In tante maniere si può "chiudere una bocca".
Volutamente, omettendo una frase scomoda per paura, con la forza, con l'omicidio, oppure con il subdolo mezzo dell'indifferenza.
Fortunatamente non siamo ancora ai livelli della Russia, dove i giornalisti scomodi, così come gli oppositori politici, vengono messi a tacere, con le cattive maniere.
Come nel caso della brava e coraggiosa Anna Politkovskaja.
Il metodo in Italia è diverso, ma l'intento è assolutamente il solito.
E guardate, tutto ciò ha bisogno davvero di una profonda riflessione, di una presa di coscienza vera.
Siamo ormai abituati nel nostro paese al consueto teatrino della politica, con maggioranza e opposizione che per pura prassi montano e smontano i consigli d'amministrazione e di conseguenza, a cascata, gli organici dei mezzi d'informazione pubblici, a seconda di chi al momento detiene il potere.
Bene, questo, tenetevi forte, non è assolutamente normale in nessun paese del mondo che possa definirsi democratico e libero.
Soffermiamoci sui fatti, ricapitolando, come si dice.
Un programma televisivo di grande successo, con molti ascolti, che fa informazione in maniera indipendente, viene ripetutamente messo in dubbio, perchè il suo direttore di rete, più volte trova il modo di "rallentare" il processo di messa in onda (mancanza di rinnovo dei contratti a tecnici e ospiti, mancata pubblicizzazione etc) tanto che a due giorni dall'inizio della prima puntata, uno degli ospiti più prestigiosi (e scomodi) non ha ancora collocazione certa.
Tutti sappiamo chi è Marco Travaglio, tutti sappiamo più o meno il motivo per cui, più volte "è stato un problema" all'interno delle trasmissioni in cui è intervenuto o per cui ha collaborato, nessuno quindi si stupisce, che la sua presenza (per ovvi motivi) sia in dubbio e sia oggetto di aspra contesa tra il conduttore di Anno Zero, Michele Santoro e il direttore di rete di Raidue, Massimo Liofredi.
Ma non è questo il punto, l'eventuale assenza di Travaglio da Anno Zero, deve darci un'altro grado di lettura, oltre la rimozione del "personaggio" (assai bravo e preparato tra l'altro, è giusto dirlo) ciò che da veramente scandalo e che pochi vedono, è la gestione del servizio pubblico televisivo in Italia.
Un direttore di rete che osteggia pubblicamente un programma giornalistico, molto seguito, per il semplice fatto di essere scomodo sulla propria rete, è un fatto di inaudita gravità.
Il garante quindi, che dovrebbe difendere i propri dipendenti e ascoltatori, in nome della libera informazione, paradossalmente fa l'opposto.
Difende l'interesse della parte politica che l'ha nominato.
Qui nasce il vero problema, Anno Zero, Santoro e Travaglio sono solo le vittime di un sistema, inviso a tutto l'arco politico italiano in maniera indistinta, che fa dell'uso distorto del potere una prassi consolidata.
Ecco perchè nessuno anche da "sinistra" (leggi PD) s'indigna; ecco perchè nessuno, nonostante sia stato "vilipeso" nella sua etica professionale, è il caso ad es. di Ballarò, chiuso per esigenze di "copione" dal premier, protesta, o attraverso i propri elementi di spicco si dimette dando un chiaro segnale di anomalia.
E' normale, in Italia, che l'informazione, pubblica, privata, televisiva, radiofonica, o della carta stampata, sia espressione di un partito, di un centro di potere economico e che parli per essa.
Si perde cioè il motivo primario per cui si fa informazione, ovvero il racconto, la divulgazione, di un fatto accaduto, in maniera critica e autonoma, ma imparziale e sopratutto fedele alla realtà dei fatti.
L'informazione non è più "fatto" (e quindi incontrovertibile verità provata) ma "opinione".
Lo dice proprio Travaglio in un suo libro, si scambia la la realtà vera con la realtà comoda del padrone, con il proprio punto di vista personale.
E se almeno prima, in passato si erano rimosse certe figure dalla televisione pubblica perchè tacciate di essere "faziose", e quindi in seguito ad un' accusa per un fatto comunque accaduto, oggi invece siamo al censura preventiva.
Insomma, eliminiamo Travaglio prima che possa dire qualcosa di scomodo, come suo solito.
Soprattutto in un momento così delicato per il governo e per il presidente del consiglio, in difficoltà di fronte all'opinione pubblica internazionale.
Ma quello che dimostra, come una cartina di tornasole, lo stato di cattiva salute dell'informazione e della categoria dei giornalisti nel nostro paese, è il coro di voci che si sono alzate contro il programma di Raidue e verso Santoro e Travaglio, da diverse testate giornalistiche e colleghi dela carta stampata che parlano di programma "giustizialista".
Peccato che certe espressioni, appartengano a quell'editoria che risponde a datori di lavoro e partiti politici, spesso coinvolti in indagini e processi, se non proprio a personaggi già condannati e spiace constatare che certe "voci" anche della "sinistra", fanno parte del coro.
Si dimostra così ancora una volta come, su certi temi, purtroppo, il parlamento e i partiti siano una sola muraglia trasversale contro il diritto di critica, in difesa della casta politica e dei propri protetti.
Piaccia o no Anno Zero è uno dei programmi di maggior successo della televisione italiana, così come è giusto dire che Travaglio e Santoro sono due ottimi giornalisti supportati da una grossa fetta di pubblico e di consenso.
Consenso che visto il ruolo della televisione pubblica, andrebbe tenuto in maggiore considerazione, rispetto ai voleri dei "governanti" di turno.
martedì 22 settembre 2009
domenica 20 settembre 2009
Il Sonno della Ragione. Brunetta e la sinistra.
Il sonno della ragione genera mostri.
Recita così un vecchio modo di dire, scaturito da una splendida intuizione verbale del pittore spagnolo Francisco Goya.
Oggi non può che calzare a pennello, per definire le dichiarazioni del ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta.
Il nostro, dal palco del convegno del PDL, in quel luogo disastrato, popolato dal proletariato, che è Cortina D'Ampezzo, ha pensato bene, di fare dichiarazioni contro quella parte politica che genericamente in Italia viene definita "sinistra".
Brunetta, nonostante gli stessi militanti della "sinistra" siano in crisi di identità, ne trova addirittura due, "la sinistra per male" e "la sinistra per bene".
Immagino che, dopo uno sforzo immane come quello che il ministro deve aver fatto per trovare queste due calzanti definizioni, di una profondità intellettuale da premio Nobel, si sia seduto ansimante su una sedia o si sia appoggiato allo stremo delle forze ad un leggio o ad un tavolo.
E se alla "sinistra per bene" chiede di recuperare gli ideali "di una volta" (quali di grazia, dato che il "capo", Berlusconi vede "comunisti" da tutte le parti?) a quella "per male", che "combatte per far cadere il governo e non vede la crisi economica, ma anzi, prepara il colpo di stato", chiede semplicemente di "andare a morire ammazzata".
A chi si riferisse il ministro, in chiaro stato confusionale, nessuno lo sa, è difficile anche solo immaginarlo.
Quello che più preoccupa, aldilà di queste dichiarazioni, che al massimo si possono definire stupidamente puerili, per l'inconsistenza intellettuale del contenuto, è lo stato in cui versa il nostro paese di fronte ai media nazionali e sopratutto internazionali.
Non si capisce più dove termini il limite tra l'etica che dovrebbe appartenere obbligatoriamente ad un ruolo istituzionale e le sbracature verbali da Bar Sport.
In un governo come quello italiano, che pare più il Circo Barnum che un organo esecutivo democraticamente eletto ormai; Brunetta si conferma degno rappresentante di una rosa di elementi tragicomici, tra soubrette, vallette, presentatori, puttanieri e servi del "capo".
Lui, terrore "dei fannulloni" insegue la categoria anche fuori dai limiti statali e parastatali e si scaglia anche contro a quelle "elite" che dall'alto dei poteri forti combattono per dare "spallate" al governo, quelle "elite di merda" (ha detto davvero così) che si annidano nelle sfere delle "rendite editoriali, finanziarie, burocratiche, cinematografiche e culturali".
