola che nasce per sua stessa natura come ambiente laico o probabilmente come sarebbe più corretto dire, ateo.
Ciò che è scandaloso quindi, è l'atteggiamento di certi politici che non hanno più idea di cosa sia la laicità, proprio perchè, totalmente assuefatti e perennemente proni alla volontà del Vaticano, ritengono "normale", che la scuola italiana riservi uno spazio al suo interno, almeno una volta la settimana alle dottrine religiose.
L'intera questione in realtà è un falso problema, nessuna dottrina spirituale ha l'obbligo di essere insegnata nelle scuole, sia essa cristiana, musulmana, ebraica o taoista, se non al massimo a corredo dell'insegnamento di materie come la storia e la letteratura e non regge assolutamente "la scusa" per cui, l'isegnamento della religione cattolica sia indispensabile per il semplice motivo che da sempre, tale confessione religiosa, è parte integrante della nazione italiana.
Una battaglia politica, quella per la difesa della laicità dello Stato, spesso bistrattata, considerata di poco peso e importanza ma invece fondamentale per la crescita di un paese come il nostro,
pericolosamente arretrato rispetto al resto del mondo libero, nei diritti individuali della persona, sempre ostaggio della presenza del Vaticano, spettro che aleggia sopra la vita degli italiani, da sempre, e che attraverso i patti lateranensi prima e con l'istituzione dell'otto per mille poi, da sempre condiziona tacitamente le sorti dei cittadini della nazione.
Ma oggi che l'Italia come il resto del pianeta, sta diventando una babele culturale e multirazziale, lo Stato pontificio si sente minacciato proprio in "casa sua", "aggredito" dall'esterno dalle fedi religiose dei numerosi immigrati che varcano le soglie dei confini italiani.
A questo proposito, un papa ultraconservatore come Joseph Ratzinger, sta iniziando una controffensiva contro i principali "nemici" della sovranità vaticana e, grazie alle varie organizzazioni para-vaticane, allarga "l'occupazione" di queste, in tutti i punti di controllo fondamentali della nazione, tanto che, sicuro della propria posizione entro i confini italiani, estende il suo attacco anche a livello europeo.
Sono proprio di ieri pomeriggio le parole che il pontefice elargisce verso la comunistà europea, gettando un occhio goloso, verso lo statuto dell'UE, parole che affermano come "l'Europa" sia indiscutibilmente a radice cristiana.
"Le radici cristiane dell'Europa sono una realta', non un tentativo della Chiesa di ottenere uno statuto di privilegio- e ancora - "l'ispirazione profondamente cristiana dei Padri fondatori dell'Unione', che la Chiesa 'desidera manifestare' sottolineando che ''la base dei suoi valori proviene principalmente dall'eredita' cristiana. L'Unione Europea, insiste il Pontefice, difenda la vita, l'ambiente e la famiglia tradizionale".
Ma se probabilmente a livello sovranazionale, l'unione dei paesi europei, ha in buona parte gli anticorpi giusti per difendere lo stato di diritto, nel nostro paese ciò sembra ancora oggi una cosa impossibile.
Non c'è poi, da essere fiduciosi sul futuro, quando si pensa che i principali leader politici dei due partiti più grandi della nazione, vengono o appartengono tutti in qualche maniera a organizzazioni e partiti politici vicini alle posizioni del Vaticano.
Chi salverà l'Italia dall'occupazione vaticana?
Probabilmente nessuno.
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domenica 18 ottobre 2009
In tanti per non cambiare. Il congresso del PD.
Finalmente l'ora è giunta.
Ottobre è arrivato e il popolo fedele del PD si appresta a scegliere il proprio candidato, dopo l'elezione dei vari delegati che voteranno al congresso.
Le primarie si sono concluse e hanno confermato che i rapporti di forza pendono ancora in favore degli ex-diessini, con il candidato delfino di D'Alema, Bersani, in buon vantaggio con il 55,1 per cento, contro il 36,9 di Franceschini e il 7,9 di Marino che consente a quest'ultimo di avere il "quorum" minimo richiesto per essere eleggibile.
Intanto così, arriva il primo dato, riguardo il congresso, fatto esclusivamente per i tesserati e non "esteso" a tutti per paura di condizionamenti esterni (in realtà per paura di non controllare la base del partito, vedi polemica legata alla candidatura del comico Beppe Grillo alla segreteria); si perchè, forse non tutti conoscono nei dettagli il macchinosissimo sistema elettivo del PD che vuole una netta distinzione tra tesserati ed elettori.
Distinzione mica da ridere, che ridimensiona molto l'idea di un partito di tutti, in cui le primarie siano il reale ed unico sitema valido per eleggere il segretario.
In realtà sono i circoli a "decidere" chi poi votare, lasciando gli "elettori" (a cui viene richiesto pure un finanziamento economico..) la "scelta" tra i nomi papabili.
Insomma, primarie si, ma su nomi decisi comunque dalle "elite" del partito.
Alla faccia della tanto sbandierata partecipazione dal basso.
Nonostante una campagna pubblicitaria con investimenti importanti a cavallo delle europee e appunto del prossimo congresso, l'immagine del Partito Democratico ha perso molto del suo fascino e nonostante al suo interno si faccia di tutto per negarlo, non sono solo i numeri di voti persi in percentuale a confermarlo.
Sorrisi in superficie, colpi bassi dietro le quinte.
Tra chi già pensa ad altro, stringendo alleanze sottobanco in vista di una fuoriuscita, vedi Rutelli, Binetti etc, a chi rivendica brogli e "cammellate" nei soliti congressi del sud Italia, in cui pare che il voto ai congressi sia un lavoro retribuito indipendentemente dal partito per cui lo si fa (vedi il congresso di Rifondazione nel 2008), come Franceschini e chi sente odore di vittoria e diplomaticamente elargisce discorsi a destra e a manca sull'unità, sul futuro e via dicendo, come nel caso di Bersani.
Purtroppo, oltre a questo rimane ben poco dal punto di vista politico, le tre "mozioni" si assomigliano tutte, le differenze sono minime, così come è ugualmente nebuloso il futuro del partito e la collocazione politica, così come le possibili alleanze con altri partiti.
All'interno di questo scenario tumultuoso navigano a vista i militanti, che sfoggiano una fedeltà antica ai limiti della cecità, dote probabilmente dovuta all'appartenenza in passato, a due dei più granitici partiti politici italiani del secolo scorso, DC e PCI.
Ma i punti programmatici che dovrebbero unire il nuovo "grande partito riformista italiano", sono poco chiari se non addirittura contradditori tra loro anche per via delle molteplici anime che compongono il partito.
Un partito che non ha, ad esempio, le idee chiare sul nucleare, che si professa ambientalista avendo al suo interno buona parte della dirigenza di Legambiente, ma poi fa dei "termovalorizzatori" (volgarmente inceneritori) il suo cavallo di battaglia, così come ha grossi problemi di identità sul tema dei diritti individuali e sul tema della laicità, avendo al suo interno addirittura personalità politche avverse all'aborto, alla ricerca sulle cellule staminali o addirittura contro le unioni omosessuali.
Per non parlare poi di lavoro e immigrazione, due temi taglienti, in cui il partito rincorre da anni i partiti del centro destra, con misure e opinioni a tratti sconcertanti.
Come spiegare questa schizofrenia di posizioni?
Banalizzando la questione si potrebbe pensare che sia semplicemente l'unione di due partiti con radici diverse, come DS e Margherita a creare una frattura sin dall'inizio, in realtà la situazione è a mio avviso più complessa e nasce dalle finalità stesse in seno al partito.
Il Partito Democratico infatti, nasce con l'obbiettivo primario di governare il paese, spostando l'asse di quest'ultimo verso una meccanica politica vicina ai modelli anglosassoni, una situazione in cui dominano due grandi partiti "contenitore", di massa, e vige la regola "dell'alternanza" tra i due poli.
Il tanto decantato "bipolarismo" o "bipartitismo".
Peccato che la scena poltica italiana sia tutt'altro che così semplice.
Nonostante l'esclusione della sinistra radicale dal parlamento, il PD non decolla, e perde voti sia dal centro moderato che nel campo più puro delle battaglie d'opposizione, rispettivamente verso UDC e IDV.
