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mercoledì 26 agosto 2009

Estate, mare e un mostro assassino...










Agosto 2009
Quest'anno fortunatamente, il sottoscritto è riuscito a fare una decina di giorni di vacanza e da buon italiano non ha saputo resistere al fascino del mare.
Vicino a casa quasi, dato che essendo toscano mi sono fermato all'interno della regione natale per approdare, è proprio il caso di dirlo, in quel di Rosignano Marittimo, provincia di Livorno, presso il mare di Rosignano Solvay, frazione del comune stesso.
Il posto in questione, che gode di una certa fama per la presenza della fabbrica Solvay, che nomina appunto la frazione, lo è anche per via delle caratteristiche "spiagge bianche", frutto degli scarichi calcarei della fabbrica stessa che sono, per noi toscani, praticamente un "must", un pezzo di Caraibi a buon mercato in Toscana.
Per questo quindi, Rosignano fin dai primi anni del novecento, è un punto di riferimento sia dal punto di vista turistico che dal punto di vista industriale.
Camminando per questo bel posticino, tra l'allegro folcklore livornese, le piacevoli villette stile liberty e un mare davvero bello, pieno di fauna e scogliere ricche di vita, non si può non rimanere colpiti da una struttura che improvvisamente emerge dal lungomare rosignanese.
Il magnifico porto "Cala dei Medici", pieno di negozi, bella gente, barche, yacht e lusso in tutte le forme possibili.
Fiore all'occhiello di una costa che vuole rivalutarsi, che vuole scrollarsi di dosso l'etichetta di posto da famiglie e di vacanza del proletariato operaio, per assumere gli scintillanti fasti versigliesi, delle discoteche e dei locali alla moda, meta di personaggi famosi e facoltosi business man.
Peccato che il porto in realtà, appaia sempre più spesso come un cimitero di elefanti di ferro molto costosi e male assortiti rispetto ad una popolazione di estrazione proletaria, che da un giorno all'altro si è vista catapultare un pezzo della Versilia "bene" in casa propria, con la promessa di averne qualche piccolo beneficio economico in cambio.
La sensazione quando vi si entra è quella di un piccolo microcosmo per eletti, "protetto" da un muro che pare quello di sicurezza israeliano, una muraglia di cemento che nasconde sguardi e ospiti indesiderati, un posto in cui tutto è riservato, dal parcheggio per gli enormi suv, al rimessaggio, addirittura ai bagni "pubblici" riservati anch'essi solo ai proprietari (paganti) delle barche in posteggio e accessibili solo mediante alcune tesserine elettroniche.
Senza quattrini non si possono nemmeno fare i propri bisogni fisiologici, figurarsi comprare qualcosa nei negozi delle "grandi firme" all'interno, veri e propri mondi paralleli per la quasi totalità della gente comune che dopocena pascola e passa, quasi senza lasciare traccia nella "piazzetta" extra lusso del porto se non per uno sporadico gelato.
La sensazione è proprio questa, quella di due mondi diversi che coabitano tra loro forzatamente.
Non regge quindi la storiella dello "sviluppo economico", dei nuovi sbocchi commerciali, "copertura" ufficiale dell'amministrazione locale e dei promotori del progetto, dato che il rosignanese medio, quasi nemmeno ci entra, figurarsi fare business in un posto in cui quasi sei sopportato, tu, oggetto estraneo della plebe.
Il porto è quello che è, a partire dal nome altisonante e quantomai fuoriluogo (che c'entrino i Medici con Rosignano Solvay poi..) una speculazione edilizia, frutto dell'idea geniale di qualche magnate del lusso, arrivato per portare "il verbo" dell'eleganza nel cuore della classe operaia.
Già dopo pochi anni (il porto dopo una lunghissima gestazione è stato terminato nei primi anni 2000) di nascita, il progetto comincia a suscitare più di una perplessità visti i mediocri risultati dal punto di vista dell'integrazione commerciale con la Rosignano "comune", che dal punto di vista del "beneficio economico" non è affatto cambiata, quel che rimane purtroppo è lo strascico di "una gabbia di cemento" che ha distrutto e sepolto una scogliera cancellandola materialmente per sempre.
E se alcuni intellettuali hanno già manifestato grosse preoccupazioni (celebre l'intervento di Asor Rosa) riguardo la "cementificazione selvaggia" di quel pezzo di costa che va da Castiglioncello a San Vincenzo, molto meno si mobilità la gente comune, ospite a casa propria di fronte a piani urbanistici che appaiono sempre più spesso come forzature (spesso ben camuffati grazie al solito ormai muffito conflitto ambiente/lavoro) della politica e delle lobby dell'edilizia nell'interesse di pochi sulla pelle di molti.
La costa di Rosignano in questo caso, non fa eccezione.
Spiace vedere le amministrazioni comunali toscane amministrate dal cosiddetto "centrosinistra", sempre prone ai voleri di pochi influenti centri di potere che fanno ciò che vogliono con il bene comune, sia questo la gestione dell'acqua, lo smaltimento dei rifiuti o i piani urbanistici.
E se ciò poteva essere plausibile in momenti di espansione economica come negli anni del cosiddetto "boom", a cavallo degli anni 60, in cui il lavoro era la prima prerogativa e la sensibilizzazione ambientale era ancora un miraggio, oggi tutto questo appare come un segnale evidente di sudditanza al pensiero unico neo liberista.
Il capitalismo in crisi partorisce anche di questi mostri, che si risolvono per ciò che sono, vuoti contenitori di una società ideale a cui aspirare e che non esiste almeno per i comuni mortali, coloro che invece avrebbero dovuto esserne i principali beneficiari indiretti.
E giunto il momento a parer mio di uscire da questo continuo ricatto che vive sulla nostra pelle da sempre e che mette la salute pubblica, il territorio e l'ambiente, in contrapposizione con i posti di lavoro, i benefici economici comuni.
Come?
Rendendoci conto che il modo migliore per proteggere il lavoro è adeguarlo alla modernità, una modernità fatta di pericolosi cambi climatici, smottamenti, catastrofi, che per tanti è una rovina inevitabile e per pochi occasione d'oro in cui fare affari con la ricostruzione, vedi i casi New Orleans o lo tsunami nelle Filippine.
Una modernità che non può continuare a consumare suolo agricolo e boschivo per l'espansione edilizia indisturbata di poche lobby che nascondono la speculazione dietro i fabbisogni dei più deboli.
Che dovranno sentirsi non più spettatori esclusi di una scena appannaggio solo di pochi eletti, ma cittadini responsabili al centro di un territorio che prima di essere un cantiere a disposizione della prossima speculazione, è il luogo su cui sono nati e che gli appartiene per diritto di nascita.
Altrimenti l'unica fine che ci aspetta è quella di essere eterni "ragazzi della via Gluck", ospiti a casa propria, in un mondo in cui le aree pubbliche saranno piccoli fazzoletti di terra tra gli immensi possedimenti privati di pochi e facoltosi fortunati.

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