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sabato 27 giugno 2009

Unità a sinistra? SeL dice no a Ferrero.

Sull'edizione di venerdì scorso del quotidiano "Il Manifesto", si legge, in un piccolo box, come l'incontro tra alcuni degli esponenti della lista anticapitalista (Salvi e Ferrero) e alcuni di Sinistra e Libertà (Migliore), sia stato infruttuoso.
Il perchè è assai chiaro.
Lo determinano le diverse prospettive politiche.
Se la lista anticapitalista del PRC-PDCI-Socialismo2000 infatti, si vede autonoma rispetto a forze più moderate come il PD, in SeL c'è una maggiore apertura a destra, viste anche le recenti dichiarazioni dell'ex presidente della provincia e esponente del PSI, Riccardo Nencini, che apre addirittura all'UDC.
Inoltre da sempre in Puglia, il governatore ex PRC, Nichi Vendola ha sempre avuto ottimi rapporti con il partito di Casini e in alcune dichiarazioni di qualche mese fa sul Corriere della Sera, lo ribadiva suscitando più di una perplessità tra i suoi fedelissimi, perplessità che lo costringevano parzialmente a "correggere il tiro", dicendo di essere stato frainteso.
Mesi dopo, queste dichiarazioni non suscitano più scalpore, ma paiono semplicemente un'anticipazione di un preciso disegno politico.
Nel mio intento, guardate, non c'è nessuna volontà polemica, ma solo la ricerca di una riflessione profonda su quello che oggi in Italia si chiama Sinistra.
E se è vero che dalla notte dei tempi, noi italiani nell'arco mancino della politica, siamo sempre stati tumultuosamente scissionisti, basta guardare la storia del PCI e del PSI, va anche detto che oggi la situazione è decisamente peggiore e il rischio concreto che non esista più rappresentanza per gli elettori oltre il PD, è assai reale.
Quel che è certo è che non si può iniziare un processo di unificazione da una scissione, ne tantomeno condizionare un gigante (leggi PD) quando si è delle formiche (leggi sinistra extraparlamentare).
Cosa fare allora?
Secondo me la risposta è davvero semplice.
Una federazione di partiti è l'unica soluzione, la Linke tedesca insegna.
Ognuno con la sua anima, ognuno con la sua lista, sotto una sola coalizione di Sinistra.
Che alle europee avrebbe consentito di avere una rappresentanza al parlamento europeo.
E sopratutto una fetta di quella torta di 251 milioni di euro che spettano a chi elegge almeno un rapprensentante dal nostro paese.
Si, perchè anche economicamente si presenta il problema della sopravvivenza, per partiti che vengono dagli organigrammi dei grandi partiti di massa degli anni 70 e che hanno un "sottobosco" di funzionari, federazioni, circoli da mantenere.
Qualcuno dirà che è meglio così.
Salvo poi doversi ricordare, che in una nazione dove la propaganda è l'uso maggiore per ottenere consenso dell'attuale premier, anche stampare il dovuto per una campagna elettorale costa svariate migliaia di euro e purtroppo spesso è la potenza dell'immagine a fare la differenza.
Ecco perchè è essenziale per dare rappresentanza a circa tre milioni di persone che non si rivedono nel progetto del Partito Democratico, ritrovare il buon senso e l'unità, in vista di un processo di "riunificazione" che consenta anche di esistere con un radicamento non solo nella politica, ma anche nel territorio e nelle istituzioni.
Il problema è che viste le condizioni attuali, il rischio di un appiattimento all'egemonia del PD da parte di partiti più piccoli ne limiti l'incisività rispetto ai loro propositi politici.
Bisogna quindi essere se non alternativi, almeno autonomi al PD stesso.
Impossibile incidere senza una proposta politica diversa, che non sia solo un negoziato continuo, un arretramento verso il "meno peggio", altrimenti e l'elttorato l'ha capito; si rischia seriamente di essere inutili politicamente.
Tanto vale quindi aderire al PD.
Peccato che anch'esso sia in crisi profonda.
Aldilà delle dichiarazioni di facciata di Franceschini.
Incomprensibile quindi ai fini della politica d'alternativa è la posizione di Sinistra e Libertà, proprio il "partito" che si ripropone di "rifondare la sinistra", si astiene dal partecipare ad un processo fondativo di federazione.
Non si fa certo peccato in questo caso a pensar male, purtroppo la scelta sembra solo l'autoconservazione di un ceto politico e i cambi in corsa, di partito, prima delle elezioni con gli accordi su tutto il territorio nazionale con il PD, denotano solo l'intento di essere un cartello elettorale nato per "trattare" posti e poltrone all'interno delle varie amministrazioni.
E i dati post elettorali delle ultime amministrative lo confermano.
Possibile che in Italia non si possa uscire da quel vicolo cieco che è la sudditanza subalterna al Partito Democratico?