La questione è pesantemente condizionata dal fatto che il Partito Democratico nasce come soggetto riformista, in un paese in cui la divisione stato-chiesa è labile, dove non c'è nessuna esperienza reale di soggetti partitici appartenenti alla socialdemocrazia europea, dove le sirene d'oltreoceano legate al concetto bipolare della politica d'alternanza su modello statunitense, sono rumorose, ma si limitano solo a posizioni superficiali, mentre la politica vera, quella degli accordi, degli smembramenti e dei rimpasti politici è sempre molto forte e concetto dominante.
Il fatto poi, che prima di avere delle prospettive programmatiche, il partito si divida in correnti di capipopolo, assai diverse l'una dall'altra e in continua lotta per prevalere, non aiuta certo quello che dovrebbe essere l'obbiettivo finale del partito stesso, l'unità programmatica, che dovrebbe permettere la nascita reale del primo partito "riformista" d'Italia.
Un partito che dovrebbe giovarsi del sistema elettivo maggioritario perchè unica "sponda possibile" per l'elettorato, cancellando, insieme al PDL, il resto dei partitini, fuori dalla lotta a due, dei partiti maggiori, ma che invece ancora una volta ha visto come sia impensabile il governo del paese senza accordi di coalizione, (vedi Lega+PDL) e una corsa solitaria abbia solo in un primo momento aiutato il partito, ma alla lunga sia un elemento del tutto insufficiente se non addirittura deleterio.
Ecco che allora, il PD si ritrova ostaggio di se stesso, ostaggio delle sue proposte politiche, contraddittorie e inattuabili.
Paradossalmente la nascita del PD ha rafforzato la leadership di Berlusconi, che puntualmente dopo l'affossamento del secondo governo Prodi da parte di Veltroni (confronto sulla legge elettorale, nascita PD) ha rivinto le elezioni, instaurando un regime mediatico difficile da combattere.
Berlusconi ha così spostato il confronto sul territorio a lui più favorevole, quello prettamente mediatico, mettendo in netta difficoltà il PD che in campagna elettorale arrancava proponendo un programma simile a quello del premier ed escludeva ogni possibile "larga intesa" con altri partiti, non rendendosi conto che il bipolarismo all'americana tanto auspicato era in realtà un'arma a doppio taglio.
Sul tavolo la posta in gioco, dal governo del paese, rapidamente è diventata la democrazia stessa.
Per uscire dall'empasse, oggi i democratici avrebbero bisogno di un approccio e di prospettive nuove, di volti, idee, classe politica nuova.
Ma aldilà dell'immagine superficiale, coloro che muovono "i fili" del partito, sono sempre i soliti vecchi gruppi di potere ex DS e Margherita e non è un caso che forse l'unica novità tra le candidature, Ignazio Marino, sia stata mal recepita dalla base del partito.
Come dire, cambia tutto, non cambia nulla.
Mentre il PD s'interroga su quale strada prendere per uscire dal pantano, Berlusconi attacca ogni giorno la democrazia e nonostante le accuse e i soliti terremoti giudiziari, che periodicamente gli cadono addosso, rimane sempre l'unico vero protagonista indiscusso della scena politica.
Unico attore che ancora, indisturbato, continua a recitare il proprio monologo in attesa di trovare un qualsiasi avversario.
Con il congresso alle porte, indipendentemente da chi sarà il vincitore, il partito rimane un cantiere, basato su fondamenta sempre più traballanti che lascerà al prossimo timoniere, l'ingrato compito, citando lo slogan elettorale di Bersani, di trovare "un senso a questa storia".
Staranno però gli italiani ad ascoltare?
Vista la crisi mondiale di tutti i partiti socialdemocratici è lecito dubitarne.
Ottobre è arrivato e il popolo fedele del PD si appresta a scegliere il proprio candidato, dopo l'elezione dei vari delegati che voteranno al congresso.
Le primarie si sono concluse e hanno confermato che i rapporti di forza pendono ancora in favore degli ex-diessini, con il candidato delfino di D'Alema, Bersani, in buon vantaggio con il 55,1 per cento, contro il 36,9 di Franceschini e il 7,9 di Marino che consente a quest'ultimo di avere il "quorum" minimo richiesto per essere eleggibile.
Intanto così, arriva il primo dato, riguardo il congresso, fatto esclusivamente per i tesserati e non "esteso" a tutti per paura di condizionamenti esterni (in realtà per paura di non controllare la base del partito, vedi polemica legata alla candidatura del comico Beppe Grillo alla segreteria); si perchè, forse non tutti conoscono nei dettagli il macchinosissimo sistema elettivo del PD che vuole una netta distinzione tra tesserati ed elettori.
Distinzione mica da ridere, che ridimensiona molto l'idea di un partito di tutti, in cui le primarie siano il reale ed unico sitema valido per eleggere il segretario.
In realtà sono i circoli a "decidere" chi poi votare, lasciando gli "elettori" (a cui viene richiesto pure un finanziamento economico..) la "scelta" tra i nomi papabili.
Insomma, primarie si, ma su nomi decisi comunque dalle "elite" del partito.
Alla faccia della tanto sbandierata partecipazione dal basso.
Nonostante una campagna pubblicitaria con investimenti importanti a cavallo delle europee e appunto del prossimo congresso, l'immagine del Partito Democratico ha perso molto del suo fascino e nonostante al suo interno si faccia di tutto per negarlo, non sono solo i numeri di voti persi in percentuale a confermarlo.
Sorrisi in superficie, colpi bassi dietro le quinte.
Tra chi già pensa ad altro, stringendo alleanze sottobanco in vista di una fuoriuscita, vedi Rutelli, Binetti etc, a chi rivendica brogli e "cammellate" nei soliti congressi del sud Italia, in cui pare che il voto ai congressi sia un lavoro retribuito indipendentemente dal partito per cui lo si fa (vedi il congresso di Rifondazione nel 2008), come Franceschini e chi sente odore di vittoria e diplomaticamente elargisce discorsi a destra e a manca sull'unità, sul futuro e via dicendo, come nel caso di Bersani.
Purtroppo, oltre a questo rimane ben poco dal punto di vista politico, le tre "mozioni" si assomigliano tutte, le differenze sono minime, così come è ugualmente nebuloso il futuro del partito e la collocazione politica, così come le possibili alleanze con altri partiti.
All'interno di questo scenario tumultuoso navigano a vista i militanti, che sfoggiano una fedeltà antica ai limiti della cecità, dote probabilmente dovuta all'appartenenza in passato, a due dei più granitici partiti politici italiani del secolo scorso, DC e PCI.
Ma i punti programmatici che dovrebbero unire il nuovo "grande partito riformista italiano", sono poco chiari se non addirittura contradditori tra loro anche per via delle molteplici anime che compongono il partito.
Un partito che non ha, ad esempio, le idee chiare sul nucleare, che si professa ambientalista avendo al suo interno buona parte della dirigenza di Legambiente, ma poi fa dei "termovalorizzatori" (volgarmente inceneritori) il suo cavallo di battaglia, così come ha grossi problemi di identità sul tema dei diritti individuali e sul tema della laicità, avendo al suo interno addirittura personalità politche avverse all'aborto, alla ricerca sulle cellule staminali o addirittura contro le unioni omosessuali.
Per non parlare poi di lavoro e immigrazione, due temi taglienti, in cui il partito rincorre da anni i partiti del centro destra, con misure e opinioni a tratti sconcertanti.
Come spiegare questa schizofrenia di posizioni?
Banalizzando la questione si potrebbe pensare che sia semplicemente l'unione di due partiti con radici diverse, come DS e Margherita a creare una frattura sin dall'inizio, in realtà la situazione è a mio avviso più complessa e nasce dalle finalità stesse in seno al partito.
Il Partito Democratico infatti, nasce con l'obbiettivo primario di governare il paese, spostando l'asse di quest'ultimo verso una meccanica politica vicina ai modelli anglosassoni, una situazione in cui dominano due grandi partiti "contenitore", di massa, e vige la regola "dell'alternanza" tra i due poli.
Il tanto decantato "bipolarismo" o "bipartitismo".
