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lunedì 30 marzo 2009

Il Pifferaio Magico. Berlusconi e il congresso del PDL.

Da poco si è concluso il primo congresso del PDL e dopo giorni di piccole polemiche il grande Capo, fa la pace con il suo ex alleato e probabile successore, Gianfranco Fini.
Merita una seria riflessione il fenomeno Berlusconi, un personaggio di cui si sa ormai praticamente tutto, dalla sua nascita come politico, alla sua carriera di imprenditore, spesso bistrattato dai giornalisti internazionali, ma sempre più osannato in patria.
Il successo di Berlusconi come uomo politico quindi, che sia un problema solo di noi italiani?
Sarà che il nostro popolo da sempre ha bisogno di "uomini forti"?
Chi paragona Berlusconi a Mussolini ne riconosce il simile uso della propaganda ma ne sottuvaluta le effettive capacità di comunicazione e penetrazione nella società.
Mussolini è stato la sintesi di un'epoca in cui i totalitarismi dominavano la scena politica e ebbe rapido successo non solo perchè fu appoggiato da alcuni poteri forti della borghesia e dell'industria italiana, ma anche per via di un favorevole periodo storico in cui era molto più facile fare propaganda limitando i dissidenti, in cui i mezzi d'informazione erano ancora molto limitati e rispetto ad una popolazione di persone in cui la piaga dell'analfabetismo era ancora elevatissima.
Ad oggi la situazione è assai diversa, è vero che Berlusconi dispone di un impatto mediatico ineguagliabile in qualsiasi altro paese occidentale in mano ad un privato e che lo aiuta nel processo di "catechizzazione" dei suoi sostenitori, ma è anche vero che Berlusconi è comunque nonostante le sue moltissime ombre (alcune anche molto pesanti) l'unica figura del panorama politico italiano paradossalmente credibile di fronte all'elettorato.
Questo successo si può spiegare in due punti, il primo e il più prevedibile, è quello di una totale mancanza a sinistra, di un emulo concretamente simile a un qualsiasi partito social democratico europeo, degno di dare battaglia su tematiche come quelle della laicità o del welfare al partito di Berlusconi.
La frammentazione delle sinistre d'alternativa radicali e l'inconsistenza del progetto del PD, hanno di fatto agevolato la vittoria alle elezioni del 2008 di Mister B.
Ma ciò che sorprende è, che se la vittoria del PDL alle elezioni politiche era piuttosto prevedibile, complice anche lo scoramento di una certa fetta d'elettorato di sinistra, non era certo così facile da pronosticare un'aumento esponenziale del consenso verso questa figura politica e il suo partito che in un periodo di così grande crisi, avrebbe invece potuto risentire del suo appartenere a quella schiera di imprenditori di successo, oggi nell'occhio del ciclone e imputati come maggiori colpevoli del crollo dell'economia mondiale.
Le fabbriche chiudono, la disoccupazione aumenta, rinascono forme di protesta che sembravano definitivamente andate in pensione, come il picchettaggio, ma il successo del premier non cala.
E aldilà dei suoi sondaggi esageratamente ottimistici, sbandierati dal palco del suo primo congresso di partito, non si può negare che Berlusconi stia passando un' ottimo momento di visibilità e sia addirittura stato capace di creare un gruppo coeso di politici che lo incoronano di fatto come l'indiscusso leader.
E se anche un politico come Fini, in passato spesso assai insofferente "al berlusconismo" becero e sbracato delle barzellette e delle dichiarazioni ad effetto; s'acquieta e lo ringrazia, si può facilmente capire come lo stato di salute politica del premier sia davvero ottimale.
Il secondo punto quindi è quello della penetrazione nel tessuto più largo della popolazione italiana, di una figura di successo, bonariamente caciarona, furba, che fa leva sui sentimenti più bassi (e per questo più concreti) del popolino italiano.
Dalle soubrette svestite dei suoi primi programmi nelle sue reti televisive commerciali sono passati più di vent'anni ma Berlusconi è ancora quello, su un'altro piano, in un'altro ambito, ma sempre il solito furbo comunicatore-innovatore.
Quelli che sono cambiati invece sono appunto, gli italiani, assuefatti ai suoi messaggi, alla sua simpatia istrionica, spesso usata per colmare la sua pochezza politica.
Di fatto è lui il vero "assassino " della "casta", lui che ne è il più vero compartecipe.
Più di Tangentopoli, più di Di Pietro, delle liste di cittadini, di Beppe Grillo e di tutti i detrattori della politica italiana "vecchia e ammuffita", lui sì, è il vero "Uomo Qualunque."
Il primo a parlare un linguaggio diverso, fatto di slogan e manifesti, capaci di coprire ogni nefandezza istituzionale fatta, ogni pericolosa amicizia, ogni oscuro recesso della sua storia d'imprenditore.
Non bastano avvocati condannati, amici stretti collusi con la mafia, padrini politici come l'odiato Bettino Craxi (ormai quasi riabilitato) creatori di fatto del suo impero, tutto ciò è invisibile agli occhi di un pubblico superficiale sempre più simile al suo premier.
La fine di un bel film italiano di qualche anno fa, sembra sempre più una profezia, il film è il Caimano, di Nanni Moretti.
Dove si vede all'uscita di un processo, proprio il regista che incarna la figura dell'attuale premier, portato via dagli agenti che vengono pesantemente contestati da un folto gruppo di sostenitori pronti a sfociare fino alla violenza pur di difendere il loro "protetto".
Ormai diventato un tutt'uno con loro stessi, come in un'immagine specchiata.
L'inquietante spiegazione del successo di Berlusconi sembra sempre di più questa, quella di un popolo italiano ormai identificato totalmente nel berlusconismo, nella furberia individualista, di quell'Italia che non può vedere le brutture del suo premier perchè sono le sue, le brutture dei condoni, dell'evasione fiscale, dell'agognato "piano casa" in cui potremo "allargare" l'abitabilità delle nostre abitazioni, di qualche decina di metri.
Questa è forse la grandezza vera di Silvio Berlusconi, aver capito prima di tutti quello che gli italiani sono oggi, un popolo di piccolo spessore, troppo occupato a guardarsi i piedi all'interno del loro piccolo recinto di vuote opinioni.