lunedì 22 giugno 2009

Indovina chi l'ha detto? Soluzione e nuovo quesito!

Che espressione profonda!
Che sguardo pieno di acume ed erudizione!
Eccolo colui che porta il nome di una delle peggiori leggi proteggi-Berlusconi, senza nemmeno averla mai letta.
E' lui l'artefice di questa incredibile riflessione:

"Il saluto romano l'ho fatto una volta, al cimitero del Verano, 15 anni fa, il 28 ottobre, per la commemorazione dei morti della marcia su Roma. Dal punto di vista igienico è meglio della stretta di mano. Mi tocca stringere centinaia di mani, sudate, calde, sporche. E al Sud addirittura il bacio. Il saluto romano è più pulito. Dovrebbero imporlo le ASL, per evitare contagi."(Sette, 10 maggio 2002)


Chissà se le ASL prenderanno spunto.
A ruota un'altra, vediamo però di andare sul difficile, visto che me le indovinate tutte...
Eccola:

"Bisognerebbe far scattare la legge per il ricostituito partito fascista.
Questi sono quella cosa lì. E si può dimostrare facilmente. Al loro interno non hanno nessun meccanismo elettivo. Questo partito è messo in piedi da una banda di dieci persone che lo controllano nascosti dietro paraventi, non rispettano le regole dell Costituzione, chiamano golpista il presidente della Repubblica, svuotano di potere il parlmento e vogliono fare un esecutivo senza nessun controllo superiore.
Inoltr usano le televisioni, che sono strumenti politici messi insieme da Berlusconi quando era nella P2, secondo il progetto Gelli:dove il Paese dal punto di vista politcicodoveva essere costituito da uno schieramento destra contro sinistra dopo la rottura del meccanismo consociativo che faceva da ammortizzatore. Hanno usato le televisioni come un randello per fare e disfare. Si tratta di una banda antidemocratica su cui è bene che ci sia qualche magistrato che indaghi se viene commesso il reato di ricostruzione del partito fascista"
(Ansa, 12 febbraio 1995)

Bella roba vero?
Un'impressionante serie di verità, peccato che poi...


venerdì 12 giugno 2009

Analisi del voto. La sinistra ancora sconfitta?