Da elettore di "sinistra" (qualsiasi cosa voglia dire oggi), ci sarebbe di che essere confortati, secondo Berlusconi, Brunetta e co. infatti, l'Italia sarebbe un paese popolato da comunisti, cattocomunisti, sinistre buone, cattive, parlamentari, extra, insomma, roba da far impallidire il blocco sovietico della guerra fredda.
L'impressione è che ahimè, in un parlamento senza opposizione parlamentare, con il partito maggiore della "sinistra" che aspetta ancora il proprio congresso, immobilizzato in uno scontro fratricida e le briciole dei partitini extraparlamentari spettatori inermi di uno spettacolo che li riguarda sempre meno, le dichiarazioni del mini-ministro servano al solito scopo, distogliere l'attenzione dai problemi in cui naviga il "capo supremo", Silvio Berlusconi.
Ad oggi l'unica consolazione vera che può avere l'elettorato di "centro sinistra", unico prigioniero, lui sì davvero, delle "elite" di cui parla Brunetta.
Recita così un vecchio modo di dire, scaturito da una splendida intuizione verbale del pittore spagnolo Francisco Goya.
Oggi non può che calzare a pennello, per definire le dichiarazioni del ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta.
Il nostro, dal palco del convegno del PDL, in quel luogo disastrato, popolato dal proletariato, che è Cortina D'Ampezzo, ha pensato bene, di fare dichiarazioni contro quella parte politica che genericamente in Italia viene definita "sinistra".
Brunetta, nonostante gli stessi militanti della "sinistra" siano in crisi di identità, ne trova addirittura due, "la sinistra per male" e "la sinistra per bene".
Immagino che, dopo uno sforzo immane come quello che il ministro deve aver fatto per trovare queste due calzanti definizioni, di una profondità intellettuale da premio Nobel, si sia seduto ansimante su una sedia o si sia appoggiato allo stremo delle forze ad un leggio o ad un tavolo.
E se alla "sinistra per bene" chiede di recuperare gli ideali "di una volta" (quali di grazia, dato che il "capo", Berlusconi vede "comunisti" da tutte le parti?) a quella "per male", che "combatte per far cadere il governo e non vede la crisi economica, ma anzi, prepara il colpo di stato", chiede semplicemente di "andare a morire ammazzata".
A chi si riferisse il ministro, in chiaro stato confusionale, nessuno lo sa, è difficile anche solo immaginarlo.
Quello che più preoccupa, aldilà di queste dichiarazioni, che al massimo si possono definire stupidamente puerili, per l'inconsistenza intellettuale del contenuto, è lo stato in cui versa il nostro paese di fronte ai media nazionali e sopratutto internazionali.
Non si capisce più dove termini il limite tra l'etica che dovrebbe appartenere obbligatoriamente ad un ruolo istituzionale e le sbracature verbali da Bar Sport.
In un governo come quello italiano, che pare più il Circo Barnum che un organo esecutivo democraticamente eletto ormai; Brunetta si conferma degno rappresentante di una rosa di elementi tragicomici, tra soubrette, vallette, presentatori, puttanieri e servi del "capo".
Lui, terrore "dei fannulloni" insegue la categoria anche fuori dai limiti statali e parastatali e si scaglia anche contro a quelle "elite" che dall'alto dei poteri forti combattono per dare "spallate" al governo, quelle "elite di merda" (ha detto davvero così) che si annidano nelle sfere delle "rendite editoriali, finanziarie, burocratiche, cinematografiche e culturali".
Da elettore di "sinistra" (qualsiasi cosa voglia dire oggi), ci sarebbe di che essere confortati, secondo Berlusconi, Brunetta e co. infatti, l'Italia sarebbe un paese popolato da comunisti, cattocomunisti, sinistre buone, cattive, parlamentari, extra, insomma, roba da far impallidire il blocco sovietico della guerra fredda.
L'impressione è che ahimè, in un parlamento senza opposizione parlamentare, con il partito maggiore della "sinistra" che aspetta ancora il proprio congresso, immobilizzato in uno scontro fratricida e le briciole dei partitini extraparlamentari spettatori inermi di uno spettacolo che li riguarda sempre meno, le dichiarazioni del mini-ministro servano al solito scopo, distogliere l'attenzione dai problemi in cui naviga il "capo supremo", Silvio Berlusconi.
Ad oggi l'unica consolazione vera che può avere l'elettorato di "centro sinistra", unico prigioniero, lui sì davvero, delle "elite" di cui parla Brunetta.
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mercoledì 16 settembre 2009
Garko batte Berlusconi.
Povero Cavaliere, l'unico motivo che ormai gli resta per sorridere un po', è la vittoria di ieri sera, del Milan in Champions League.
Si, perchè la tanto vociferata serata ad hoc, su Raiuno, a Porta a porta, per incensare la bravura del premier, e sventolare sotto il naso agli italiani le nuove casette di paglia di Onna, ricostruite dopo il terremoto, purtroppo è andata maluccio.
E se già la serata era cominciata malino, aldilà dei soliti ospiti a gettone, buoni solo per offrire "assist" (leggi finte domande/critiche) per le risposte lunghissime e dettagliate di Berlusconi, con una telefonata dell'on. Casini che mette subito di malumore il presidentissimo, il seguito non è stato certo migliore.
Impagabile vedere la faccia di Berlusconi all'inizio e poi il progressivo "trasfiguramento" quando capisce che Casini non telefona, per far da paggio e tornare con la coda tra le gambe all'ovile, ma anzi rincara la dose e quasi indirettamente insulta il premier, facendogli capire che sarà molto difficile un ricongiungimento sotto lo stesso tetto politico.
La risposta gelida del caro buon Silvio, un freddissimo e quasi minaccioso, "Auguri", fa capire che il nostro è stato punto sul vivo.
Come se non bastasse poi, stamattina la bastonata, i dati televisivi annunciano il flop per la trasmissione di Vespa annunciata da giorni in pompa magna.
Anche in mancanza di valide alternative di approfondimento, come Ballarò o Matrix, il povero Bruno insieme al suo feudatario Berlusconi, soccombono addirittura alla mediocre fiction di Canale 5 (ironia della sorte!) "L'Onore e il rispetto", con il bel Gabriel Garko.
Un netto 22. 61% di share con (5.750.000 di spettatori) contro il 13.47% (3.219.000 spettatori) della puntata di Porta a Porta.
Che non ci fossero dubbi sulla differenza di attributi tra Garko e Berlusconi era lampante, ma un flop così netto nessuno se lo aspettava in mancanza di concorrenza televisiva vera.
Che sia una rivolta delle donne italiane? O magari il fatto che ci fossero appunto le partite di Champions League?
Fatto sta che gli italiani l'hanno bocciato, quando c'è da farsi gli affari suoi, siamo maestri in questo, non c'è Berlusconi che tenga.
Certo è che in tutti casi, almeno economicamente ha vinto lui, dato che la fiction è andata in onda sulle sue reti, così come il calcio in parte, sul digitale terrestre è roba sua.
Peccato che in questo momento al presidente del consiglio, avrebbero fatto più comodo i plausi compatti della gente che qualche introito pubblicitario in più.
Insomma "Sua Emittenza" è perito proprio sui colpi delle due cose che l'hanno aiutato di più in assoluto a diventare grande e a monopolizzare tutto il panorama mediatico italiano, la televisione e il calcio.
Capita così, che alle volte nel monopolio dell'informazione, il grande Capo si cannibalizzi da solo.
Un bello smacco per chi ha fatto del suo narcisismo e della sua megalomania, un'arte.
Riprovaci ancora Silvio.
Magari la prossima volta, invece di chiudere i programmi, oscura proprio i canali televisivi, così sarai certo che la parata trionfale non te la rovinerà certo il primo Garko di turno.
Si, perchè la tanto vociferata serata ad hoc, su Raiuno, a Porta a porta, per incensare la bravura del premier, e sventolare sotto il naso agli italiani le nuove casette di paglia di Onna, ricostruite dopo il terremoto, purtroppo è andata maluccio.
E se già la serata era cominciata malino, aldilà dei soliti ospiti a gettone, buoni solo per offrire "assist" (leggi finte domande/critiche) per le risposte lunghissime e dettagliate di Berlusconi, con una telefonata dell'on. Casini che mette subito di malumore il presidentissimo, il seguito non è stato certo migliore.