Peccato che la scena poltica italiana sia tutt'altro che così semplice.
Nonostante l'esclusione della sinistra radicale dal parlamento, il PD non decolla, e perde voti sia dal centro moderato che nel campo più puro delle battaglie d'opposizione, rispettivamente verso UDC e IDV.
La questione è pesantemente condizionata dal fatto che il Partito Democratico nasce come soggetto riformista, in un paese in cui la divisione stato-chiesa è labile, dove non c'è nessuna esperienza reale di soggetti partitici appartenenti alla socialdemocrazia europea, dove le sirene d'oltreoceano legate al concetto bipolare della politica d'alternanza su modello statunitense, sono rumorose, ma si limitano solo a posizioni superficiali, mentre la politica vera, quella degli accordi, degli smembramenti e dei rimpasti politici è sempre molto forte e concetto dominante.
Il fatto poi, che prima di avere delle prospettive programmatiche, il partito si divida in correnti di capipopolo, assai diverse l'una dall'altra e in continua lotta per prevalere, non aiuta certo quello che dovrebbe essere l'obbiettivo finale del partito stesso, l'unità programmatica, che dovrebbe permettere la nascita reale del primo partito "riformista" d'Italia.
Un partito che dovrebbe giovarsi del sistema elettivo maggioritario perchè unica "sponda possibile" per l'elettorato, cancellando, insieme al PDL, il resto dei partitini, fuori dalla lotta a due, dei partiti maggiori, ma che invece ancora una volta ha visto come sia impensabile il governo del paese senza accordi di coalizione, (vedi Lega+PDL) e una corsa solitaria abbia solo in un primo momento aiutato il partito, ma alla lunga sia un elemento del tutto insufficiente se non addirittura deleterio.
Ecco che allora, il PD si ritrova ostaggio di se stesso, ostaggio delle sue proposte politiche, contraddittorie e inattuabili.
Paradossalmente la nascita del PD ha rafforzato la leadership di Berlusconi, che puntualmente dopo l'affossamento del secondo governo Prodi da parte di Veltroni (confronto sulla legge elettorale, nascita PD) ha rivinto le elezioni, instaurando un regime mediatico difficile da combattere.
Berlusconi ha così spostato il confronto sul territorio a lui più favorevole, quello prettamente mediatico, mettendo in netta difficoltà il PD che in campagna elettorale arrancava proponendo un programma simile a quello del premier ed escludeva ogni possibile "larga intesa" con altri partiti, non rendendosi conto che il bipolarismo all'americana tanto auspicato era in realtà un'arma a doppio taglio.
Sul tavolo la posta in gioco, dal governo del paese, rapidamente è diventata la democrazia stessa.
Per uscire dall'empasse, oggi i democratici avrebbero bisogno di un approccio e di prospettive nuove, di volti, idee, classe politica nuova.
Ma aldilà dell'immagine superficiale, coloro che muovono "i fili" del partito, sono sempre i soliti vecchi gruppi di potere ex DS e Margherita e non è un caso che forse l'unica novità tra le candidature, Ignazio Marino, sia stata mal recepita dalla base del partito.
Come dire, cambia tutto, non cambia nulla.
Mentre il PD s'interroga su quale strada prendere per uscire dal pantano, Berlusconi attacca ogni giorno la democrazia e nonostante le accuse e i soliti terremoti giudiziari, che periodicamente gli cadono addosso, rimane sempre l'unico vero protagonista indiscusso della scena politica.
Unico attore che ancora, indisturbato, continua a recitare il proprio monologo in attesa di trovare un qualsiasi avversario.
Con il congresso alle porte, indipendentemente da chi sarà il vincitore, il partito rimane un cantiere, basato su fondamenta sempre più traballanti che lascerà al prossimo timoniere, l'ingrato compito, citando lo slogan elettorale di Bersani, di trovare "un senso a questa storia".
Staranno però gli italiani ad ascoltare?
Vista la crisi mondiale di tutti i partiti socialdemocratici è lecito dubitarne.
sabato 10 ottobre 2009
Non avevamo bisogno d'Altro. Sansonetti e la pedofilia.
La notizia, che ha suscitato scalpore nei meandri della sinistra extraparlamentare, ma è quasi passata sotto silenzio nei media nazionali anche per via di tutta la serie di notizie di rilevanza superiore uscite in settimana, dal disastro di Messina al Lodo Alfano etc., è una di quelle che fanno accapponare la pelle.
Il prode Sansonetti, definito simpaticamente e non a torto da Alessandro Robecchi sul Manifesto, Sansonetti Gonfiabile, ne combina un'altra delle sue.
Pazzesco!
Direbbe dal suo blog.
Anche noi lo diciamo, pazzesco, pazzesco che uno come lui sia anche direttore di un giornale.
Ma non ormai per il suo atteggiamento cronico da "anima bella della sinistra", da soprammobile televisivo per tutte le stagioni, memorabili infatti alcune sue comparsate di contraltare a Berlusconi in cui in maniera fasulla dovrebbe ribattere al premier ma invece gli fornisce assist per risposte in cui magnificarsi...
No, nulla di tutto ciò.
Molto peggio.
L'argomento scottante infatti è la pedofilia.
Sull'edizione dell'Altro di domenica scorsa infatti in prima pagina campeggiava un bell'articolo di tale Mario Gamba a favore della "pedofilia consensuale", un articolo che si definiva unica voce fuori dal coro (e per fortuna) nel marasma indistinto di accuse piovute in questo caso sul pedofilo di turno, Roman Polanski, per un rapporto sessuale avuto nel 1977 con una tredicenne.
Bimba-ragazza evidentemente edotta verso i piaceri del sesso, perchè consenziente.
E qui casca l'asino, secondo Gamba, se un minore partecipa all'atto per sua stessa volontà, il problema non si pone più, anzi il rapporto può perfino essere gioioso, se lo si affronta "con gentilezza".
E poi se la ragazzina lo facesse con un coetaneo non sarebbe lo stesso?
Al prode Gamba consigliamo una bella doccia fredda.
Ammesso che a tredici anni si possa accedere con frequenza e autonomia ad una vita sessuale normale, personalmente dubito, che si possa avere piena consapevolezza riguardo la propria vita sessuale.
Sappiamo tutti benissimo come il sesso ugualmente alla vita sia frutto dell'esperienza, e come spesso i primi rapporti siano soltanto "approcci insoddisfacenti" in attesa di una maturità sessuale che va di pari passo con il normale sviluppo psicofisico.
Come si può quindi pensare che un tredicenne sia in una condizione di uguaglianza rispetto ad un adulto di quarant'anni?
Se anche e nel caso ci fosse un reciproco affetto e il minore fosse consenziente, come si può pensare che il livello di comprensione dell'atto sia lo stesso?
Come si può pensare che non ci sia un'evidente condizionamento da parte dell'adulto?
Ma lasciamo stare e fermiamoci qui con le disquisizioni etico morali.
Quel che più sconcerta è che Sansonetti da direttore del giornale, abbia permesso la pubblicazione di un articolo del genere con tanta leggerezza ed evidentemente, ammesso che il buon Sansonetti nemmeno legga gli articoli che pubblica sulla sua testata, sia evidentemente consenziente su certe tematiche.
Che Sansonetti fosse ambiguo riguardo una sua "predilezione" per i bambini, in molti lo sapevano tra i suoi colleghi, già ai tempi di Liberazione e in molti erano pronti a giurare che prima o poi la "questione sarebbe uscita fuori".
Inutile dire lo sconcerto e lo scompiglio che la notizia ha creato in Sinistra e Libertà, che non aveva certo bisogno, oltre ai già grossi problemi che ha, di un supplemento di polemiche.
Tutti hanno isolato Sansonetti, ma non sono mancati velenosi scambi di accuse sopratutto verso la parte dei vendoliani, colpevoli di essere "troppo aperti" a certe tematiche.
Certo è, che Sansonetti rimane bravissimo nel far parlare di se, per amenità e stupidaggini, come nel caso, ai tempi, della prima pagina di Liberazione dedicata alla vittoria di Vladimir Luxuria al noto programma televisivo "L'isola di famosi" che suscito ilarità negli avversari politici e polemiche in Rifondazione Comunista.