Pare proprio che l'alternativa alla supremazia della "destra" in tutta Europa non esista ad oggi.
La crisi non aiuta, come invece si potrebbe pensare. i critici del capitalismo e nemmeno i socialisti moderati.
In tutto il continente europeo spira un vento di chiusura e paura dell'altro, del diverso, dell'immigrato.
La crisi del lavoro, la precarietà del futuro, rafforzano sentimenti di autoconservazione, brutali e primitivi.
In Gran Bretagna, Spagna, Italia, la sinistra perde vistosamente voti, negli altri paesi, come Germania o Francia, si limitano i danni.
Guardando l'Italia la situazione assume addirittura contorni paradossali, un potenziale 7% viene disperso per i soliti intrighi tra forze di una stessa radice politca.
Non è mia intenzione fare una disamina delle colpe o di chi sia o meno l'affossatore della sinistra extraparlamentare, ma invece analizzare con chiarezza e scrupolo, quello che a parer mio non è un risultato negativo.
Certamente, l'obbiettivo non è stato raggiunto, i rimborsi (importanti per chi non percepisce niente essendo fuori anche dalle istituzioni italiane) non arriveranno, ma la debacle della Sinistra Arcobaleno è alle spalle, un buon 3% è tornato a votare un'alternativa al PD sia più radicale o più moderata.
Si è chiarito inoltre come, una semplice fusione porti a risultati pessimi, mentre è auspicabile dare il giusto ascolto alle differenze di ognuno, in un processo federativo.
La Linke in Germania insegna.
Solo così si potrà dare voce a una massa di circa tre milioni di persone in Italia che oggi non ha voce ne tantomeno alternativa.
Le dichiarazioni di questi giorni, di vari dirigenti dei due partiti di sinistra (Sinistra e Libertà e PRC/PDCI) lasciano presupporre un cammino verso un percorso unitario in vista delle regionali del prossimo anno.
Se dalla sponda comunista è già partito un appello e un progetto di coordinamento per "l'aggregazione delle sinistre d'alternativa", dal fronte di Sinistra e Libertà per adesso tutto tace.
I problemi lì sono di ordine politico, le tre forze al suo interno, non hanno comune idea per adesso sul progetto e dovranno superare il fatto di essere un "cartello elettorale" per non disperdere il 3,1% acquisito che se fosse smembrato in tre non sarebbe certo di nessuna utilità.
I mesi a venire saranno decisivi, la sinistra in Italia, non se la passa certo bene, ma non è nemmeno morta, ha bisogno però di un progetto di più ampio respiro.
A fare da ago della bilancia però, la posizione delle due liste nei confronti del Partito Democratico, forse lo scoglio più grande da superare, prima di poter parlare di nuovo di unità a delle forze della sinistra.

sabato 6 giugno 2009

Dichiarazione di voto. L'unico partito che non mente sulle europee.


Prendendo spunto da uno dei blog che seguo (come immagino tantissimi italiani) il famosissimo "Voglio scendere" di Travaglio/Corrias/Gomez, faccio anch'io una piccola dichiarazione di voto per le europee e in generale per tutte le elezioni di questi due giorni anche a livello locale.
Io voterò la lista anticapitalista di Rifondazione, Comunisti Italiani, Socialismo 2000 e Consumatori Uniti.
Per quali motivi?
Primo perchè la lista anticapitalista/comunista è l'unico partito italiano e uno dei pochi a livello europeo, ad avere una collocazione chiara all'interno del parlamento dell'UE.
Se gli altri, hanno il problema di dove collocarsi per via delle tante differenze di posizione nella nostra "italietta di capipopolo", la lista anticapitalista non ce l'ha.
Farà parte di un unico e solo grande gruppo insieme alle altre forze della sinistra europea, farà parte del gruppo della Sinistra Unita Europea per l'appunto.
E al contrario di Sinistra e Libertà (che a detta dei suoi stessi rappresentanti è solo un cartello elettorale) non si scinderà in più gruppi, come invece accadrà per Verdi, Sinistra Democratica e Vendoliani, che si collocheranno tutti in gruppi diversi, chi nel PSE (Partito Socialista Europeo, insieme a D'Alema!) altri probabilmente anche in partiti più moderati non avendo una chiara caratterizzazione di sinistra.
Il PD, l'IDV, il PDL, la Lega, hanno lo stesso identico problema, chi finirà nel PSE, come tanti ex diessini (aldilà delle dichiarazioni di Franceschini, su un gruppo solo del PD in Europa, cosa peraltro probabilmente impossibile per statuto), in parte nel PPE, (vedi gli ex Margherita che si ricongiungeranno ai "fratelli" dell'UDC), mentre Di Pietro andrà a finire in quello che rappresenta, un partito liberale di destra, il Partito Liberale Europeo.
Il bello è che molti si ritroveranno insieme ai nemici strorici, (si perchè nel PPE ci staranno sia esponenti del PDL che PD!) e nessuno, guardacaso dice nulla.
Le solite schermaglie politiche a tutte le ore ma di come funziona la politica europea quasi nessuno spiega un'acca.
Per forza, l'elettore medio italiano è assai poco informato, non capisce la differenza tra un voto nazionale e uno europeo.
Ma è proprio al parlamento europeo che si getta la maschera.
Un punto a favore quindi, per chi almeno, non imbroglia i suoi elettori.
Secondo punto fondamentale, è il bisogno di sinistra che c'è nel nostro paese e nell'unione europea, in un momento dove l'ex "unico sistema di governo possibile", leggi capitalismo, è in crisi.
Ecco perchè da elettore italiano di sinistra, non posso considerare minimamente il PD (al contrario delle sterili giustificazioni di Corrias) ne tantomeno Sinistra e Libertà, che è un cartello elettorale e che nasce solo per la sopravvivenza di alcuni dei suoi leader (proprio i Claudio Fava e i Nichi Vendola che tanto vengono sbandierati negli spot elettorali) e che paradossalmente cerca l'unità della sinistra a partire dalle varie scissioni.
Sarebbe clamoroso se nessuno dei micro partitini raggiungesse il quorum.
E L'unica lista che da maggiori garanzie è proprio quella anticapitalista.
Inoltre SeL a livello locale (così parliamo anche di amministrative) ha fatto accordi a prescindere in molti comuni e province con il PD, anche in maniera clamorosa, come a Firenze in cui SeL sostiene Renzi.
Non si può dire di cambiare le cose e condizionare gli altri se le nostre posizioni sono solo quelle del "vassallo".
Un'altro buon motivo per votare la lista anticapitalista/comunista, vassalli di nessuno, antagonisti, alternativi, davvero.
Qui poi vi lascio una lista di personalità illustri che hanno dato l'appoggio alla lista.