Impagabile vedere la faccia di Berlusconi all'inizio e poi il progressivo "trasfiguramento" quando capisce che Casini non telefona, per far da paggio e tornare con la coda tra le gambe all'ovile, ma anzi rincara la dose e quasi indirettamente insulta il premier, facendogli capire che sarà molto difficile un ricongiungimento sotto lo stesso tetto politico.
La risposta gelida del caro buon Silvio, un freddissimo e quasi minaccioso, "Auguri", fa capire che il nostro è stato punto sul vivo.
Come se non bastasse poi, stamattina la bastonata, i dati televisivi annunciano il flop per la trasmissione di Vespa annunciata da giorni in pompa magna.
Anche in mancanza di valide alternative di approfondimento, come Ballarò o Matrix, il povero Bruno insieme al suo feudatario Berlusconi, soccombono addirittura alla mediocre fiction di Canale 5 (ironia della sorte!) "L'Onore e il rispetto", con il bel Gabriel Garko.
Un netto 22. 61% di share con (5.750.000 di spettatori) contro il 13.47% (3.219.000 spettatori) della puntata di Porta a Porta.
Che non ci fossero dubbi sulla differenza di attributi tra Garko e Berlusconi era lampante, ma un flop così netto nessuno se lo aspettava in mancanza di concorrenza televisiva vera.
Che sia una rivolta delle donne italiane? O magari il fatto che ci fossero appunto le partite di Champions League?
Fatto sta che gli italiani l'hanno bocciato, quando c'è da farsi gli affari suoi, siamo maestri in questo, non c'è Berlusconi che tenga.
Certo è che in tutti casi, almeno economicamente ha vinto lui, dato che la fiction è andata in onda sulle sue reti, così come il calcio in parte, sul digitale terrestre è roba sua.
Peccato che in questo momento al presidente del consiglio, avrebbero fatto più comodo i plausi compatti della gente che qualche introito pubblicitario in più.
Insomma "Sua Emittenza" è perito proprio sui colpi delle due cose che l'hanno aiutato di più in assoluto a diventare grande e a monopolizzare tutto il panorama mediatico italiano, la televisione e il calcio.
Capita così, che alle volte nel monopolio dell'informazione, il grande Capo si cannibalizzi da solo.
Un bello smacco per chi ha fatto del suo narcisismo e della sua megalomania, un'arte.
Riprovaci ancora Silvio.
Magari la prossima volta, invece di chiudere i programmi, oscura proprio i canali televisivi, così sarai certo che la parata trionfale non te la rovinerà certo il primo Garko di turno.
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martedì 15 settembre 2009
Il cinegiornale Luce del Cavaliere.
Come se non bastassero le polemiche che già ci sono sulla carta stampata, in cui il buon Vittorio Feltri si dibatte con tutto se stesso per compiacere il padrone, nell'etere non si sta meglio.
Lì il paggio ufficiale del Cavaliere non può che essere il mitologico Bruno Vespa, l'uomo per tutte le stagioni del potere politico.
Così non contenti dei vari "opinionisti" Facci, Liguori, pseudo giornalisti Fede, Brachino, Minzolini e chi più ne ha più ne metta, ci si potrà dilettare a fine serata, nel caso non se ne abbia abbastanza della propaganda pro Berlusconi, con la massima glorificazione possibile, sintonizzandosi sulla tribuna eloquiale preferita del nostro premier, Porta a Porta, su Raiuno.
Non contenti di vedere firmare il contratto, celeberrimo, con l'Italia e gli italiani, non paghi, di ascoltare le mirabolanti soluzioni a tutti i mali del nostro paese, stasera assisteremo in diretta al "carta canta", allo "scripta manent", il segno tangibile della concretezza del mago di Segrate, la consegna a tempo di record delle case ai terremotati della provincia aquilana.
Una prodezza che solo Berlusconi poteva fare.
Anche se, a onor del vero, solo ad Onna gli abitanti rientreranno alle proprie case, che non sono affatto quelle promesse dal governo, (infatti sono dono della provincia di Trento e della Croce Rossa tedesca) e comunque saranno i pochi fortunati, baciati non a caso dalla luce della propaganda, rispetto a una situazione che vede il resto delle altre 40.000 persone ancora fuori, spostate nell'entroterra e costrette a lasciare le loro abitazioni per lasciare spazio al palcoscenico luccicante del premier.
E se già da questa mattina l'esercito televisivo della servitù berlusconiana, sgomita per dare anche solo la più piccola anticipazione, colui che avrà l'esclusiva sarà solo Il Prescelto (non a caso abruzzese e aquilano) del presidentissimo, Bruno Vespa.
Poco importa se nella programmazione sia delle televisioni pubbliche (leggi Rai), sia di quelle private (Mediaset) ormai entrambe di un padrone solo, ci siano in palinsesto programmi a cadenza settimanale o giornaliera come Ballarò o Matrix, che potrebbero parlare di altro o sovrapporsi per orario con il "palco ufficiale", poco importa, l'imperatore Silvio, re di tutti gli italiani, parla alla nazione, tutti in piedi, tutti in ascolto, il resto (ammesso che esista "un resto" ormai) è solo brusio dei "soliti comunisti".
L'ennesima prova di forza del presidente del consiglio cade, per niente casualmente, in un periodo di aspre critiche dei suoi alleati più importanti, come ampiamente detto nel post precedente a questo.
Puntualmente Silvio Berlusconi, persona mediaticamente intelligente e sopratutto potentissima, sgombra i nuvoloni neri delle critiche dalla sua testa e cancella il resto dell'informazione, per parlare solo ed esclusivamente di se, in attesa dello scontato plebiscito di consensi e applausi che come al solito lo incoroneranno star assoluta.
Peccato che la storia insegni che anche i proclami più grandi della propaganda quasi sempre si scontrano prima o poi inetavilmente con la realtà, assai diversa dall'informazione monolitica e monotematica del potere del dittatore di turno.
Così è anche per Berlusconi, quest'ennesima pagliacciata dal vassallo Vespa, appare come il rozzo tentativo di cambiare ancora una volta il punto focale dai problemi reali del paese, uno su tutti la libertà di informazione, ormai flebile e ridotta a un piccolo coro di voci extratelevisive.
Ma le polemiche dei giorni scorsi, Gianfranco Fini intenzionato a far causa all'house organ per eccellenza del presidentissimo, Il Giornale, (per le dichiarazioni appunto del direttore Vittorio Feltri) ; oltre ad uno scenario di alleanze in divenire tra l'ex capo di AN e l'UDC e una Lega che parla di "secessionismo" tra Nord e Sud, rendono la situazione politica, estremamente instabile.
Con il centrosinistra che sta (fortunatamente, direi, dato che l'ultima volta che Berlusconi fu in difficoltà fu salvato proprio dall'allora leader del PD, Veltroni con il clamoroso autogol politico sulla legge elettorale) a guardare, pare proprio che i problemi più grandi, per Berlusconi, arrivino dai suoi alleati politici.
Basterà quindi, ancora una volta, il salotto del fido Vespa a placare tutte le turbolenze interne al PDL e a dare nuova linfa al progetto politico del Cavaliere?
Lì il paggio ufficiale del Cavaliere non può che essere il mitologico Bruno Vespa, l'uomo per tutte le stagioni del potere politico.
Così non contenti dei vari "opinionisti" Facci, Liguori, pseudo giornalisti Fede, Brachino, Minzolini e chi più ne ha più ne metta, ci si potrà dilettare a fine serata, nel caso non se ne abbia abbastanza della propaganda pro Berlusconi, con la massima glorificazione possibile, sintonizzandosi sulla tribuna eloquiale preferita del nostro premier, Porta a Porta, su Raiuno.
Non contenti di vedere firmare il contratto, celeberrimo, con l'Italia e gli italiani, non paghi, di ascoltare le mirabolanti soluzioni a tutti i mali del nostro paese, stasera assisteremo in diretta al "carta canta", allo "scripta manent", il segno tangibile della concretezza del mago di Segrate, la consegna a tempo di record delle case ai terremotati della provincia aquilana.
Una prodezza che solo Berlusconi poteva fare.