"Amenità" che diventano pericolosissime quando si parla dei diritti dell'infanzia, amenità di cui in Sinistra e Libertà farebbero volentieri a meno.
Il prode Sansonetti, definito simpaticamente e non a torto da Alessandro Robecchi sul Manifesto, Sansonetti Gonfiabile, ne combina un'altra delle sue.
Pazzesco!
Direbbe dal suo blog.
Anche noi lo diciamo, pazzesco, pazzesco che uno come lui sia anche direttore di un giornale.
Ma non ormai per il suo atteggiamento cronico da "anima bella della sinistra", da soprammobile televisivo per tutte le stagioni, memorabili infatti alcune sue comparsate di contraltare a Berlusconi in cui in maniera fasulla dovrebbe ribattere al premier ma invece gli fornisce assist per risposte in cui magnificarsi...
No, nulla di tutto ciò.
Molto peggio.
L'argomento scottante infatti è la pedofilia.
Sull'edizione dell'Altro di domenica scorsa infatti in prima pagina campeggiava un bell'articolo di tale Mario Gamba a favore della "pedofilia consensuale", un articolo che si definiva unica voce fuori dal coro (e per fortuna) nel marasma indistinto di accuse piovute in questo caso sul pedofilo di turno, Roman Polanski, per un rapporto sessuale avuto nel 1977 con una tredicenne.
Bimba-ragazza evidentemente edotta verso i piaceri del sesso, perchè consenziente.
E qui casca l'asino, secondo Gamba, se un minore partecipa all'atto per sua stessa volontà, il problema non si pone più, anzi il rapporto può perfino essere gioioso, se lo si affronta "con gentilezza".
E poi se la ragazzina lo facesse con un coetaneo non sarebbe lo stesso?
Al prode Gamba consigliamo una bella doccia fredda.
Ammesso che a tredici anni si possa accedere con frequenza e autonomia ad una vita sessuale normale, personalmente dubito, che si possa avere piena consapevolezza riguardo la propria vita sessuale.
Sappiamo tutti benissimo come il sesso ugualmente alla vita sia frutto dell'esperienza, e come spesso i primi rapporti siano soltanto "approcci insoddisfacenti" in attesa di una maturità sessuale che va di pari passo con il normale sviluppo psicofisico.
Come si può quindi pensare che un tredicenne sia in una condizione di uguaglianza rispetto ad un adulto di quarant'anni?
Se anche e nel caso ci fosse un reciproco affetto e il minore fosse consenziente, come si può pensare che il livello di comprensione dell'atto sia lo stesso?
Come si può pensare che non ci sia un'evidente condizionamento da parte dell'adulto?
Ma lasciamo stare e fermiamoci qui con le disquisizioni etico morali.
Quel che più sconcerta è che Sansonetti da direttore del giornale, abbia permesso la pubblicazione di un articolo del genere con tanta leggerezza ed evidentemente, ammesso che il buon Sansonetti nemmeno legga gli articoli che pubblica sulla sua testata, sia evidentemente consenziente su certe tematiche.
Che Sansonetti fosse ambiguo riguardo una sua "predilezione" per i bambini, in molti lo sapevano tra i suoi colleghi, già ai tempi di Liberazione e in molti erano pronti a giurare che prima o poi la "questione sarebbe uscita fuori".
Inutile dire lo sconcerto e lo scompiglio che la notizia ha creato in Sinistra e Libertà, che non aveva certo bisogno, oltre ai già grossi problemi che ha, di un supplemento di polemiche.
Tutti hanno isolato Sansonetti, ma non sono mancati velenosi scambi di accuse sopratutto verso la parte dei vendoliani, colpevoli di essere "troppo aperti" a certe tematiche.
Certo è, che Sansonetti rimane bravissimo nel far parlare di se, per amenità e stupidaggini, come nel caso, ai tempi, della prima pagina di Liberazione dedicata alla vittoria di Vladimir Luxuria al noto programma televisivo "L'isola di famosi" che suscito ilarità negli avversari politici e polemiche in Rifondazione Comunista.
"Amenità" che diventano pericolosissime quando si parla dei diritti dell'infanzia, amenità di cui in Sinistra e Libertà farebbero volentieri a meno.
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giovedì 8 ottobre 2009
E' tornato sulla terra. Berlusconi torna comune mortale.
Ancora una volta nell'occhio del ciclone.
Silvio Berlusconi, nonostante mesi di polemica con la stampa, la magistratura e gli oppositori politici, deve continuare a difendersi da uno dei tanti "j'accuse" che gli sono piovuti in questi giorni addosso.
Tornano d'attualità il Lodo Alfano e sopratutto il Lodo Mondadori, strettamente connessi l'uno altro, ma sopratutto strettamente connessi alle sorti politiche del premier.
La consulta della corte costituzionale, nonostante la mollezza vile del capo dello stato, Napolitano, che anche sullo scudo fiscale ha confermato la sua pochezza istituzionale; ha respinto la legge chiamata appunto "Lodo Alfano", dichiarandola incostituzionale con 6 voti contro 4.
Ma cos'è il Lodo Alfano?
Il lodo è appunto, una legge, che rende le prime quattro cariche dello stato immuni da procedimenti penali nei loro confronti o che consente di sospendere processi attualmente in corso.
E' ovviamente inutile che vi dica per quale motivo, il governo abbia spinto così tanto nel tentativo di far approvare questa legge, è talmente palese.
L'ennesima legge ad personam pro Berlusconi.
Una legge che avrebbe fermato tre procedimenti principali a carico del premier uno è quello legato alla corruzione dell'avvocato Mills (condannato a quattro anni e sei mesi), uno per la compravendita di alcuni diritti televisivi per ricavarne fondi neri, e per il caso del celeberrimo Lodo Mondadori, in cui lo stesso Berlusconi avrebbe corrotto dei giudici perchè decidessero in un arbitrato stabilito, a suo favore per l'acquisto dell'omonima casa editrice.
Con il respingimento di ieri infatti, del Lodo Alfano, Berlusconi sarebbe costretto a risarcire l'imprenditore De Benedetti, ex azionista di maggioranza della Mondadori, con una cifra di circa 750 milioni di euro, come da sentenza emessa dalla corte di cassazione nel 2007.
Se probabilmente la cifra, per un imprenditore del calibro di Berlusconi, non è certo irrisoria ma comunque ampiamente facile come colpo da "incassare", molto meno lo è il suo ridimensionamento politico.
Intervistato ieri sera dai giornalisti, il premier è parso visibilmente scosso, affanato nel rispondere e assai nervoso; segno evidente che il colpo è arrivato dove fa più male.
Il re non solo è nudo, ma è anche tornato dalla sua dimensione di semi-dio, è tornato ad essere un cittadino come tutti gli altri, perdendo quell'alone d'invicibilità che l'ha accompagnato per mesi.
Che sia il segno di un'irreversibile caduta a precipizio?
Personalmente non credo, è me lo fanno pensare le dichiarazioni ambigue degli alleati politici di Berlusconi (Fini, Bossi) e dei cosiddetti oppositori, D'Alema etc, che "smontano" un po' la questione. Nessuno infatti, a parte il solito Di Pietro e per la lista anticapitalista Ferrero (promotore tra l'altro anche di una raccolta di firme appoggiata dallo stesso ex giudice, contro il lodo, di grande successo) chiede le dimissioni del premier, tutti invitano comunque a continuare il lavoro come se nulla fosse e invitano "soltanto" a farsi giudicare.
Il perchè è presto detto, nessuno senza la figura dell'ormai onnipresente ometto di Arcore sa come muoversi, tutti presi comunque, a ruotargli intorno come tanti satelliti ad un pianeta, chi perso in scontri interni tra alleati, chi all'interno del guado del congresso del proprio partito come nel caso del PD.
L'orizzonte politico è tumultuoso, si cercano nuovi accordi in vista di eventuali elezioni anticipate, si verificano rapporti di forza all'interno dei partiti nel tentativo di consolidare nuove leadership.
Intanto il premier si dibatte come un animale ferito, peccato che nessuno si degni di dargli il colpo di grazia, come già successo in passato.