mercoledì 25 marzo 2009

Video mai pubblicati dalla RAI - Blu Notte

Assolutamente imperdibili, ci vuole tempo, ma guardateli, non sono mai andati in onda, il precedente governo Berlusconi ne vietò la pubblicazione...
Inchiesta sconvolgente e fatta molto bene...

PRIMA PARTE




SECONDA PARTE



TERZA PARTE



QUARTA PARTE



QUINTA PARTE



ULTIMA PARTE



Il bello è che qui dentro ci sono tutti, da Dell'Utri a Berlusconi, da Cuffaro ad Andreotti...
Prendetevi una pausa, un tè e con calma guardateveli...

martedì 24 marzo 2009

Quale verità? 1989 La protesta di piazza Tianamen.

Di fronte all'immagine qui a fianco, molti di noi, sconcertati, presero coscienza della protesta studentesca che nel 1989 scosse la Cina, rivendicando la libertà d'informazione contro il regime comunista.
Ebbene questa stessa immagine a distanza di dieci anni, potrebbe avere un altro significato.
E se nessuno mette in discussione il fatto che in Cina purtroppo non ci sia libertà di espressione e ci sia un governo repressivo di ogni forma democratica di contestazione al suo operato, va anche però recuperata la capacità di analisi approfondita, quella capacità che ci permette di vedere le cose nella loro forma ultima, scevra da ogni condizionamento politico, economico, storico o d'immagine.
Un'interessante spunto diverso da quello che ci è stato proposto per anni (e cioè quello di una protesta esclusivamente basata sul conflitto a favore della libertà d'espressione contro un regime totalitario) lo introduce nel suo libro "Shockeconomy" ( 2007, editore italiano Rcs libri), la bravissima giornalista canadese Naomi Klein.
Proprio l'autrice del celeberrimo "No Logo", s'interroga su una delle questioni più emblematiche della caduta dei regimi totalitari comunisti e socialisti e ne fa, insieme ad altri esempi emblematici (vale la pena leggere il suo libro), un'analisi lucida, che vede proprio nell'episodio di piazza Tianamen una sintesi fondamentale, di come l'affermazione del pensiero "unico" capitalista a cavallo tra gli anni 90/2000 abbia determinato la visione d'insieme di alcuni fatti di cronaca nell'opinione pubblica, che di colpo divennero non solo atti di denuncia, ma anche frecce nella faretra dell'affermazione del capitalismo come unica e possibile scelta economica libertaria e di governo.
Tutto ciò che era diverso era male.
Nazionalizzazione, socialismo, erano termini che sembravano alla fine dei '90, dei residuati di un'epoca arcaica fatta di ideologie ammuffite, di sogni infranti in bocca al "Leviatano" totalitario che in virtù della sua sopravvivenza autoreferenziale, ingurgitava tutto, a partire dalle libertà individuali, fossero d'espressione o economiche.
Bene, Tiananmen divento il simbolo immaginifico di tutto ciò, di come cioè fosse impossibile, sotto una forma di governo non capitalista, avere libertà, successo economico, diritti individuali, stampa libera.
E se vi dicessi che la protesta di piazza Tienanmen fu solo in parte la rivendicazione di tutto questo?
Ma che anzi, quella stessa protesta abbia in comune molti punti di contatto con la crisi economica di oggi?
La protesta di piazza Tiananmen fu solo limitatamente, se non per niente, influenzata dalla lotta per la libertà di espressione, ma fu la protesta di un popolo affamato dalle tasse e dalla manovra economica che in quei mesi il governo cinese varò e che ebbe conseguenze devastanti sulla pelle dei lavoratori cinesi, che si ritrovarono da un momento all'altro a passare senza poter decidere minimamente nulla, da un sistema economico pianificato di stampo socialista a di uno di stampo liberista, capitalista nel senso più ampio e crudo del termine.
Per alcuni mesi in Cina fu attuata una "tabula rasa" economica che rivoluzionò di fatto il sistema economico e lo sviluppo del paese.
Chi ordì tutto questo?
Pare incredibile, ma furono proprio alcune delle lobby più importanti a livello mondiale con l'appoggio nascosto del governo degli Stati Uniti.