Anche se, a onor del vero, solo ad Onna gli abitanti rientreranno alle proprie case, che non sono affatto quelle promesse dal governo, (infatti sono dono della provincia di Trento e della Croce Rossa tedesca) e comunque saranno i pochi fortunati, baciati non a caso dalla luce della propaganda, rispetto a una situazione che vede il resto delle altre 40.000 persone ancora fuori, spostate nell'entroterra e costrette a lasciare le loro abitazioni per lasciare spazio al palcoscenico luccicante del premier.
E se già da questa mattina l'esercito televisivo della servitù berlusconiana, sgomita per dare anche solo la più piccola anticipazione, colui che avrà l'esclusiva sarà solo Il Prescelto (non a caso abruzzese e aquilano) del presidentissimo, Bruno Vespa.
Poco importa se nella programmazione sia delle televisioni pubbliche (leggi Rai), sia di quelle private (Mediaset) ormai entrambe di un padrone solo, ci siano in palinsesto programmi a cadenza settimanale o giornaliera come Ballarò o Matrix, che potrebbero parlare di altro o sovrapporsi per orario con il "palco ufficiale", poco importa, l'imperatore Silvio, re di tutti gli italiani, parla alla nazione, tutti in piedi, tutti in ascolto, il resto (ammesso che esista "un resto" ormai) è solo brusio dei "soliti comunisti".
L'ennesima prova di forza del presidente del consiglio cade, per niente casualmente, in un periodo di aspre critiche dei suoi alleati più importanti, come ampiamente detto nel post precedente a questo.
Puntualmente Silvio Berlusconi, persona mediaticamente intelligente e sopratutto potentissima, sgombra i nuvoloni neri delle critiche dalla sua testa e cancella il resto dell'informazione, per parlare solo ed esclusivamente di se, in attesa dello scontato plebiscito di consensi e applausi che come al solito lo incoroneranno star assoluta.
Peccato che la storia insegni che anche i proclami più grandi della propaganda quasi sempre si scontrano prima o poi inetavilmente con la realtà, assai diversa dall'informazione monolitica e monotematica del potere del dittatore di turno.
Così è anche per Berlusconi, quest'ennesima pagliacciata dal vassallo Vespa, appare come il rozzo tentativo di cambiare ancora una volta il punto focale dai problemi reali del paese, uno su tutti la libertà di informazione, ormai flebile e ridotta a un piccolo coro di voci extratelevisive.
Ma le polemiche dei giorni scorsi, Gianfranco Fini intenzionato a far causa all'house organ per eccellenza del presidentissimo, Il Giornale, (per le dichiarazioni appunto del direttore Vittorio Feltri) ; oltre ad uno scenario di alleanze in divenire tra l'ex capo di AN e l'UDC e una Lega che parla di "secessionismo" tra Nord e Sud, rendono la situazione politica, estremamente instabile.
Con il centrosinistra che sta (fortunatamente, direi, dato che l'ultima volta che Berlusconi fu in difficoltà fu salvato proprio dall'allora leader del PD, Veltroni con il clamoroso autogol politico sulla legge elettorale) a guardare, pare proprio che i problemi più grandi, per Berlusconi, arrivino dai suoi alleati politici.
Basterà quindi, ancora una volta, il salotto del fido Vespa a placare tutte le turbolenze interne al PDL e a dare nuova linfa al progetto politico del Cavaliere?
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domenica 13 settembre 2009
Berlusconi, è la fine?
In questi giorni l'uomo di Arcore è come al solito al centro dell'attenzione, ma non per qualche dichiarazione giornaliera al vetriolo contro le moltitudini di avversari o per qualche gaffe internazionale come suo solito.
Ma perchè, dopo una serie di polemiche sulla libertà di stampa, cominciate con gli attacchi ai quotidiani la Repubblica, l'Unità e l'Avvenire, alcuni dei suoi alleati politici stanno lentamente, ma nettamente, prendendo le distanze dal capo del governo.
Gianfranco Fini, attaccato duramente dal giornalista "a gettone" di Silvio Berlusconi, Vittorio Feltri, dopo alcune dichiarazioni riguardo la libertà di stampa, proprio contro i metodi antidemocratici del cavaliere, ha continuato in questi giorni a mettere in evidenza "un problema", così lui l'ha chiamato, che attualmente c'è all'interno del partito del PDL.
Un problema, che non è certo difficile immaginarselo, riguarda la leadership del partito stesso, oltre lo stesso Berlusconi, personaggio oramai impresentabile di fronte ai media e ai rappresentanti politici internazionali.
Berlusconi quindi, come hanno titolato alcuni giornali nei giorni scorsi, appare come una bestia ferita, che, viste le precarie condizioni di salute, si dibatte sempre più ferocemente contro l'aggressore, per paura di poter perire.
Se già alcuni fedelissimi del premier come Bonaiuti, si sono affannati a chiudere la breccia Fini-Berlusconi, altri però, stanno in attesa di ulteriori sviluppi, dato che non è chiaro ancora da che parte penderà la bilancia dello scontro e come sapete in Italia i nostri governanti sono maestri nel "riciclo politico".
Ma i movimenti tellurici non finiscono qui, tra gli alleati di maggior peso, anche per via di un pericoloso appoggio esterno, c'è la Lega.
Una Lega che ancora di più sa di avere un grosso potere decisionale nel governo e contro lo stesso Berlusconi; la storia d'Italia degli ultimi 15 anni ci insegna come il binomio Berlusconi-Bossi sia sempre stato labile e spesso frutto solo di ingenti finanziamenti da parte del presidente del consiglio all'amico-nemico "padano", atti a chiudere la bocca al focoso Umberto.
La richiesta di quattro o almeno tre presidenze regionali da parte del partito dei "verdi di Pontida" come controparte di un solido bacino di voti al Nord, pare ormai l'unica soluzione certa che ha il premier per non soccombere a una situazione che lo vede costretto in scacco da entrambe le parti dai suoi stessi alleati politici.
Gli attacchi degli scorsi giorni di Bossi contro Fini riguardo l'eventuale voto agli immigrati, sono l'ennesimo "tatticismo" in attesa di sviluppi concreti, di chi in questi anni è stato indubbiamente maestro (la Lega) nel far valere il proprio peso politico nel momento opportuno, nel momento in cui Berlusconi è stato sempre in evidente difficoltà e sopratutto dipendente dall'appoggio dei voti del "senatùr" padano.
Fini dal canto suo fa incetta di lodi sia da una parte che dall'altra dell'arco parlamentare, incassando consensi sia nel PD che tra le file dell'UDC, dove il presidente della camera dei deputati, ha addirittura ricevuto approvazioni entusiastiche intervenendo un paio di giorni fa al congresso degli Stati generali dell'Udc.
Congresso in cui, anche Rutelli in maniera sibillina, dichiara che auspicherebbe un nuovo partito di centro in cui riunire l'ala democratica dei fedelissimi di Fini, più l'UDC e la parte più moderata e cattolica del PD.
Più o meno l'idea del "grande centro" tanto decantata da Pierferdinando Casini in questi anni di esilio dalla casa delle libertà.
Ci sarebbe un orizzonte futuro tutto da scoprire, quindi, nella politica italiana, che assomiglia sempre più ad un terremoto se pensiamo che ad ottobre c'è anche il primo congresso del Partito Democratico.
Una situazione che potrebbe portare ad un rivoluzionamento pesante degli equilibri politici se il governo dovesse cadere, e che avrebbe pesanti ripercussioni sull'attuale capo di governo.
Che tornerebbe ad essere un politico come tanti e non più il leader indiscusso e il padre padrone della maggioranza.
Quel che è certo attualmente, oltre la cortina fumosa degli accordi possibili e fantascientifici tra forze di partito, è che il sistema elettivo maggioritario, così come l'idea di un bipolarismo all'americana, aldilà delle dichiarazioni di facciata, anche dello stesso Fini, è definitivamente stato bocciato, in un paese in cui il vecchio adagio "morto un Papa se ne fa un'altro" sembra ormai, non un proverbio popolare, ma un assodato teorema scientifico.
Ma perchè, dopo una serie di polemiche sulla libertà di stampa, cominciate con gli attacchi ai quotidiani la Repubblica, l'Unità e l'Avvenire, alcuni dei suoi alleati politici stanno lentamente, ma nettamente, prendendo le distanze dal capo del governo.