Più delle dichiarazioni dello stesso Berlusconi, su Napolitano, la corte costituzionale e i suoi membri o sulla magistratura, ritengo ancora più pericoloso per la democrazia il percorso intrapreso quasi trasversalmente dalla classe politica italiana.
Un percorso che vede la democrazia come optional al "leaderismo" di certi politici, sia Berlusconi o qualsiasi altro.
Basterà un Berlusconi in meno a far rinascere la politica in Italia?
Una poltica che sia prima morale, che tatticismo, che non sia autoreferenziale e espressione diretta della volontà popolare senza filtri?
Penso proprio che sia lecito dubitarne.
Ho l'impressione che Berlusconi non sia il reale "cancro" del paese, ma purtroppo solo la sua massima espressione.
In attesa della fine del premier e della sua dittatura "morbida", intanto prendiamo quel che dovrebbe essere scontato, come il respingimento di una legge anticostituzionale, per una piccola vittoria della democrazia.
Nella speranza che non sia una vittoria di Pirro.
Silvio Berlusconi, nonostante mesi di polemica con la stampa, la magistratura e gli oppositori politici, deve continuare a difendersi da uno dei tanti "j'accuse" che gli sono piovuti in questi giorni addosso.
Tornano d'attualità il Lodo Alfano e sopratutto il Lodo Mondadori, strettamente connessi l'uno altro, ma sopratutto strettamente connessi alle sorti politiche del premier.
La consulta della corte costituzionale, nonostante la mollezza vile del capo dello stato, Napolitano, che anche sullo scudo fiscale ha confermato la sua pochezza istituzionale; ha respinto la legge chiamata appunto "Lodo Alfano", dichiarandola incostituzionale con 6 voti contro 4.
Ma cos'è il Lodo Alfano?
Il lodo è appunto, una legge, che rende le prime quattro cariche dello stato immuni da procedimenti penali nei loro confronti o che consente di sospendere processi attualmente in corso.
E' ovviamente inutile che vi dica per quale motivo, il governo abbia spinto così tanto nel tentativo di far approvare questa legge, è talmente palese.
L'ennesima legge ad personam pro Berlusconi.
Una legge che avrebbe fermato tre procedimenti principali a carico del premier uno è quello legato alla corruzione dell'avvocato Mills (condannato a quattro anni e sei mesi), uno per la compravendita di alcuni diritti televisivi per ricavarne fondi neri, e per il caso del celeberrimo Lodo Mondadori, in cui lo stesso Berlusconi avrebbe corrotto dei giudici perchè decidessero in un arbitrato stabilito, a suo favore per l'acquisto dell'omonima casa editrice.
Con il respingimento di ieri infatti, del Lodo Alfano, Berlusconi sarebbe costretto a risarcire l'imprenditore De Benedetti, ex azionista di maggioranza della Mondadori, con una cifra di circa 750 milioni di euro, come da sentenza emessa dalla corte di cassazione nel 2007.
Se probabilmente la cifra, per un imprenditore del calibro di Berlusconi, non è certo irrisoria ma comunque ampiamente facile come colpo da "incassare", molto meno lo è il suo ridimensionamento politico.
Intervistato ieri sera dai giornalisti, il premier è parso visibilmente scosso, affanato nel rispondere e assai nervoso; segno evidente che il colpo è arrivato dove fa più male.
Il re non solo è nudo, ma è anche tornato dalla sua dimensione di semi-dio, è tornato ad essere un cittadino come tutti gli altri, perdendo quell'alone d'invicibilità che l'ha accompagnato per mesi.
Che sia il segno di un'irreversibile caduta a precipizio?
Personalmente non credo, è me lo fanno pensare le dichiarazioni ambigue degli alleati politici di Berlusconi (Fini, Bossi) e dei cosiddetti oppositori, D'Alema etc, che "smontano" un po' la questione. Nessuno infatti, a parte il solito Di Pietro e per la lista anticapitalista Ferrero (promotore tra l'altro anche di una raccolta di firme appoggiata dallo stesso ex giudice, contro il lodo, di grande successo) chiede le dimissioni del premier, tutti invitano comunque a continuare il lavoro come se nulla fosse e invitano "soltanto" a farsi giudicare.
Il perchè è presto detto, nessuno senza la figura dell'ormai onnipresente ometto di Arcore sa come muoversi, tutti presi comunque, a ruotargli intorno come tanti satelliti ad un pianeta, chi perso in scontri interni tra alleati, chi all'interno del guado del congresso del proprio partito come nel caso del PD.
L'orizzonte politico è tumultuoso, si cercano nuovi accordi in vista di eventuali elezioni anticipate, si verificano rapporti di forza all'interno dei partiti nel tentativo di consolidare nuove leadership.
Intanto il premier si dibatte come un animale ferito, peccato che nessuno si degni di dargli il colpo di grazia, come già successo in passato.
Più delle dichiarazioni dello stesso Berlusconi, su Napolitano, la corte costituzionale e i suoi membri o sulla magistratura, ritengo ancora più pericoloso per la democrazia il percorso intrapreso quasi trasversalmente dalla classe politica italiana.
Un percorso che vede la democrazia come optional al "leaderismo" di certi politici, sia Berlusconi o qualsiasi altro.
Basterà un Berlusconi in meno a far rinascere la politica in Italia?
Una poltica che sia prima morale, che tatticismo, che non sia autoreferenziale e espressione diretta della volontà popolare senza filtri?
Penso proprio che sia lecito dubitarne.
Ho l'impressione che Berlusconi non sia il reale "cancro" del paese, ma purtroppo solo la sua massima espressione.
In attesa della fine del premier e della sua dittatura "morbida", intanto prendiamo quel che dovrebbe essere scontato, come il respingimento di una legge anticostituzionale, per una piccola vittoria della democrazia.
Nella speranza che non sia una vittoria di Pirro.
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domenica 4 ottobre 2009
Se questo è un uomo. Augusto Minzolini.
Ieri a Roma, in Piazza del Popolo c'è stata la tanto attesa manifestazione a favore della libertà di stampa e d'informazione nel nostro paese.
Una manifestazione molto partecipata, non solo dalla gente comune, ma anche dai partiti politici di opposizione e della sinistra extraparlamentare, che hanno voluto ribadire come nel nostro paese ci sia una pericolosa spirale in avvitamento, sempre più verso il basso; contro la libertà d'espressione dei giornalisti e delle testate editoriali.
Alla manifestazione, assolutamente ben riuscita con circa 300.000 presenze e gli interventi di famosi giornalisti e scrittori, tra cui anche Roberto Saviano; si è ben ben guardato dal partecipare l'attuale direttore del TG1 Augusto Minzolini.
Fin qui nulla di scandaloso, la libertà d'espressione è anche la libertà di non esprimersi affatto, di non partecipare.
Peccato che poi, in prima serata il direttore del TG1 confezioni un editoriale (vedi qui il video) ad hoc in cui denigra la manifestazione, cioè trasforma un fatto in un'opinione, facendo diventare un telegiornale, cioè un bollettino di fatti di cronaca e informazioni che dovrebbero essere presentati nudi e crudi; un programma di approfondimento, in cui lui, da garante super partes quale dovrebbe essere, diventa opininonista.
Immaginate a favore di chi?
Dell'attuale presidente del consiglio, ovvio.
Se non fosse un'episodio grave, ci sarebbe di che ridere; affermare dal proprio pulpito televisivo che la libertà d'informazione non manca, dicendo che in questi mesi i giornali hanno strumentalizzato volutamente alcuni casi di cronaca è proprio un singolare paradosso.
Le dichiarazioni di Minzolini sono il reagente che colora la striscia della cartina tornasole del dubbio, il nostro paese è in pericolo e se non vige ancora un regime politico a tutti gli effetti, è palese che invece per quanto riguarda l'informazione libera gli spazi sono sempre più ristretti e monopolizzati da Berlusconi, padrone ormai di tutta l'informazione via etere.
Qualche deputato della Lega nelle settimane scorse aveva gridato allo scandalo nei confronti di Anno zero, trasmissione definita "di parte", chiedendo per protesta ai propri militanti di non pagare più il canone Rai.
Chissà se la proposta è ancora valida anche per il TG di Minzolini?