Grazie ai teorici della famigerata "scuola di Chicago", economisti dell'università omonima, che facevano capo a Milton Friedman, acclamatissima figura negli ambiti dei "think thank" americani, che con la sua "visione del mondo"in cui si privilegiava come unica forma possibile di governo il libero mercato, ha condizionato quasi trent'anni di politica estera degli USA e pesantemente influito sulle scelte dei governi e del loro approccio all'economia della "globalizzazione".
Friedman da teorico del libero mercato ha messo lo zampino praticamente in tutte le destabilizzazioni politiche di stampo economico sostenute dagli Stati Uniti in maniera più o meno esplicita, dal Cile di Pinochet all'Argentina di Varela, per arrivare alla Polonia e alla Russia post sovietiche fino alle "guerre al terrorismo" più recenti, come in Afghanistan o in Iraq.
In Cina il capolavoro fu assoluto, trasformare l'economia pianificata di un paese comunista, da sempre chiuso nei confronti dell'esterno per tradizione sociale, nel più grande mercato capitalista deregolamentato.
Fu proprio la deregolamentazione del lavoro, i licenziamenti di massa, la "crisi" controllata, lo smantellamento delle strutture statali, trasformate in industrie e aziende private, che furono il vero oggetto delle proteste.
Da qui la furiosa repressione che tutti con i nostri occhi "televisivi" abbiamo visto e rivisto, che causò migliaia, forse decine di migliaia di morti e qualche centinaio di migliaia di incarcerati per dissidenza al regime.
Dissidenti che protestavano quindi non contro il comunismo e la sua forma totalitaria, ma incredibilmente proprio contro la sua trasformazione selvaggia nel più puro capitalismo liberista senza regola.
Il sistema era cambiato, ciò che invece rimaneva invariata era la mancanza vera di libertà in qualsiasi forma, prima a protezione di un regime ideologico, ora a protezione di un sistema economico e di una casta che in un attimo, da casta politica diventò "casta economica".
Sì perchè, tutti quei funzionari e dirigenti di partito che facevano parte dell'elite politica divennero improvvisamente ricchi proprietari di beni pubblici, "trasformati" in gruppi privati, cioè divennero in un colpo solo grossi lobbysti, grossi imprenditori.
Tutte queste misure che in un primo momento furono scambiate dal popolo cinese stesso, in nuove possibilità di vita e opportunità di lavoro, ben presto vennero riconosciute per quello che erano e insieme ad alcune decisioni impopolari del governo dell'allora presidente Deng, furono al centro di violente proteste.
Da lì la repressione, "consigliata" dagli stessi economisti della scuola di Chicago sul modello del Cile di Pinochet, ai vertici cinesi, per non "disperdere il buon lavoro fatto fino ad allora".
Fu così che la Cina di Mao si trasformò nel paese dei balocchi delle multinazionali, dove la mancanza di diritti e regolamentazione del lavoro, di controlli, di basso costo della produzione furono l'età dell'oro del capitalismo degli anni 90 e posero le basi per l'esternalizzazione del lavoro e dell'avanzata dell'economia cinese, fino a portare quest'ultima a diventare una delle nuove "Tigri" asiatiche.
In mezzo a tutto questo oltre al progresso economico, morte, sfruttamento, illegalità, inquinamento, distruzione del mercato mondiale del lavoro, competizione sleale, tra il terzo mondo e i mercati occidentali, in favore del guadagno di poche grandi lobby.
Guardando la crisi economica attuale, la Cina dell'inizio degli anni 90 riassume bene il capitalismo estremo ed esasperato ai sui massimi livelli che oggi saturo del suo stesso sistema fagocita l'economia mondiale.
Un capitalismo ormai, che la propaganda non riesce più a coprire dalle falle di un modo di operare univoco, unilaterale che ha portato in dote in questi anni, una scia di sangue e morte e una povertà dilagante, realtà preoccupante per una fetta sempre più larga di persone anche nell'ex "dorato" mondo occidentale.

martedì 17 marzo 2009

Gli imprenditori "illuminati".