Gianfranco Fini, attaccato duramente dal giornalista "a gettone" di Silvio Berlusconi, Vittorio Feltri, dopo alcune dichiarazioni riguardo la libertà di stampa, proprio contro i metodi antidemocratici del cavaliere, ha continuato in questi giorni a mettere in evidenza "un problema", così lui l'ha chiamato, che attualmente c'è all'interno del partito del PDL.
Un problema, che non è certo difficile immaginarselo, riguarda la leadership del partito stesso, oltre lo stesso Berlusconi, personaggio oramai impresentabile di fronte ai media e ai rappresentanti politici internazionali.
Berlusconi quindi, come hanno titolato alcuni giornali nei giorni scorsi, appare come una bestia ferita, che, viste le precarie condizioni di salute, si dibatte sempre più ferocemente contro l'aggressore, per paura di poter perire.
Se già alcuni fedelissimi del premier come Bonaiuti, si sono affannati a chiudere la breccia Fini-Berlusconi, altri però, stanno in attesa di ulteriori sviluppi, dato che non è chiaro ancora da che parte penderà la bilancia dello scontro e come sapete in Italia i nostri governanti sono maestri nel "riciclo politico".
Ma i movimenti tellurici non finiscono qui, tra gli alleati di maggior peso, anche per via di un pericoloso appoggio esterno, c'è la Lega.
Una Lega che ancora di più sa di avere un grosso potere decisionale nel governo e contro lo stesso Berlusconi; la storia d'Italia degli ultimi 15 anni ci insegna come il binomio Berlusconi-Bossi sia sempre stato labile e spesso frutto solo di ingenti finanziamenti da parte del presidente del consiglio all'amico-nemico "padano", atti a chiudere la bocca al focoso Umberto.
La richiesta di quattro o almeno tre presidenze regionali da parte del partito dei "verdi di Pontida" come controparte di un solido bacino di voti al Nord, pare ormai l'unica soluzione certa che ha il premier per non soccombere a una situazione che lo vede costretto in scacco da entrambe le parti dai suoi stessi alleati politici.
Gli attacchi degli scorsi giorni di Bossi contro Fini riguardo l'eventuale voto agli immigrati, sono l'ennesimo "tatticismo" in attesa di sviluppi concreti, di chi in questi anni è stato indubbiamente maestro (la Lega) nel far valere il proprio peso politico nel momento opportuno, nel momento in cui Berlusconi è stato sempre in evidente difficoltà e sopratutto dipendente dall'appoggio dei voti del "senatùr" padano.
Fini dal canto suo fa incetta di lodi sia da una parte che dall'altra dell'arco parlamentare, incassando consensi sia nel PD che tra le file dell'UDC, dove il presidente della camera dei deputati, ha addirittura ricevuto approvazioni entusiastiche intervenendo un paio di giorni fa al congresso degli Stati generali dell'Udc.
Congresso in cui, anche Rutelli in maniera sibillina, dichiara che auspicherebbe un nuovo partito di centro in cui riunire l'ala democratica dei fedelissimi di Fini, più l'UDC e la parte più moderata e cattolica del PD.
Più o meno l'idea del "grande centro" tanto decantata da Pierferdinando Casini in questi anni di esilio dalla casa delle libertà.
Ci sarebbe un orizzonte futuro tutto da scoprire, quindi, nella politica italiana, che assomiglia sempre più ad un terremoto se pensiamo che ad ottobre c'è anche il primo congresso del Partito Democratico.
Una situazione che potrebbe portare ad un rivoluzionamento pesante degli equilibri politici se il governo dovesse cadere, e che avrebbe pesanti ripercussioni sull'attuale capo di governo.
Che tornerebbe ad essere un politico come tanti e non più il leader indiscusso e il padre padrone della maggioranza.
Quel che è certo attualmente, oltre la cortina fumosa degli accordi possibili e fantascientifici tra forze di partito, è che il sistema elettivo maggioritario, così come l'idea di un bipolarismo all'americana, aldilà delle dichiarazioni di facciata, anche dello stesso Fini, è definitivamente stato bocciato, in un paese in cui il vecchio adagio "morto un Papa se ne fa un'altro" sembra ormai, non un proverbio popolare, ma un assodato teorema scientifico.
mercoledì 9 settembre 2009
La Gelmini e le Brioche..o forse le briciole?
Oggi, in seguito alle violente proteste dei giorni scorsi da parte dei precari della scuola, che hanno manifestato davanti al ministero e in altri luoghi romani, il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi una norma che consente di tutelare gli insegnanti precari.
La norma verrà inserita nel decreto legge Ronchi (su questioni ambientali) e interesserà una platea di 12-13 mila docenti che fino allo scorso anno hanno avuto supplenze annuali.
Coloro che hanno diritto all'indennità di disoccupazione - ha spiegato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, in una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri - potranno avere una via preferenziale per rimanere all'interno della scuola, attraverso le supplenze brevi, e potranno essere coinvolti in progetti educativi: contro la dispersione scolastica, il sostegno ai soggetti più deboli, o per l'orientamento. Sarà, inoltre, possibile siglare accordi con le Regioni che potranno partecipare anche in maniera finanziaria all'attuazione di questi progetti. Il progetto sarà valido soltanto per quest'anno. "Per il prossimo prevediamo - ha assicurato il ministro - che questo tipo di problemi non ci sia più".
Insomma, se il pane non c'è più...
E diamogli le brioche! No anzi, le briciole.
Personalmente mi domando quali e come saranno questi progetti educativi di cui il ministro parla, vista la disastrata situazione economica della scuola italiana e di molti comuni e province della nostra penisola.
Con quali soldi si attueranno questi progetti?
Con i soldi di chi sopratutto?
Delle regioni? Del ministero?
Non direi, dato che proprio la nostra cara Mariastella è stata l'emblema di un prospetto terrificante di riforme&tagli, che nell'autunno scorso ha dato vita ad una delle mobilitazioni studentesche più grandi in Italia dai tempi del 1968.
Le bugie, ma anche le promesse evidentemente nel nostro paese, hanno le gambe corte e non ci vuole molto per capire che tali dichiarazioni a mezzo stampa non sono altro che tentativi mediatici di distensione tra le controparti, ma che ahimè, riportate alla realtà hanno basi davvero poco concrete.
La protesta di sindacati e precari però non si placa, ma continua con spettacolari forme di protesta, tra cui quella dell'"accampaggio" davanti alle sedi istituzionali dell'istruzione.
E' infatti da ieri che nella capitale, in viale Trastevere, davanti al ministero dell'istruzione, è nata la divertente protesta dei precari che con alcuni presidi pro tempore, con alternanza di persone in maniera continuativa, hanno dato vita a simpatici siparietti in cui si inneggiava a San Precario e si dileggiava Beata Ignoranza (la stessa ministro, in mise da madonna su un cartellone) tra un sit-in e un barbecue per calmare la fame.
Intanto i sindacati battibeccano l'un l'altro tra chi rivendica le proprie posizioni e si sente giustamente escluso dal tavolo delle trattative (Cobas, comitati dei precari stessi) e chi si dice contrario alle misure del governo, ma al tavolo delle trattative è seduto, come CGIL o addirittura di CSIL ("un passo avanti quello del governo" - dice addirittura l'attuale segretario, Bonanni).
Anche tra alcuni dei manifestanti si raccolgono dichiarazioni di diffidenza e sconcerto verso "i sindacati concertativi", che a detta loro "stanno decidendo del nostro futuro in gran segreto", facendo gli interessi di chi in realtà non si sente direttamente interpellato nelle trattative, ma solamente preso in causa.
Quel che è sicuro è che le misure approntate dal governo sono sicuramente insufficienti e non a caso si limitano solo ad un anno di "ammortizzamento", tra indennità di disoccupazione e chiamate lavorative per supplenze brevi, (invero solo per chi ha più di 50 anni, in tal caso le misure si riducono non più a 12 ma ad 8 mesi) e che lasciano i docenti comunque nella solita condizione di precarietà perenne in cui si trovavano già prima.
Insomma precari prima, ancora più precari adesso, praticamente a chiamata.
Tutto con la benedizione di Beata Ignoranza.