Nel caso, il sottoscritto l'accoglie volentieri.
Una manifestazione molto partecipata, non solo dalla gente comune, ma anche dai partiti politici di opposizione e della sinistra extraparlamentare, che hanno voluto ribadire come nel nostro paese ci sia una pericolosa spirale in avvitamento, sempre più verso il basso; contro la libertà d'espressione dei giornalisti e delle testate editoriali.
Alla manifestazione, assolutamente ben riuscita con circa 300.000 presenze e gli interventi di famosi giornalisti e scrittori, tra cui anche Roberto Saviano; si è ben ben guardato dal partecipare l'attuale direttore del TG1 Augusto Minzolini.
Fin qui nulla di scandaloso, la libertà d'espressione è anche la libertà di non esprimersi affatto, di non partecipare.
Peccato che poi, in prima serata il direttore del TG1 confezioni un editoriale (vedi qui il video) ad hoc in cui denigra la manifestazione, cioè trasforma un fatto in un'opinione, facendo diventare un telegiornale, cioè un bollettino di fatti di cronaca e informazioni che dovrebbero essere presentati nudi e crudi; un programma di approfondimento, in cui lui, da garante super partes quale dovrebbe essere, diventa opininonista.
Immaginate a favore di chi?
Dell'attuale presidente del consiglio, ovvio.
Se non fosse un'episodio grave, ci sarebbe di che ridere; affermare dal proprio pulpito televisivo che la libertà d'informazione non manca, dicendo che in questi mesi i giornali hanno strumentalizzato volutamente alcuni casi di cronaca è proprio un singolare paradosso.
Le dichiarazioni di Minzolini sono il reagente che colora la striscia della cartina tornasole del dubbio, il nostro paese è in pericolo e se non vige ancora un regime politico a tutti gli effetti, è palese che invece per quanto riguarda l'informazione libera gli spazi sono sempre più ristretti e monopolizzati da Berlusconi, padrone ormai di tutta l'informazione via etere.
Qualche deputato della Lega nelle settimane scorse aveva gridato allo scandalo nei confronti di Anno zero, trasmissione definita "di parte", chiedendo per protesta ai propri militanti di non pagare più il canone Rai.
Chissà se la proposta è ancora valida anche per il TG di Minzolini?
Nel caso, il sottoscritto l'accoglie volentieri.
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sabato 3 ottobre 2009
Passa lo scudo fiscale. Grazie a PD e UDC.
Il tanto contestato scudo fiscale, proposto dal ministro per l'economia Giulio "Mister Condono", Tremonti, che permetterà il rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente all'estero con il pagamento di un'imposta una tantum del solo 5%, più l'estensione dei benefici al falso in bilancio e ad altri reati tributari e fiscali dei quali viene dunque prevista la non punibilità e la totale assenza di controllo; era in votazione ieri alla camera.
Provvedimento, quello dello scudo fiscale che ha creato più di un commento sdegnato da parte del mondo politico italiano e seria preoccupazione in ambito europeo, presso gli organi competenti per l'economia, riguardo il rischio latente (ma nemmeno troppo) di collegamento con attività di tipo illegale, di stampo anche mafioso, come nel caso del riciclaggio di denaro.
Ebbene, dopo tutta una serie di polemiche e commenti scandalizzati da parte dell'opposizione (ma dobbiamo ancora chiamarla così?), il tanto vituperato scudo ce l'ha fatta, è passato.
Contando la forza dei numeri del governo Berlusconi sembrerebbe un fatto ampiamente prevedibile, peccato che poi, si scopra che gli assenti nelle file del governo siano stati 35 (buona parte di An, probabilmente legata a Fini) e che sarebbe stato possibile un clamoroso ribaltone, una clamorosa bocciatura del provvedimento.
Peccato anche, che poi si scopra che in parlamento le cosiddette "opposizioni" siano in difetto di ben 29 deputati, 22 del PD, 6 dell'UDC, 1 per l'IDV.
Paradossale inoltre che il provvedimento sia passato solo con 20 voti di scarto a favore, segno evidente che sarebbe bastato molto poco e un'attenta lettura dei meccanismi elettivi in aula, per bocciare quest'insulto legislativo.
Un'insulto legislativo che come al solito premia i disonesti, i mafiosi, gli evasori fiscali, i più ricchi nei confronti dei meno abbienti.
Ebbene, vediamola la lista dei magnifici 29, nel dettaglio dei cognomi:
PD
Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Marianna Madia (assente perché si è dovuta sottoporre ad un importante accertamento medico), Margherita Mastromauro, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas, Sergio D'Antoni (quest'ultimo ha reso noto che la sua assenza era dovuta alla necessità di sottoporsi a ricovero urgente per accertamenti medici presso la clinica universitaria Sant'Orsola Malpighi di Bologna) e Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli (tutti e tre impegnati a Madrid per seguire, per conto del Partito Democratico e del gruppo parlamentare che aveva autorizzato la missione, i lavori del Convegno «Global Progress Conference».
UDC
Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri
IDV
Aurelio Misiti
Come vedete solo cinque del gruppo sono i "giustificati" e solo due per apparenti seri motivi di salute, il numero quindi, se la matematica come si dice, non è un'opinione, era comunque sufficiente (24 contro 20) escludendo anche i giustificati, per bocciare il provvedimento.
Già si levano voci indignate dagli stessi partiti, per le defezioni dei loro eletti, ma sembrano decisamente insufficienti di fronte ad un'episodio così importante e incredibilmente imbarazzante per gli stessi partiti coinvolti.
E se Franceschini si spertica nel lanciare minacciosi propositi punitivi nei confronti dei ""disertori", Casini tace e Di Pietro, nonostante anch'esso abbia una defezione tra le sue fila, gioisce e incalza, sentendosi sempre più l'unico in diritto di poter fregiarsi dell'appellativo di "oppositore" vero al governo Berlusconi.
In una situazione così disastrata a sinistra del governo si sente sempre più la mancanza di una reale alternativa di sinistra contro l'indistinto pout pourrì bipolare del parlamento italiano.
Possibile che dopo il successo della Linke in Germania, dei partiti della CDU in Portogallo, sempre più forti e in condizioni di erodere voti ai socialdemocratici, in Italia non sia possibile fare lo stesso?
L'appello è tutto per gli elettori del PD, a mutare voto, a investire in un futuro oltre il governismo, pena la scomparsa della democrazia nel nostro paese, con la complicità della cosiddetta "sinistra", termine che se accostato a certi parlamentari dell'opposizione; appare sempre più come un "non sense".
Provvedimento, quello dello scudo fiscale che ha creato più di un commento sdegnato da parte del mondo politico italiano e seria preoccupazione in ambito europeo, presso gli organi competenti per l'economia, riguardo il rischio latente (ma nemmeno troppo) di collegamento con attività di tipo illegale, di stampo anche mafioso, come nel caso del riciclaggio di denaro.
Ebbene, dopo tutta una serie di polemiche e commenti scandalizzati da parte dell'opposizione (ma dobbiamo ancora chiamarla così?), il tanto vituperato scudo ce l'ha fatta, è passato.
Contando la forza dei numeri del governo Berlusconi sembrerebbe un fatto ampiamente prevedibile, peccato che poi, si scopra che gli assenti nelle file del governo siano stati 35 (buona parte di An, probabilmente legata a Fini) e che sarebbe stato possibile un clamoroso ribaltone, una clamorosa bocciatura del provvedimento.
Peccato anche, che poi si scopra che in parlamento le cosiddette "opposizioni" siano in difetto di ben 29 deputati, 22 del PD, 6 dell'UDC, 1 per l'IDV.
Paradossale inoltre che il provvedimento sia passato solo con 20 voti di scarto a favore, segno evidente che sarebbe bastato molto poco e un'attenta lettura dei meccanismi elettivi in aula, per bocciare quest'insulto legislativo.
Un'insulto legislativo che come al solito premia i disonesti, i mafiosi, gli evasori fiscali, i più ricchi nei confronti dei meno abbienti.