Imprenditori "illuminati".
Così in campagna elettorale il PD chiamava alcuni dei suoi candidati che "differivano" dall'esercito di squali senza scrupoli che militano nel PDL.
Ma ne esistono davvero o appena gli interessi personali entrano in conflitto con le istanze dei lavoratori, anche questi ultimi, gettano la maschera?
Diego Della Valle, pur non essendo di fatto un nome nella rosa dei candidati del PD, rimaneva, fino a pochi giorni fa, come uno degli "eletti" che fuori dal coro dei poteri forti e della Confindustria, tradiva un "lato umano" nei confronti dei suoi lavoratori e con alcuni bonus economici e ripetuti attacchi a Berlusconi, pareva essere una delle poche mosche bianche dell'imprenditoria italiana.
Spiace vedere che la realtà dei fatti è ben diversa, e che anche il titolare di Tods, tradisce l'insofferenza tipicamente padronale nei confronti del sindacato, quando quest'ultimo si fa portatore di critiche all'operato aziendale.
Così un delegato Filtea CGIL, Guerriero Rossi, è stato licenziato per aver scritto una lettera aperta all'azienda, dopo che in un'assemblea pubblica del 17 febbraio, gli era stata negata la parola.
Motivo?
Le parole "lesive" di Rossi nei confronti dell'azienda, che "pregiudicano irreparabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore ed imprenditore, non consentendo la prosecuzione del rapporto, neppure in via provvisoria".
Fatto grave, che a detta dei delegati sindacali dell'azienda, è solo il culmine di una situazione ambigua ormai perpetrata da tempo in Tods, dove anche grazie ai bonus "elargiti" (116 euro, promessi ai suoi 1700 lavoratori, ma poi di fatto, pare, mai arrivati) a titolo "personale" (cioè senza contrattazione sindacale), il sindacato viene di fatto "destituito" dal suo ruolo vero, quello di garante e strumento di contrattazione.
Se si tagliano fuori i sindacati si ottiene ne più ne meno quello che il governo Berlusconi, la Confindustria e l'imprenditoria, vogliono, cioè la destrutturazione del mercato del lavoro e delle forze sindacali che vengono escluse da tutti i processi di contatto tra aziende e lavoratori.
Un processo teso a favorire solo gli interessi privati delle aziende, libere di "contrattare" al suo interno modalità diverse di rapporto tra loro e i propri lavoratori, che passano da categoria, da segmento lavorativo unitario, a semplice manodopera individuale o aziendale, strumento inerte delle aziende, soggetto a tutti i cambiamenti del mercato.
Una "deregulation" a tutti gli effetti, in cui i diritti acquisiti in decenni di lotte vengono cancellati.
Il signor Della Valle, ecumenico nel dispensare aiuti ai suoi "fedeli/sudditi", fa però di loro cosa meglio crede, ma non accetta contrasti evidentemente e ciò è molto grave, riportando il mercato del lavoro agli anni 50, al padronato, al caporalato, ad un rapporto tra dipendente e datore di lavoro, servile, non organizzato, dove si esalta la contrattazione individuale del proprio lavoro a dsicapito di quello degli altri, in una sorta di "mercato concorrente", tra lavoratori della solita categoria e ambito industriale.
Non è casuale che sia stato colpito proprio un sindacalista e proprio un delegato CGIL, sindacato da sempre "mal visto" in Tods, per un atteggiamento incalzante su alcune falle contrattuali, come quella del "secondo livello", un contratto integrativo che Della Valle si è sempre rifiutato di discutere, sia con CGIL che con RSU.
Dispiace vedere che in un momento di crisi, sopratutto per il settore calzaturiero, le soluzioni siano sempre unilaterali e sempre a discapito dei lavoratori, rifiutando la collaborazione della base sindacale e rifiutando la possibilità di ricerca di soluzioni alle problematiche lavorative in divenire, in modo ampio, collaborativo.
Anche per gli "illuminati" evidentemente, in fondo, il lavoratore rimane un semplice subordinato, a cui si da una pacca sulla spalla se diligentemente lavora, di cui disporre a piacimento, da cui, non ci si aspettano parole, pensieri in contrasto con le politiche aziendali, del "padrone".
Il metodo del bastone e della carota.

lunedì 16 marzo 2009

Le ispirazioni del PD

Qui posto un breve video dove Marco Travaglio fa una giusta riflessione proprio a Firenze, città nevralgica per il centro sinistra da sempre, su come il PD si approcci alla politca in maniera diversa dal passato.
Personalmente mi trovo d'accordo con lui e trovo inquietante da elettore e militante di sinistra la deriva centrista di un partito come il PD, che pur di rimuovere ogni aspetto "radicale" della sua storia, rimuove anche ciò che è buono.
A voi la sorpresa di vedere cos'è (o chi è) il "rimosso"...

Marco Travaglio a Firenze

giovedì 12 marzo 2009

Il Mostro dentro ognuno di noi.