La norma verrà inserita nel decreto legge Ronchi (su questioni ambientali) e interesserà una platea di 12-13 mila docenti che fino allo scorso anno hanno avuto supplenze annuali.
Coloro che hanno diritto all'indennità di disoccupazione - ha spiegato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, in una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri - potranno avere una via preferenziale per rimanere all'interno della scuola, attraverso le supplenze brevi, e potranno essere coinvolti in progetti educativi: contro la dispersione scolastica, il sostegno ai soggetti più deboli, o per l'orientamento. Sarà, inoltre, possibile siglare accordi con le Regioni che potranno partecipare anche in maniera finanziaria all'attuazione di questi progetti. Il progetto sarà valido soltanto per quest'anno. "Per il prossimo prevediamo - ha assicurato il ministro - che questo tipo di problemi non ci sia più".
Insomma, se il pane non c'è più...
E diamogli le brioche! No anzi, le briciole.
Personalmente mi domando quali e come saranno questi progetti educativi di cui il ministro parla, vista la disastrata situazione economica della scuola italiana e di molti comuni e province della nostra penisola.
Con quali soldi si attueranno questi progetti?
Con i soldi di chi sopratutto?
Delle regioni? Del ministero?
Non direi, dato che proprio la nostra cara Mariastella è stata l'emblema di un prospetto terrificante di riforme&tagli, che nell'autunno scorso ha dato vita ad una delle mobilitazioni studentesche più grandi in Italia dai tempi del 1968.
Le bugie, ma anche le promesse evidentemente nel nostro paese, hanno le gambe corte e non ci vuole molto per capire che tali dichiarazioni a mezzo stampa non sono altro che tentativi mediatici di distensione tra le controparti, ma che ahimè, riportate alla realtà hanno basi davvero poco concrete.
La protesta di sindacati e precari però non si placa, ma continua con spettacolari forme di protesta, tra cui quella dell'"accampaggio" davanti alle sedi istituzionali dell'istruzione.
E' infatti da ieri che nella capitale, in viale Trastevere, davanti al ministero dell'istruzione, è nata la divertente protesta dei precari che con alcuni presidi pro tempore, con alternanza di persone in maniera continuativa, hanno dato vita a simpatici siparietti in cui si inneggiava a San Precario e si dileggiava Beata Ignoranza (la stessa ministro, in mise da madonna su un cartellone) tra un sit-in e un barbecue per calmare la fame.
Intanto i sindacati battibeccano l'un l'altro tra chi rivendica le proprie posizioni e si sente giustamente escluso dal tavolo delle trattative (Cobas, comitati dei precari stessi) e chi si dice contrario alle misure del governo, ma al tavolo delle trattative è seduto, come CGIL o addirittura di CSIL ("un passo avanti quello del governo" - dice addirittura l'attuale segretario, Bonanni).
Anche tra alcuni dei manifestanti si raccolgono dichiarazioni di diffidenza e sconcerto verso "i sindacati concertativi", che a detta loro "stanno decidendo del nostro futuro in gran segreto", facendo gli interessi di chi in realtà non si sente direttamente interpellato nelle trattative, ma solamente preso in causa.
Quel che è sicuro è che le misure approntate dal governo sono sicuramente insufficienti e non a caso si limitano solo ad un anno di "ammortizzamento", tra indennità di disoccupazione e chiamate lavorative per supplenze brevi, (invero solo per chi ha più di 50 anni, in tal caso le misure si riducono non più a 12 ma ad 8 mesi) e che lasciano i docenti comunque nella solita condizione di precarietà perenne in cui si trovavano già prima.
Insomma precari prima, ancora più precari adesso, praticamente a chiamata.
Tutto con la benedizione di Beata Ignoranza.
lunedì 7 settembre 2009
Estrema crisi. Lavoratori minacciano di darsi fuoco.
I dati della crisi economica paiono migliorare, anche se "c'è da stare ancora cauti", come si affannano a ripetere i media italiani e mondiali. Quel che non si placa sono le reazioni dei lavoratori alla crisi, che assumono toni sempre più spettacolari ed in alcuni casi, addirittura estremi.
Dopo la INSSE e altre decine di sue emule all'interno della classe operaia o semplicemente lavoratrice, che invece del "paradiso" si accontenta del più materialmente raggiungibile tetto, altre forme di protesta esplodono dirompenti; come nel caso dei lavoratori della Alcatel di Battipaglia (SA), i quali hanno addirittura minacciato di darsi fuoco.
Se da un lato c'è l'incredulità per la natura estrema del gesto, da un'altra parte non si può non capire il dramma umano di chi, improvvisamente perde il proprio lavoro, che non è solo sostentamento, ma anche progetti, serenità, diritto alla vita.
Questo per le tante "exit strategy" delle aziende in crisi però, purtroppo non conta.
La rigida e lucidamente spietata "legge del mercato" impone soluzioni drastiche per fronteggiare la crisi, peccato che in mezzo ci sia il rischio di stritolare intere famiglie, intere vite, cancellandone in un attimo il futuro.
Un futuro che grazie alla flessibilità dei contratti di lavoro, non è più garantito a nessuno e che lascia un sentimento di depressione e ansia perenni, aleggiare sulle teste di tanti trentenni di oggi.
Nel calderone del mondo del lavorativo, delle agenzie di lavoro interinale, di contratti a termine, di un anno, sei mesi, tre mesi, addirittura anche di una settimana, siamo tutti uguali.
Nessun titolo di studio, tirocinio o stage, ci differenzia l'uno dall'altro, la lotta spietata ormai si avvia verso gli strati sociali e i lavori più umili, tutti in concorrenza per un qualsiasi posto che serva anche solo ad avere una retribuzione qualsiasi, spesso bassa e con diritti contributivi al minimo.
In questo vuoto cosmico si notano solo le mancanze, e non solo individuali, ma anche collettive, mancanze di prospettiva, un'esercito di lavoratori dipendenti appesi ad un contretto a termine, e un'altro esercito di liberi professionisti schiavi del miraggio della propria partita IVA.
Ma la mancanza più grande è quella di una tutela sindacale vera, sopratutto degli strati sociali e lavorativi più nuovi, i sindacati colpevolmente fermi ad una concezione del mondo del lavoro, tardo anni '80, che in vent'anni di contrattazione hanno lasciato scoperti gran parte dei settori in maggiore espansione come quello genericamente chiamato dei servizi, la maggioranza oggi in Italia e nel mondo.
Non bastano le "prove di dialogo" tra CGIL e Marcegaglia, presidente di Confindustria, nessuno ci crede più, questo governo picchia duro e chi si salva, ammesso ne abbia davvero bisogno, sono i soliti paracadutati, figli di qualcuno o qualcosa, figli di uno stato in cui la raccomandazione e i beni patriarcali, marcano ancora oggi la differenza tra chi non ha nulla e chi continua nella "movida" di sempre.
I tagli alla scuola e ad altri enti statali preoccupano in maniera drammatica e il mio pensiero non può che correre a Marco, di Civitavecchia che da quanto ho appreso sul suo spazio virtuale in uno dei maggiori siti di social networking, ha perso il suo lavoro d'insegnante, dopo nove anni di fedele e appassionato contributo alla scuola pubblica italiana.
Questa è la nostra meritocrazia, non servi più? Allora ritorna pure nel limbo di chi cerca cronicamente lavoro.
A cinquant'anni da quel fatidico 1968 di rivolte e nuovi propositi, di scuola, sogni e idee di società, non posso non pensare che la lotta di classe non esista più.
Esiste eccome, ancora, semplicemente il concetto si è ribaltato, è una ristretta cerchia di elite a fare la lotta di classe, a tenere "sotto" chi, nato per essere semplice manovalanza, manodopera, cerca di assurgere ad un ruolo migliore in quel grande teatro che per tutti è la vita.
Dopo la INSSE e altre decine di sue emule all'interno della classe operaia o semplicemente lavoratrice, che invece del "paradiso" si accontenta del più materialmente raggiungibile tetto, altre forme di protesta esplodono dirompenti; come nel caso dei lavoratori della Alcatel di Battipaglia (SA), i quali hanno addirittura minacciato di darsi fuoco.