Ebbene, vediamola la lista dei magnifici 29, nel dettaglio dei cognomi:
PD
Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Marianna Madia (assente perché si è dovuta sottoporre ad un importante accertamento medico), Margherita Mastromauro, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas, Sergio D'Antoni (quest'ultimo ha reso noto che la sua assenza era dovuta alla necessità di sottoporsi a ricovero urgente per accertamenti medici presso la clinica universitaria Sant'Orsola Malpighi di Bologna) e Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli (tutti e tre impegnati a Madrid per seguire, per conto del Partito Democratico e del gruppo parlamentare che aveva autorizzato la missione, i lavori del Convegno «Global Progress Conference».
UDC
Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri
IDV
Aurelio Misiti
Come vedete solo cinque del gruppo sono i "giustificati" e solo due per apparenti seri motivi di salute, il numero quindi, se la matematica come si dice, non è un'opinione, era comunque sufficiente (24 contro 20) escludendo anche i giustificati, per bocciare il provvedimento.
Già si levano voci indignate dagli stessi partiti, per le defezioni dei loro eletti, ma sembrano decisamente insufficienti di fronte ad un'episodio così importante e incredibilmente imbarazzante per gli stessi partiti coinvolti.
E se Franceschini si spertica nel lanciare minacciosi propositi punitivi nei confronti dei ""disertori", Casini tace e Di Pietro, nonostante anch'esso abbia una defezione tra le sue fila, gioisce e incalza, sentendosi sempre più l'unico in diritto di poter fregiarsi dell'appellativo di "oppositore" vero al governo Berlusconi.
In una situazione così disastrata a sinistra del governo si sente sempre più la mancanza di una reale alternativa di sinistra contro l'indistinto pout pourrì bipolare del parlamento italiano.
Possibile che dopo il successo della Linke in Germania, dei partiti della CDU in Portogallo, sempre più forti e in condizioni di erodere voti ai socialdemocratici, in Italia non sia possibile fare lo stesso?
L'appello è tutto per gli elettori del PD, a mutare voto, a investire in un futuro oltre il governismo, pena la scomparsa della democrazia nel nostro paese, con la complicità della cosiddetta "sinistra", termine che se accostato a certi parlamentari dell'opposizione; appare sempre più come un "non sense".
venerdì 2 ottobre 2009
D'Addario. L'autogol di Annozero?
A un giorno di distanza dalla trasmissione di ieri di Michele Santoro, con ospite la chiaccheratissima escort, Patrizia D'addario, vengono fuori alcuni spunti di riflessione.
Inutile partire dai cannovacci scritti sui giornali di oggi, troppo scontati.
Chi da addosso a Santoro, chi a Berlusconi, i temi sono i soliti, in uno scambio di stoccate velleitarie tra una testata e l'altra.
Personalmente credo che la presenza della escort più famosa d'Italia, alla trasmissione di Santoro, abbia solo nociuto.
Mai infatti, si era vista una puntata di Anno zero, cosi caotica e confusionaria, per colpa (o grazie, dipende da che punto di vista politico si guarda la scena) anche degli ospiti, su tutti il giornalista cane da guardia del premier Maurizio Belpietro e il vicedirettore del Giornale, testata di famiglia di Berlusconi, Nicola Porro.
E se tra un'accusa e l'altra da parte di Emiliano (Sindaco di Bari, PD) al PDL, di Belpietro a Emiliano, di Porro alla D'addario e così via, la trasmissione scorre veloce ma senza scossoni e il vero prigioniero è proprio lo spettatore.
Nel calderone dello scambio di accuse, tutto pare uguale, (in effetti nella ex giunta pugliese, notare le differenze di comportamento tra PD e PDL non è facile..), quel che sfugge è proprio il nodo centrale della trasmissione.
Ovvero l'etica morale di un personaggio pubblico, a maggior ragione, se sovraesposto ai media e titolare di un'incarico importante come quello di presidente del consiglio.
Invece si intervistano le "amichette" di Tarantini, parla la D'addario e si finisce in un grottesco appello personale che quest'ultima rivolge a Emiliano, nella speranza di poter vedere sbloccati i propri progetti edilizi.
All'interno della trasmissione, oltre la fumosa bagarre con conseguente gara a chi vocia più forte, colui che pare passarsela meglio; sembra proprio l'Innominato di Arcore, non presente fisicamente ma chiaccherato come non mai.
Come al solito, gli sgherri di Berlusconi, cercano di ridimensionare la portata degli eventi, banalizzando le dichiarazioni delle varie "allegre signorine", facendole apparire o come semplici "lavoratrici", o come tremende profittatrici, seminatrici di trappole per ottenere qualcosa in cambio, come nel caso della D'addario.
Berlusconi diventa come al solito, l'incarnazione dell'Italia di oggi, un'Italia, "gossippara", caciarona, in cui l'uomo, il maschio, è sempre giustificato nei comportamenti anche meno qualificanti, perchè "guascone", vittima innocente dei suoi naturali bassi istinti.
Un'Italia che lui stesso ha contribuito a creare, con le sue televisioni private nei primi anni ottanta, una televisione, mondo artificioso parallelo, dove entrare a tutti i costi, con tutti i mezzi, un mondo di ammiccamenti, corpi esposti, sesso subliminale.
Un mondo politico, quello di Berlusconi; in cui le candidature nelle amministrazioni, alle elezioni, o nei rami parlamentari sono "ricompense" in seguito a prestazioni sessuali.
In barba alla meritocrazia, alla militanza, al lavoro, alla competenza, al sacrificio.
Anno zero, ieri sera purtroppo non ha perforato questa crosta di superficialità, ma si è impantanato in un asfittico scambio di accuse tra parti politiche avverse, per molti versi, però indistinguibili.
Ovvero, proprio quello che vuole il premier, dimostrare una volta per tutte, che anche "l'opposizione" non è esente da ombre ma anzi è la faccia inversa di una stessa medaglia, in cui l'originale conio, è lui.
Purtroppo se dovessi dare un giudizio imparziale e fossi uno spettatore ingenuo, all'oscuro della storia di Silvio Berlusconi, come imprenditore e politico, devo ammettere che sarei in difficoltà, in base a quanto detto solo nella trasmissione di ieri, nel dover giudicare il personaggio.
Il messaggio che è passato è che la privacy di Berlusconi in qualche modo è stata violata, che "l'utilizzatore finale" era ed è sì, fedifrago ed erotomane, ma inconsapevole di chi gli fosse stato presentato e poi, in fondo, dai...lo fanno tutti...
Si è sminuito insomma, ancora una volta, il ruolo vero della politica, quel ruolo di gestione imparziale e superiore dello Stato che impone ad un politico di essere un esempio positivo perennemente visibile e sotto giudizio della gente, perchè rappresentante e depositario di una serie di valori fondativi della nazione.
Accentuando così, ancora di più il divario tra l'Italia di oggi e il resto del mondo politico, in cui uno scandalo di questo tipo avrebbe portato semplicemente (e sopratutto rapidamente) alle dimissioni del presidente del consiglio.
Berlusconi ne esce ancora una volta "riabilitato" e intoccabile, rafforzando così l'immagine di perseguitato che lui stesso si cuce addosso.
Probabilmente, per mia modesta opinione, forse sarebbe stato meglio investire meno nello scoop giornalistico e più nella riflessione sui valori della Repubblica, valori che a quanto pare, Berlusconi, potrà continuare a calpestare ancora.
Per lungo tempo.
Inutile partire dai cannovacci scritti sui giornali di oggi, troppo scontati.
Chi da addosso a Santoro, chi a Berlusconi, i temi sono i soliti, in uno scambio di stoccate velleitarie tra una testata e l'altra.
Personalmente credo che la presenza della escort più famosa d'Italia, alla trasmissione di Santoro, abbia solo nociuto.
Mai infatti, si era vista una puntata di Anno zero, cosi caotica e confusionaria, per colpa (o grazie, dipende da che punto di vista politico si guarda la scena) anche degli ospiti, su tutti il giornalista cane da guardia del premier Maurizio Belpietro e il vicedirettore del Giornale, testata di famiglia di Berlusconi, Nicola Porro.
E se tra un'accusa e l'altra da parte di Emiliano (Sindaco di Bari, PD) al PDL, di Belpietro a Emiliano, di Porro alla D'addario e così via, la trasmissione scorre veloce ma senza scossoni e il vero prigioniero è proprio lo spettatore.