Eccoli qui, accanto alle righe del mio post le foto dei due indagati per stupro nel parco della Caffarella, nella periferia di Roma, accaduto il 14 febbraio scorso.
Il dibattito di questi giorni, su questo caso, si infiamma prevalentemente su due questioni, la prima sull'incompatibilità delle prove biologiche del DNA rispetto ai due aggressori e la seconda su come in realtà ci siano altre dinamiche diverse che porterebbero negli sviluppi ad altre persone e di conseguenza cambierebbero la posizione dei due imputati da carnefici a possibili complici.
Non che questo sia un "palliativo" rispetto ad un'accusa così grave ed infamante, ma sicuramente da lo spunto per una riflessione su come gli organi d'informazione propongano le proprie notizie.
Se dall'inizio, con il riconoscimento da parte della vittima di uno dei due complici, sembrava non esserci nessun dubbio sull'identità dei "mostri", informazione che tanto ha aiutato il sensazionalismo di molte delle testate giornalistiche e televisive, rimane il fatto che comunque nessuno o quasi ha fatto il suo dovere di giornalista, che è per l'appunto quello di farsi alcune domande.
E' incredibile come su certi casi di cronaca nera, ci sia un approccio così nettamente diverso a seconda se l'imputato di un caso criminoso, sia genericamente "straniero" o invece "semplicemente" italiano.
Già dagli strilli dei notiziari e dei quotidiani, si omettono nomi e cognomi e si parla di "rumeni", "rom", "tunisino", "marocchino", si parla cioè di nazionalità, etnie, appartenenze comunitarie o meno e non di persone, individui.
E se nei confronti di un crimine qualsiasi, anche il più efferato, fatto da un nostro connazionale, si costruiscono ad arte mille teorie e dinamiche, che in alcuni casi arrivano quasi a destabilizzare l'opinione pubblica e che analizzano meticolosamente la parte della vittima, ma anche dell'eventuale colpevole; nel caso di un crimine commesso da uno "straniero" (meglio se di un paese povero, immigrato, in condizioni precarie di stanzialità) l'analisi è molto meno approfondita e molto più perentoria.
E' colpevole.
Punto e basta.
Nessuno ha mai sentito una sola parola di Karol Racz o di Alexandru Loyos Isztoika, fino a qualche giorno fa, (fino a che il solito giornalista/presentatore avvoltoio, in seconda serata, svolazzando ha rilasciato il video della presunta confessione di Isztoika, di fronte alle forze dell'ordine), ma nessuno si è mai preoccupato di ciò, in fondo le bestie non parlano, al massimo grugniscono mentre compiono abietti atti, appunto "bestiali".
Chi voleva apprendere quindi qualche informazione sulla questione della Caffarella, doveva farlo solo ed esclusivamente attraverso la casta giornalistica.
Ora, se in Italia ci fosse un'informazione veramente di qualità e libera dai vincoli economici di vendita ed editoriali, non ci sarebbero problemi nell'affidarsi alla categoria che dovrebbe preoccuparsi proprio fare informazione.
Evidentemente ciò non è più possibile.
Sono sparite le famose cinque "W" (Who/Chi, What/Cosa, When/Quando,Where/Dove, Why/Perché), regole cardine del giornalismo anglosassone, sostituite dall'interesse di bandiera per le posizioni politico/economiche dell'editore.
Questo rientra pefettamente nella politica di "terrorismo psicologico" che oggi compie il governo italiano, puntando forte sulla paura del diverso, portatore di tutti i mali possibili, sporco, sleale, criminale, concorrente al lavoro, nel mercato globale dei poveri.
Così si tengono sotto controllo le masse, troppo occupate a tenersi strette quelle poche cose che hanno in mano per vedere chiaramente i problemi di una società che non saranno certo gli Alemanno, i Maroni o le ronde di quattro pensionati a risolvere.
Il problema dell'Italia di oggi è la periferia.
Quella periferia in cui si compiono atti criminosi perchè ognuno di noi vive nell'indifferenza dell'altro, sempre di corsa per arrivare al proprio "loculo" di cemento in cui rinchiudersi, davanti all'informazione scadente dei TG e ai programmi televisivi spazzatura, che ci danno la dimensione distorta di un mondo in cui noi viviamo e che sarebbe solo a pochi passi dalla porta di casa.
Una periferia culturale e sociale in cui il nostro paese è entrato, una periferia dell'informazione, della ragione.
Che si sa, quando dorme, genera per l'appunto, mostri.
Mostri dell'ignoranza.