Se da un lato c'è l'incredulità per la natura estrema del gesto, da un'altra parte non si può non capire il dramma umano di chi, improvvisamente perde il proprio lavoro, che non è solo sostentamento, ma anche progetti, serenità, diritto alla vita.
Questo per le tante "exit strategy" delle aziende in crisi però, purtroppo non conta.
La rigida e lucidamente spietata "legge del mercato" impone soluzioni drastiche per fronteggiare la crisi, peccato che in mezzo ci sia il rischio di stritolare intere famiglie, intere vite, cancellandone in un attimo il futuro.
Un futuro che grazie alla flessibilità dei contratti di lavoro, non è più garantito a nessuno e che lascia un sentimento di depressione e ansia perenni, aleggiare sulle teste di tanti trentenni di oggi.
Nel calderone del mondo del lavorativo, delle agenzie di lavoro interinale, di contratti a termine, di un anno, sei mesi, tre mesi, addirittura anche di una settimana, siamo tutti uguali.
Nessun titolo di studio, tirocinio o stage, ci differenzia l'uno dall'altro, la lotta spietata ormai si avvia verso gli strati sociali e i lavori più umili, tutti in concorrenza per un qualsiasi posto che serva anche solo ad avere una retribuzione qualsiasi, spesso bassa e con diritti contributivi al minimo.
In questo vuoto cosmico si notano solo le mancanze, e non solo individuali, ma anche collettive, mancanze di prospettiva, un'esercito di lavoratori dipendenti appesi ad un contretto a termine, e un'altro esercito di liberi professionisti schiavi del miraggio della propria partita IVA.
Ma la mancanza più grande è quella di una tutela sindacale vera, sopratutto degli strati sociali e lavorativi più nuovi, i sindacati colpevolmente fermi ad una concezione del mondo del lavoro, tardo anni '80, che in vent'anni di contrattazione hanno lasciato scoperti gran parte dei settori in maggiore espansione come quello genericamente chiamato dei servizi, la maggioranza oggi in Italia e nel mondo.
Non bastano le "prove di dialogo" tra CGIL e Marcegaglia, presidente di Confindustria, nessuno ci crede più, questo governo picchia duro e chi si salva, ammesso ne abbia davvero bisogno, sono i soliti paracadutati, figli di qualcuno o qualcosa, figli di uno stato in cui la raccomandazione e i beni patriarcali, marcano ancora oggi la differenza tra chi non ha nulla e chi continua nella "movida" di sempre.
I tagli alla scuola e ad altri enti statali preoccupano in maniera drammatica e il mio pensiero non può che correre a Marco, di Civitavecchia che da quanto ho appreso sul suo spazio virtuale in uno dei maggiori siti di social networking, ha perso il suo lavoro d'insegnante, dopo nove anni di fedele e appassionato contributo alla scuola pubblica italiana.
Questa è la nostra meritocrazia, non servi più? Allora ritorna pure nel limbo di chi cerca cronicamente lavoro.
A cinquant'anni da quel fatidico 1968 di rivolte e nuovi propositi, di scuola, sogni e idee di società, non posso non pensare che la lotta di classe non esista più.
Esiste eccome, ancora, semplicemente il concetto si è ribaltato, è una ristretta cerchia di elite a fare la lotta di classe, a tenere "sotto" chi, nato per essere semplice manovalanza, manodopera, cerca di assurgere ad un ruolo migliore in quel grande teatro che per tutti è la vita.
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giovedì 3 settembre 2009
VIDEOCRAZY. Il nuovo film su Silvio Berlusconi.
Ecco il trailer dell'atteso e quanto mai controverso Viderocrazy, di Erik Gandini.
Un film che Mediaset e (udite udite) anche Rai hanno rifiutato di promuovere nelle loro inserzioni pubblicitarie a pagamento.
Incredibile ma vero la televisione che non promuove la televisione, cioè se stessa al cinema.
Tutto vero, siamo in Italia.
L'uomo morde il cane.
Un film che Mediaset e (udite udite) anche Rai hanno rifiutato di promuovere nelle loro inserzioni pubblicitarie a pagamento.
Incredibile ma vero la televisione che non promuove la televisione, cioè se stessa al cinema.
Tutto vero, siamo in Italia.
L'uomo morde il cane.
La campagna d'Inverno di Silvio Berlusconi.
Il nostro affezionatissimo novello Napoleone ne tira fuori un'altra delle sue.
Dopo essere stato nuovamente nell'occhio del ciclone la settimana passata per via delle "fatidiche dieci domande" di Repubblica, a cui lui si è ben guardato dal rispondere (non sarebbe la cosa migliore da fare per chiudere la bocca ai detrattori?), dopo la bagarre fatta dal suo giornalista di regime (riabilitato con il ritorno a casa dopo l'esilio forzato sulle pagine di quella mondezza che è Libero) Vittorio aka "le sparo a casaccio e senza fonte certa" Feltri, con l'Avvenire (che pena Silvio! Ossequi sempre alla grande "V" di Vaticano), ora si vendica a partire cronologicamente dall'Unità.
Già perchè il nostro presidente del consiglio, deve aver scartabellato la sua agenda nera con relativa lista del medesimo colore in cui evidentemente si segna "le sparate" dell'opposizione, deve essersi ricordato dei vari articoli "del tempo delle escort", e di conseguenza ha pensato bene di querelare il suddetto giornale a partire dalla direttrice.
Berlusconi chiede due milioni all'Unità, nonché una pena pecuniaria di 200.000 euro ciascuna per il direttore responsabile Concita De Gregorio, le giornaliste Natalia Lombardo e Federica Fantozzi, l'opinionista Maria Novella Oppo e la scrittrice Silvia Ballestra.
Ma non era lo stallone di Arcore, il mago della pastiglia blu, un estimatore delle donne?
Evidentemente solo di quelle che la bocca se non occupate in altre attività orali, la tengono ben chiusa e magari annuiscono al loro sommo padrone.
Di per se la notizia nemmeno mi schermisce più di tanto, ormai l'Unità come quotidiano vale ben poco, è il bollettino del PD, di cui tesse le lodi senza vederne le falle, e ora che elementi validi come Padellaro e Travaglio non vi scrivono più sopra (chissà come mai, forse troppo critici?) ha perso ai miei occhi anche quel poco di appeal che aveva.
La cosa grave è l'attacco che il magnifico fa alla libertà d'informazione tutta, questa volta in maniera diretta e senza mezzi termini.
Dopo l'amicizia con il dittatore libico Gheddafi, evidentemente ne ha scopiazzato i metodi.
E ha pensato bene di passare dalle parole ai fatti, querelando chi non la pensa come lui.
La domanda di oggi è, quanto potrà spingersi oltre se nessuno lo ferma?
Pian piano il nostro premier avanza verso il limite, verso il punto di non ritorno.
Se anche Gianfranco Fini (in maniera assai intelligente e assolutamente interessata, non illudetevi) commenta negativamente il coinquilino di partito, beh, c'è davvero da preoccuparsi.
L'impressione è che sia solo l'inizio, che l'inverno sarà duro per chi, come tanti non condividono la politica di Berlusconi.
La campagna d'inverno di mister B. è già cominciata ed è in veloce avanzamento, c'è solo da augurarsi che il nostro novello Napoleone Bonaparte, faccia la stessa fine di quello vero, trovi anch'esso un "generale Inverno" che lo possa battere, prima che l'Italia diventi realmente quello a cui sta sempre più assomigliando, un regime dove vige un uomo solo al comando, autoincoronatosi, unico e solo padrone assoluto.
Siete pronti a diventare sudditi?
Dopo essere stato nuovamente nell'occhio del ciclone la settimana passata per via delle "fatidiche dieci domande" di Repubblica, a cui lui si è ben guardato dal rispondere (non sarebbe la cosa migliore da fare per chiudere la bocca ai detrattori?), dopo la bagarre fatta dal suo giornalista di regime (riabilitato con il ritorno a casa dopo l'esilio forzato sulle pagine di quella mondezza che è Libero) Vittorio aka "le sparo a casaccio e senza fonte certa" Feltri, con l'Avvenire (che pena Silvio! Ossequi sempre alla grande "V" di Vaticano), ora si vendica a partire cronologicamente dall'Unità.