Nel calderone dello scambio di accuse, tutto pare uguale, (in effetti nella ex giunta pugliese, notare le differenze di comportamento tra PD e PDL non è facile..), quel che sfugge è proprio il nodo centrale della trasmissione.
Ovvero l'etica morale di un personaggio pubblico, a maggior ragione, se sovraesposto ai media e titolare di un'incarico importante come quello di presidente del consiglio.
Invece si intervistano le "amichette" di Tarantini, parla la D'addario e si finisce in un grottesco appello personale che quest'ultima rivolge a Emiliano, nella speranza di poter vedere sbloccati i propri progetti edilizi.
All'interno della trasmissione, oltre la fumosa bagarre con conseguente gara a chi vocia più forte, colui che pare passarsela meglio; sembra proprio l'Innominato di Arcore, non presente fisicamente ma chiaccherato come non mai.
Come al solito, gli sgherri di Berlusconi, cercano di ridimensionare la portata degli eventi, banalizzando le dichiarazioni delle varie "allegre signorine", facendole apparire o come semplici "lavoratrici", o come tremende profittatrici, seminatrici di trappole per ottenere qualcosa in cambio, come nel caso della D'addario.
Berlusconi diventa come al solito, l'incarnazione dell'Italia di oggi, un'Italia, "gossippara", caciarona, in cui l'uomo, il maschio, è sempre giustificato nei comportamenti anche meno qualificanti, perchè "guascone", vittima innocente dei suoi naturali bassi istinti.
Un'Italia che lui stesso ha contribuito a creare, con le sue televisioni private nei primi anni ottanta, una televisione, mondo artificioso parallelo, dove entrare a tutti i costi, con tutti i mezzi, un mondo di ammiccamenti, corpi esposti, sesso subliminale.
Un mondo politico, quello di Berlusconi; in cui le candidature nelle amministrazioni, alle elezioni, o nei rami parlamentari sono "ricompense" in seguito a prestazioni sessuali.
In barba alla meritocrazia, alla militanza, al lavoro, alla competenza, al sacrificio.
Anno zero, ieri sera purtroppo non ha perforato questa crosta di superficialità, ma si è impantanato in un asfittico scambio di accuse tra parti politiche avverse, per molti versi, però indistinguibili.
Ovvero, proprio quello che vuole il premier, dimostrare una volta per tutte, che anche "l'opposizione" non è esente da ombre ma anzi è la faccia inversa di una stessa medaglia, in cui l'originale conio, è lui.
Purtroppo se dovessi dare un giudizio imparziale e fossi uno spettatore ingenuo, all'oscuro della storia di Silvio Berlusconi, come imprenditore e politico, devo ammettere che sarei in difficoltà, in base a quanto detto solo nella trasmissione di ieri, nel dover giudicare il personaggio.
Il messaggio che è passato è che la privacy di Berlusconi in qualche modo è stata violata, che "l'utilizzatore finale" era ed è sì, fedifrago ed erotomane, ma inconsapevole di chi gli fosse stato presentato e poi, in fondo, dai...lo fanno tutti...
Si è sminuito insomma, ancora una volta, il ruolo vero della politica, quel ruolo di gestione imparziale e superiore dello Stato che impone ad un politico di essere un esempio positivo perennemente visibile e sotto giudizio della gente, perchè rappresentante e depositario di una serie di valori fondativi della nazione.
Accentuando così, ancora di più il divario tra l'Italia di oggi e il resto del mondo politico, in cui uno scandalo di questo tipo avrebbe portato semplicemente (e sopratutto rapidamente) alle dimissioni del presidente del consiglio.
Berlusconi ne esce ancora una volta "riabilitato" e intoccabile, rafforzando così l'immagine di perseguitato che lui stesso si cuce addosso.
Probabilmente, per mia modesta opinione, forse sarebbe stato meglio investire meno nello scoop giornalistico e più nella riflessione sui valori della Repubblica, valori che a quanto pare, Berlusconi, potrà continuare a calpestare ancora.
Per lungo tempo.
giovedì 1 ottobre 2009
Consigli per gli acquisti. Il libro del mese.
Questo mese, per la rubrica, "consigli per gli acquisti", mi permetto di darvi un'altro consiglio librario.
Di Klaus Werner-Lobo, il tomo si intitola "Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere".
In una sorta di riedizione aggiornata del celeberrimo (e da me, pluricitato anche su queste pagine elettroniche) "No Logo" di N.Klein, il libro del bravo giornalista tedesco affronta ancora una volta l'irrisolto problema dello sfruttamento, da parte delle multinazionali e delle lobby dell'industria mondiale, di materie prime e forza lavoro, in cambio di un massimo profitto e bassi costi di produzione.
Se per alcuni digerire il saggio della Klein, assai complesso anche nell'uso della terminologia interna ad esso, è stato difficile; l'approccio che Werner-Lobo usa per descriverci le vicissitudini di colossi come Bayer, Siemens etc. è molto più "user friendly", i termini tecnici sono sapientemente spiegati e la narrazione è semplificata anche nella sintassi, perchè risulti facile e scorrevole per tutti.
Le schede poi, a fondo libro, con una sorta di riassunto delle "malefatte" di ogni brand, sono ben fatte e molto chiare.
Inoltre, Werner-Lobo introduce concetti interessanti di economia di mercato, rendendoli accessibili a tutti e ne da, dal suo punto di vista, possibile soluzione.
"Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere", è una valida alternativa per chi, di fronte a saggi più impegnativi, vuole una lettura semplificata di argomenti normalmente complessi e noiosi, qui affrontati con il dono della sintesi e un tono amichevole che abbatte la barriera lettore/scrittore-giornalista, mettendo chi legge subito sullo stesso piano di chi da le fonti.
Molto consigliato a chi, non sapendo nulla di geopolitica, economia e del branding, vuole inframezzare il solito best seller da "comodino del letto", a qualcosa di diverso, utile per approfondire la conoscenza dei meccanismi che muovono il mercato delle grandi marche dell'industria che fanno parte tutti i giorni della nostra vita.
Magari potrà anche aiutarvi ad avere un approccio più consapevole di fronte al prossimo paio di scarpe o al vostro prossimo telefono cellulare.
Di Klaus Werner-Lobo, il tomo si intitola "Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere".
In una sorta di riedizione aggiornata del celeberrimo (e da me, pluricitato anche su queste pagine elettroniche) "No Logo" di N.Klein, il libro del bravo giornalista tedesco affronta ancora una volta l'irrisolto problema dello sfruttamento, da parte delle multinazionali e delle lobby dell'industria mondiale, di materie prime e forza lavoro, in cambio di un massimo profitto e bassi costi di produzione.
Se per alcuni digerire il saggio della Klein, assai complesso anche nell'uso della terminologia interna ad esso, è stato difficile; l'approccio che Werner-Lobo usa per descriverci le vicissitudini di colossi come Bayer, Siemens etc. è molto più "user friendly", i termini tecnici sono sapientemente spiegati e la narrazione è semplificata anche nella sintassi, perchè risulti facile e scorrevole per tutti.
Le schede poi, a fondo libro, con una sorta di riassunto delle "malefatte" di ogni brand, sono ben fatte e molto chiare.
Inoltre, Werner-Lobo introduce concetti interessanti di economia di mercato, rendendoli accessibili a tutti e ne da, dal suo punto di vista, possibile soluzione.
"Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere", è una valida alternativa per chi, di fronte a saggi più impegnativi, vuole una lettura semplificata di argomenti normalmente complessi e noiosi, qui affrontati con il dono della sintesi e un tono amichevole che abbatte la barriera lettore/scrittore-giornalista, mettendo chi legge subito sullo stesso piano di chi da le fonti.
Molto consigliato a chi, non sapendo nulla di geopolitica, economia e del branding, vuole inframezzare il solito best seller da "comodino del letto", a qualcosa di diverso, utile per approfondire la conoscenza dei meccanismi che muovono il mercato delle grandi marche dell'industria che fanno parte tutti i giorni della nostra vita.
Magari potrà anche aiutarvi ad avere un approccio più consapevole di fronte al prossimo paio di scarpe o al vostro prossimo telefono cellulare.
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