lunedì 9 marzo 2009

Crisi della Sinistra...l'impossibilità di un unico partito. Parte Seconda

Ma ne siamo veramente convinti?
Potrebbe invece essere vero il contrario.
Ovvero che la politica a sinistra sia maggiormente dipendente dall'approccio concreto di questa rispetto al mondo reale.
Solo così è possibile spiegare perchè due processi simili, ma con obiettivi opposti, abbiano comuque fallito, mentre di contraltare due processi anch'essi simili entrambi opposti ma collocabili più a destra (Di Pietro non è certo un uomo di sinistra, da sempre) abbiano invece avuto successo.
Pare quindi che l'elettorato di sinistra probabilmente più critico e più avvezzo a cercare nella politica la valvola di sfogo di certi processi di innovazione radicale, perso di vista questo "mordente progressista" che evidentemente non era più così chiaro di fronte agli occhi della gente, ha bocciato l'esperienza della Sinistra Arcobaleno prima e del PD poi.
Evidentemente definendoli non incisivi e quindi inutili perchè troppo simili nell'impostazione verticistica e governista ai partiti dell'altra parte politica.
Persa di vista l'utilità reale di queste forme partitiche, gli elettori di centro sinistra hanno preferito astenersi in questi ultimi mesi, dal voto, in maniera diversa dall'elettorato di centro destra che più facilmente digerisce la propaganda televisiva di stampo allarmistico che viene fatta in Italia, sopratutto sul tema della sicurezza e dei diritti civili.
Sono arrivate quindi le sconfitte al comune di Roma, nelle regionali in Molise e sopratutto in Sardegna, dove anche un buon candidato come Soru, non è bastato per vincere di fronte al "commercialista di Berlusconi, Cappellacci.
Tutti elementi che hanno aiutato nella vittoria la compagine di Berlusconi che grazie anche ad altre falle ideologico/programmatiche, come ad esempio, (quelle sul tema della laicità di tanti politici di centro sinistra, convinti cattolici) hanno fatto breccia nell'elettorato e nel muro delle altre formazioni politiche , come il PD ad esempio, che non è riuscito a sopravvivere alle proprie contraddizioni interne su alcuni temi d'importanza fondamentale come nel caso clou dei diritti individuali, che è esploso negli scorsi mesi con il caso Englaro.
Non servono a molto i proclami di alcuni intellettuali verso una lista "unitaria" tra i piccoli partitini della ex SA, il problema è assai più profondo e affonda le sue radici nell'identità comune della sinistra italiana, incapace da sempre di sintetizzare un'identità trasversale, indipendente dai poteri forti dell'economia e del Vaticano.
L'impressione è che prima di rivedere un processo progressista concreto e forte, la sinistra italiana tutta, dovrà spogliarsi di molti degli orpelli accumulati in questi anni in cui la rincorsa ad un moderatismo "conciliante" tutto all'italiana, di temi in realtà inconciliabili, ha portato alla perdita di credibilità verso un elettorato che "sognava un mondo migliore" e che oggi non riesce più a riconoscere nettamente le differenze tra un raggruppamento e l'altro.
Paradossalmente questa crisi, potrebbe aiutare i partiti di sinistra, ma solo se, riconosceranno e criticheranno le falle di un sistema capitalista fin troppo digerito e accettato come unico modo di sviluppo possibile.
A sinistra la politica in Italia, sembra pagare ancora una volta il paragone duro con la realtà concreta dei fatti, quella di un paese povero, con enormi problemi di libertà d'informazione e irrisolti rapporti di piaggeria con l'unico "partito" che davvero non risente mai degli eventi storici in questo paese, ma che anzi governa occultamente, il Vaticano.

Crisi della Sinistra...l'impossibilità di un unico partito.


