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lunedì 12 aprile 2010

Servizio Pubblico, gestore Privato.

Francesco Messina su commissione dell'allora direttore Rai, iniziò i lavori per quello che da i due anni successivi, ad opera conclusa, è divenuto il simbolo più importante della Radio Audizioni Italiana.
Il Cavallo Morente.
La R.A.I. nata con concretamente, (se si escludono le esperienze governative dell'UAR e dell'EIAR tra il 1924 e il 1944) nel 1954, con la messa in onda del primo programma il 3 gennaio 1954 in concomitanza con il primo Tele Giornale 1, dovrebbe essere l'azienda pubblica, di proprietà dello Stato e regolata dal Ministero delle Telecomunicazioni, che informa, come organo imparziale, il cittadino, sulle principali notizie di attualità giornaliere.
Se è vero che, la RAI non è mai stata un esempio di trasparenza, indipendenza e capacità giornalistica, sopratutto d'inchiesta; è anche vero che momenti così bassi di credibilità, il servizio pubblico non aveva mai avuto.
Nessuno si sognerebbe di paragonare la televisione pubblica italiana, alla BBC, alla francese France Television, o alle altre "consorelle", famose, sparse per il globo; per via di un difetto di fondo, perenne, quello della gestione, quasi diretta degli organi dirigenti dell'azienda pubblica da parte dei partiti politici.
Non è un caso che RAI, da sempre sia sinonimo di politica nel nostro paese, ma sopratutto di classe politica, al potere.
Tanto che, in passato (e in parte anche oggi) si definivano i tre canali come fossero delle quote, a seconda del partito politico che lì "dirigeva".
Questo per riamarcare, nel caso ce ne fosse bisogno, come il servizio pubblico televisivo/radiofonico italiano non abbia mai avuto nel proprio "dna", ben impresso; il concetto di pluralismo imparziale con alla base una posizione netta, apolitica.
Come spesso accade, quando una situazione si protrae e degenera, difficilmente questa, migliora.
Nel caso del nostro paese, non solo la situazione non migliora, ma ormai si protrae in tutta la sua precarietà etica-morale.
Quel cavallo, simbolo dei vecchi mezzi di comunicazione, sorpassati dalle tecnologie, per questo, morente; non solo non agonizza più, ma è proprio deceduto sotto i colpi della censura, del servilismo, della mancanza di caratura giornalistica.
C'è pure chi fa la guarda alla carcassa, in attesa che il grande predatore e padrone, in tutta tranquillità ne disponga come meglio crede.
Non è un nome nuovo, su queste pagine elettroniche, ma è impossibile ignorare certe sue nefandezze.
Oggi infatti, si levano alcune dure repliche da parte di uno dei volti noti del TG1, Tiziana Ferrario, alle parole e ai fatti che nelle settimane passate, il direttore Augusto Minzolini (ecco il nome) ha scritto e all'ondata "epurativa" che ha colpito chi non collimava con le idee dell'appunto, attuale direttore del TG1.
Antefatto breve: nelle settimane scorse, Augusto Minzolini, è stato nel mirino delle critiche per via di alcune intercettazioni che dimostrano come ci fosse tra lui, l'entourage politico di Berlusconi e lo stesso premier, un "canale preferenziale", in cui si decidevano la gestione delle notizie, ma anche si parlava di come "zittire" i detrattori del cavaliere a partire da Anno Zero e il suo conduttore Michele Santoro.
In risposta a queste accuse, ad una raccolta di firme di cittadini che per protesta riguardo all'emissione di una notizia palesemente falsa (riguardo il processo Mills, in cui si parlava per l'avvocato inglese, corrotto da Berlusconi di "assoluzione", quando invece il reato è prescritto e cioè "scaduto") data al TG1 e un clima di pericolosa frattura tra i giornalisti del TG, Minzolini e le persone di sua fiducia hanno prodotto un testo di risposta che poi è stato sottoposto alla redazione.
Chi non ha firmato, tra questi pure alcuni volti molto noti del TG1, come Maria Luisa Busi, Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Tiziana Ferrario e del capo redattore Massimo De Strobel, è stato (salvo il caso della Busi, solo richiamata) epurato.
Epurato è il termine giusto, non è assolutamente un appesantimento linguistico voluto.
Di fatto chi non ha sottoscritto il testo di sostegno alla direzione è stato rimosso frettolosamente dall'incarico, con la scusa di un non ben precisato "rinnovamento" al TG.
Eccoci quindi agli sviluppi odierni accennati sopra, Tiziana Ferrario, ha pensato bene di rispondere con una lettera inella bacheca di redazione, affiggendo ieri sera un testo in risposta a Minzolini, in cui con durezza se ne criticano i modi di gestione e direzione del Telegiornale.
 "Quello che sta accadendo da mesi in questo giornale, le emarginazioni di molti colleghi, i doppi e tripli incarichi di altri, le ripetute promozioni e le ricompense elargite sotto forma di conduzioni e rubriche sono il frutto di una deregulation che viene da lontano ma che si è ulteriormente inasprita e che a mio parere non promette nulla di buono per il futuro e ci sta portando ad una perdita di credibilità del Tg1".
Queste le parole della ex conduttrice dell'edizione delle 20, che continua - "Da mesi siamo sui giornali, sotto pressione non certo per gli scoop che abbiamo messo a segno, perché non vedo scoop da tanto tempo, ma per le aspre polemiche che ci circondano. L'esperienza del passato mi insegna che è un cattivo segno quando si incomincia a guardare in quale fascia di età stiamo recuperando ascolti, quando è davanti agli occhi di tutti che siamo sempre sotto il 30% di share
Una soglia che una volta temevamo di toccare e vivevamo come una sconfitta".
Riprendendo le parole della giornalista quando parla di "deregulation che viene da lontano", non si può non notare che forse, più che di mancanza di regole, in Rai è sempre o quasi mancato un vero senso etico deontologico e d'indipendenza.
Da sempre infatti, la Rai e il suo primo TG, sono sinonimo di "moderazione", "eufemismo mediatico" dai tempi delle redazioni e dei consigli di amministrazione in mano alla Democrazia Cristiana e ai vecchi partiti della prima Repubblica.
Il "germe", quindi, che vede nell'attuale direttore del TG1 e nelle occulte manovre del premier la sua peggiore espressione, è un virus che viene da molto lontano e da cui, il servizio pubblico italiano pare sia sempre stato infettato.
Con buona pace dei contribuenti italiani e della libertà d'informazione.
Un problema, quello di una gestione apolitica e super partes dell'informazione pubblica, che una nuova generazione politica dovrebbe porsi come uno dei primi e principali obbiettivi da perseguire.
Peccato che "l'opposizione" nei pure insufficienti spazi a lei concessi sul servizio pubblico, si limiti a scambiarsi i soliti, inconcludenti colpi, con i politici di turno della maggioranza; in un "ping pong mediatico" perfettamente adatto al clima di regime monocratico dell'informazione, in cui affonda piano piano il nostro paese.

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