Già perchè il nostro presidente del consiglio, deve aver scartabellato la sua agenda nera con relativa lista del medesimo colore in cui evidentemente si segna "le sparate" dell'opposizione, deve essersi ricordato dei vari articoli "del tempo delle escort", e di conseguenza ha pensato bene di querelare il suddetto giornale a partire dalla direttrice.
Berlusconi chiede due milioni all'Unità, nonché una pena pecuniaria di 200.000 euro ciascuna per il direttore responsabile Concita De Gregorio, le giornaliste Natalia Lombardo e Federica Fantozzi, l'opinionista Maria Novella Oppo e la scrittrice Silvia Ballestra.
Ma non era lo stallone di Arcore, il mago della pastiglia blu, un estimatore delle donne?
Evidentemente solo di quelle che la bocca se non occupate in altre attività orali, la tengono ben chiusa e magari annuiscono al loro sommo padrone.
Di per se la notizia nemmeno mi schermisce più di tanto, ormai l'Unità come quotidiano vale ben poco, è il bollettino del PD, di cui tesse le lodi senza vederne le falle, e ora che elementi validi come Padellaro e Travaglio non vi scrivono più sopra (chissà come mai, forse troppo critici?) ha perso ai miei occhi anche quel poco di appeal che aveva.
La cosa grave è l'attacco che il magnifico fa alla libertà d'informazione tutta, questa volta in maniera diretta e senza mezzi termini.
Dopo l'amicizia con il dittatore libico Gheddafi, evidentemente ne ha scopiazzato i metodi.
E ha pensato bene di passare dalle parole ai fatti, querelando chi non la pensa come lui.
La domanda di oggi è, quanto potrà spingersi oltre se nessuno lo ferma?
Pian piano il nostro premier avanza verso il limite, verso il punto di non ritorno.
Se anche Gianfranco Fini (in maniera assai intelligente e assolutamente interessata, non illudetevi) commenta negativamente il coinquilino di partito, beh, c'è davvero da preoccuparsi.
L'impressione è che sia solo l'inizio, che l'inverno sarà duro per chi, come tanti non condividono la politica di Berlusconi.
La campagna d'inverno di mister B. è già cominciata ed è in veloce avanzamento, c'è solo da augurarsi che il nostro novello Napoleone Bonaparte, faccia la stessa fine di quello vero, trovi anch'esso un "generale Inverno" che lo possa battere, prima che l'Italia diventi realmente quello a cui sta sempre più assomigliando, un regime dove vige un uomo solo al comando, autoincoronatosi, unico e solo padrone assoluto.
Siete pronti a diventare sudditi?
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martedì 1 settembre 2009
Indovina chi l'ha detto? Soluzione e nuovo quesito!
"Bisognerebbe far scattare la legge per il ricostituito partito fascista.
Questi sono quella cosa lì. E si può dimostrare facilmente. Al loro interno non hanno nessun meccanismo elettivo. Questo partito è messo in piedi da una banda di dieci persone che lo controllano nascosti dietro paraventi, non rispettano le regole dell Costituzione, chiamano golpista il presidente della Repubblica, svuotano di potere il parlmento e vogliono fare un esecutivo senza nessun controllo superiore.
Inoltre usano le televisioni, che sono strumenti politici messi insieme da Berlusconi quando era nella P2, secondo il progetto Gelli:dove il Paese dal punto di vista politico doveva essere costituito da uno schieramento destra contro sinistra dopo la rottura del meccanismo consociativo che faceva da ammortizzatore. Hanno usato le televisioni come un randello per fare e disfare. Si tratta di una banda antidemocratica su cui è bene che ci sia qualche magistrato che indaghi se viene commesso il reato di ricostruzione del partito fascista"
(Ansa, 12 febbraio 1995)
Ora il detentore del vero membro duro padano, è pappa e ciccia con Mister B.
Nonostante ne abbia dette di cotte e di crude, l'abbia insultato in tutte le maniere, e sopratutto, molto prima di Repubblica (se non ricordo male nel 1998) con il quotidiano del suo partito La Padania, ha addirittura fatto per primo le fatidiche "dieci domande" al Cavaliere, oggi ci va a braccetto; improvvisamente, sparate "velleitarie" sui clandestini, dialetti, inni nazionali, ma sullo psiconano...nulla più...
Però la Lega è cresciuta, si è addirittura ritrovata tra le mani un canale televisivo suo, ha un giornale proprio, addirittura un suo concorso di bellezza, circoli in tutta Italia...
Chissà chi le avrà dato tutti questi soldi in tempi in cui, le cose non andavano affatto bene come adesso...
Io un'idea ce l'avrei...
E ora, il nuovo capolavoro:
"Se vuol rifondarsi, la sinistra deve ripartire da vostro retroterra ideale.
La vera sinistra non nasce dal bolscevismo ma dalle cooperative bianche dell'ottocento.
Il partito Socialista è venuto dopo le cooperative, il partito comunista dopo ancora e i gruppi nati col '68 sono tutti spariti. Solo l'ideale lanciato dal CL (Comunione e Liberazione ndr) negli anni '70 è rimasto vivo perchè è quello più vicino alla base popolare.
E' lo stesso ideale che era anche nelle cooperative: un fare che è anche educare.
Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del PCI, per un po' penso di chiamrlo "Comunità e Libertà".
Perchè tra noi e voi le radici sono le stesse"
(Meeting di Rimini di CL, 23 agosto 2003)
Questo signore il prossimo autunno sarà certamente protagonista...non è nemmeno troppo difficile...che dire...evviva la laicità dello stato.
Questi sono quella cosa lì. E si può dimostrare facilmente. Al loro interno non hanno nessun meccanismo elettivo. Questo partito è messo in piedi da una banda di dieci persone che lo controllano nascosti dietro paraventi, non rispettano le regole dell Costituzione, chiamano golpista il presidente della Repubblica, svuotano di potere il parlmento e vogliono fare un esecutivo senza nessun controllo superiore.
Inoltre usano le televisioni, che sono strumenti politici messi insieme da Berlusconi quando era nella P2, secondo il progetto Gelli:dove il Paese dal punto di vista politico doveva essere costituito da uno schieramento destra contro sinistra dopo la rottura del meccanismo consociativo che faceva da ammortizzatore. Hanno usato le televisioni come un randello per fare e disfare. Si tratta di una banda antidemocratica su cui è bene che ci sia qualche magistrato che indaghi se viene commesso il reato di ricostruzione del partito fascista"
(Ansa, 12 febbraio 1995)
Ora il detentore del vero membro duro padano, è pappa e ciccia con Mister B.
Nonostante ne abbia dette di cotte e di crude, l'abbia insultato in tutte le maniere, e sopratutto, molto prima di Repubblica (se non ricordo male nel 1998) con il quotidiano del suo partito La Padania, ha addirittura fatto per primo le fatidiche "dieci domande" al Cavaliere, oggi ci va a braccetto; improvvisamente, sparate "velleitarie" sui clandestini, dialetti, inni nazionali, ma sullo psiconano...nulla più...
Però la Lega è cresciuta, si è addirittura ritrovata tra le mani un canale televisivo suo, ha un giornale proprio, addirittura un suo concorso di bellezza, circoli in tutta Italia...
Chissà chi le avrà dato tutti questi soldi in tempi in cui, le cose non andavano affatto bene come adesso...
Io un'idea ce l'avrei...
E ora, il nuovo capolavoro:
"Se vuol rifondarsi, la sinistra deve ripartire da vostro retroterra ideale.
La vera sinistra non nasce dal bolscevismo ma dalle cooperative bianche dell'ottocento.
Il partito Socialista è venuto dopo le cooperative, il partito comunista dopo ancora e i gruppi nati col '68 sono tutti spariti. Solo l'ideale lanciato dal CL (Comunione e Liberazione ndr) negli anni '70 è rimasto vivo perchè è quello più vicino alla base popolare.
E' lo stesso ideale che era anche nelle cooperative: un fare che è anche educare.
Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del PCI, per un po' penso di chiamrlo "Comunità e Libertà".
Perchè tra noi e voi le radici sono le stesse"
(Meeting di Rimini di CL, 23 agosto 2003)
Questo signore il prossimo autunno sarà certamente protagonista...non è nemmeno troppo difficile...che dire...evviva la laicità dello stato.
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