Una delle tante questioni che da sempre accompagnano in Italia, la politica dei partiti della cosiddetta "sinistra" dagli albori dell'unità del nostro paese, passando per la nascita dei principali partiti di massa di inizio '900 fino ad oggi, è quella della difficoltà di trovare un intento programmatico comune che aldilà delle evidenti divisioni sociali o ideologiche di base, riesca ad unire esperienze politiche diverse in un unico progetto comune.
Le cause sono da ricercarsi in diverse variabili che da sempre accompagnano l'evoluzione sociale del nostro paese che differisce dalla stragrande maggioranza degli altri paesi del mondo occidentale e della stessa UE.
La situazione odierna ripropone alcuni temi classici delle problematiche di sempre e anzi, probabilmente oggi le acuisce, per colpa dello strascico lasciato dalle politiche dei partiti di centro sinistra post PCI e PSI, che hanno fatto del "governismo" e del "bipolarismo" due delle parole d'ordine di maggiore importanza.
E' per questo che con relativa velocità si sono sintetizzati processi politici che sembravano impossibili prima del 1989, anche in poco tempo.
Il percorso di rimozione storica iniziato dagli eredi del PCI nel 1991 (meno colpiti dalla fase di tabula rasa che è stato il mega scandalo denominato Tangentopoli, rispetto ai "fratelli ideologici" del PSI) è culminato, attraverso varie esperienze di governo negative, in un progetto che accomuna due identità da sempre distinte e spesso opposte del panorama politico italiano.
Ovvero, quello dell'unione di due diversi "bagagli storici" della politica italiana.
Nel 2007 questa fusione, di fatto iniziata prima con tutta una serie di processi federativi (Ulivo) , diviene realtà e nell'ottobre di questo stesso anno nasce il PD.
Il Partito Democratico venne fondato con l'obiettivo di unire gli eredi dei due più grandi partiti politici della storia d'Italia che abiurate le colpe e sopratutto le posizioni antistoriche dei loro vecchi partiti (PCI e DC) si proposero e si propongono sull'attuale scena come "processo nuovo" di unificazione con il fine primo di governare stabilmente il paese.
Tutto questo, lasciò ampio spazi a formazioni politiche più piccole, di estrazione più estremista, come Rifondazione Comunista che di fatto avrebbero dovuto raccogliere quell'eredità di voti persi da i potenziali scontenti dell'unione forzata di DS e Margherita, grazie allo stesso tipo di processo aggregativo simil PD.
In risposta nacque quindi la Sinistra l'Arcobaleno. unione di quattro partiti (PRC. PDCI, SD, Verdi), che avrebbero dovuto colmare quell'eterno bisogno di unità che da sempre l'elettorato di sinistra ha richiesto ai propri partiti in Italia.
Tutto questo preambolo mi serve per fare una sola riflessione, ovvero, quella quasi paradossale di come in Italia sia difficile, unire intorno ad un unico progetto anche un elettorato che da anni chiede un progetto politico unitario, in maniera indifferente sia che sia più moderato che più radicale.
La vittoria alle politiche nel 2008 di Silvio Berlusconi, rimette in gioco proprio questo punto di vista che pareva ormai dato per acquisito.
La Sinistra Arcobaleno non esiste di fatto più, e nascono nuovi bisogni identitari di comunismo, Rifondazione si è nuovamente scissa, Verdi, SD, PDCI fanno bagarre insieme a formazioni minori nella costruzione di alleanze in vista della prossima tornata elettorale alle europee, rimpastando equilibri che parevano ormai assodati.
Ma ciò che è più incredibile è che il PD non si giova di questa fase politica in cui le alternative radicali sono addirittura fuori dal parlamento ma anzi, rischia addirittura una sorte peggiore, che è giunta al suo culmine critico con le dimissioni dell'ex segretario Veltroni che pareva l'unico personaggio mediaticamente capace di calmierare due identità così diverse nel PD, quella cattolica e moderata degli ex Margherita e quella riformista e laica degli ex DS.
Insomma, pare proprio che l'unica strada per l'unità politica nel nostro paese sia quella del populismo.
Non a caso due fenomeni, simili dal punto di vista dell'impostazione leaderista hanno enorme successo in Italia a dispetto della crisi della politica e dell'economia attuale.
Ed è il caso del Popolo delle Libertà (di fatto, un partito ex federativo ma comunque incarnato nella figura del suo maggior esponente, Berlusconi) e dell'Italia dei Valori, compagine specchio dell'ex magistrato A.Di Pietro che contrapposti si assomigliano nell'impostazione a-ideologica dei loro programmi, o della loro impostazione mediatica.
Insomma, sembra che morte le ideologie (o meglio rimosse) vinca lo spot elettorale, lo scontro mediatico fine a se stesso, lo strillo più forte.

- Fine prima parte

Chi è senza peccato...

Lunedì, settembre 15, 2008



Abdul Guibre


GIOVANE UCCISO A MILANO, CHIESTA LA CONVALIDA DEI FERMI
MILANO - Il Pm di Milano Roberta Brera ha chiesto la convalida dei fermi di Fausto e Daniele Cristofoli, padre e figlio accusati di concorso nell'omicidio di Abdul Guibre, il ragazzo di 19 anni colpito a sprangate a Milano e morto dopo alcune ore in ospedale. La contestazione formulata dalla Procura è di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Ieri sera i due indagati erano stati interrogati fino a tardi dal Pm e, assistiti dall'avvocato Elisabetta Radici, hanno ammesso il pestaggio e si sono giustificati spiegando di essere stati vittima di un furto di alcune confezioni di biscotti e, credevano, anche di parte dell'incasso del loro bar. Il figlio é parso agli inquirenti particolarmente 'stravolto' per quanto accaduto. Sarà ora l'autopsia a stabilire come sia morto esattamente il giovane, definendo in particolare quanti colpi, in quali parti del corpo, e con quali oggetti li abbia subiti. Sicuramente almeno un colpo ha raggiunto la testa. 'E' un fatto gravissimo indipendentemente da chi sia la vittima e chi siano gli aggressori' commentano dalla Procura. Con tutta probabilità, i due fermati saranno interrogati tra domani e dopodomani dal Gip.



Da quella Milano 'da bere', quanto tempo è passato...
Oggi forse non conviene 'bere' e quindi fermarsi ad un chiosco, con gli amici, per ristorarsi e placare magari la sete.
Non conviene se tu e tuoi amici siete un gruppo multietnico e magari vi vestite secondo lo street style hip hop.
Qualcuno potrebbe pensare che uscendo dal suo negozio, visto che siete neri, e vestiti a quel modo la...beh...volete che non abbiate rubato qualcosa?
Sicuramente si.
Magari un preziosissimo pacco di biscotti.
Chissà, magari erano pure al cioccolato.
Ironia della sorte.
Ecco un buon motivo per inseguirvi, ripetutamente, e colpirvi a sprangate con il bastone della saracinesca...
Ma no, non si tratta di razzismo.
'Avrei fatto lo stesso con un ragazzo di un altro colore', dice il figlio del proprietario del chiosco, probabilmente, l'assassino.
Credo che questa frase si commenti inquietantemente da sola.
Quindi ne dovrei dedurre due cose; o ci si trova di fronte ad una persona con seri problemi mentali, o di gestione della rabbia, che appena vede un bambino che gli porta un pacchetto di patatine fuori dal negozio lo rincorre e lo prende a sprangate, oppure che chi ci sta di fronte, influenzato dall'ignoranza, dal clima di tensione e paura che tg,quotidiani e ministri, ogni giorno ci urlano, abbia, perso la testa dando sfogo ai suoi istinti più bassi.
Probabilmente i due gestori del chiosco erano davvero razzisti, o magari no.
Non è questo il punto.
Il punto è che oggi in Italia si è perso quel freno inibitorio che fino a qualche tempo fa, non solo la giustizia, ma anche la società ci 'imponeva'.
Nessun limite, si possono bruciare i campi rom, si possono aggredire due ragazzi, solo perchè sono rumeni, si può uccidere un coetaneo perchè 'con il codino' e forse 'di tendenze di sinistra', si può riempire di botte un ragazzo perchè è 'un finocchio'.
Oggi ci si sente autorizzati a fare tutto questo, senza pensare che, forse, 'il nemico', il diverso, il nero, lo zingaro, il rumeno, lo straniero, hanno una vita, una famiglia, dei figli, degli amici.
Come noi, magari.
Dobbiamo sfogare le nostre paure.
Domandiamoci tutti perchè, perchè 'dobbiamo' avere paura.
A quanti di noi hanno rubato in casa, quanti di noi hanno avuto problemi con 'lo straniero'.
Forse non tutti sanno che alla fine dell'800, a Roma, c'erano 1200 circa, omicidi all'anno e ora in tutta Italia non arrivano a 800, se cerchiamo poi quelli commessi solo da stranieri, la cifra scende vertiginosamente.
Vedrete anche che dal 1991, anno della prima vera ondata di immigrati in Italia, ad oggi, gli omicidi, sono addirittura diminuiti.
Eppure ci sono qualche milione di persone, immigrate, in più.
Sono addirittura di più i morti sul lavoro, dei morti per omicidio.
Ma noi abbiamo paura, tanta paura.
Dagli allo straniero, dagli al nero, al diverso!
Perchè non so che fare, perchè non so con chi prendermela.
Ecco che allora gli inviti dei ministri come Maroni, dei sindaci 'sceriffo' come Alemanno, degli assessori illuminati come Cioni a Firenze, che invece di occuparsi delle buche, si occupa di zingari ai semafori, ci sembrano la priorità...
Io non sono razzista però...
Però una bastonata, un calcio, o un pugno nel mucchio, ce lo tireremmo volentieri tutti.
L'importante è essere in maggioranza però.
Magari 13 contro uno.
Con la maggioranza e grazie alla maggioranza (se armata meglio) si sono digerite le epurazioni, i prigionieri politici, i morti assassinati, le leggi razziali, i lager e i gulag.
In Italia lo sappiamo bene, mascelle volitive, sorrisi, pulizia e spranghe ci hanno sempre convinto.
Peccato ci abbiano impedito di vedere altri problemi, forse veri sul serio quelli.
Tipo la disoccupazione, i contratti e i salari di lavoro, il nepostismo, le associazioni mafiose, le caste politiche, le leggi 'ad personam', i conflitti di interessi, le scalate bancarie, le bancarotte..
Le vere grandi diversità.
Tra chi prende 1000 euro al mese e chi candidamente dopo aver evaso qualche milione di euro di tasse, ci dice, 'mica lo sapevo'.
Di quelli che ci piace citare come i migliori in qualcosa tra l'orgoglio italiano di tutti (boia chi molla, vero Buffon?), ma che hanno la residenza a Monaco, in Liechtestein, o magari i conti bancari in Svizzera.
Forse sono loro gli stranieri.
Perchè estranei a tutte le cose, e i problemi del comuni mortali, della gente 'normale'.
Che si prende a sprangate, che prende a sprangate un ragazzo di 19 anni, che potrebbe (un luogo comune ogni tanto concedetemelo) essere il figlio di uno dei due aggressori.
Per un pacchetto (ad ora nemmeno trovato) di biscotti.
Maledetti biscotti, ma che ci metteranno dentro...