Pietro Ingrao, Vauro (giornalista-disegnatore), Ivan Della Mea (cantautore e scrittore), Margherita Hack (astrofisica), Massimo Ranieri (attore-cantante), Vincenzo Sparagna (giornalista-disegnatore), Galapagos (giornalista de Il manifesto), Iaia Forte (attrice), Edoardo Sanguineti (poeta e scrittore), Mario Monicelli (regista), Paolo Rossi (comico), Banda Bassotti (gruppo musicale), Lothar Bisky (Presidente Partito della Sinistra europea), Don Andrea Gallo (sacerdote) e tante tante altre persone di valore...
Elenco completo qui: http://www.unaltraeuropa.eu/appello-pietro-ingrao.php

Uno serie di personaggi di valore che impreziosiscono un progetto coerente e realmente concreto, oltre i soliti spot privi di contenuto e se avrete voglia e tempo potrete leggerlo nel programma di cui vi lascio il link: http://www.unaltraeuropa.eu/programma_unitario_per_le_elezioni_europee.php

Credo di poter affermare che in Italia l'unico vero voto utile a sinistra sia quello alla lista anticapitalista/comunista.

Buone elezioni a tutti e che "Guido" (chi la capisce è un fine intellettuale) ce la mandi buona...


venerdì 5 giugno 2009

Berlusconi a "nudo". Le foto di El Pais






Speriamo innanzi tutto che non mi censurino.
Queste che vedete qui di seguito sono le foto famosissime ormai, del nostro premier nella sua villa in Sardegna in compagnia di uomini nudi e svestite signorine, pubblicate da El Pais (a cui va tutta la piena paternità dei diritti delle foto, che mi sento di pubblicare per diritto di cronaca, dato che nel nostro paese il garante ha stoppato tutto).
Che dire?
Ognuno a casa sua fa quello che vuole, è vero, sacrosanto.
Il problema è un'altro.
Che moralità ha una persona del genere?
Che parla alle famiglie, spalleggia la chiesa cattolica, si permette di parlare della moralità degli altri come nel caso di Eluana Englaro?
Che figura ci fa il nostro paese?
In un'altra nazione, che avrebbe fatto un premier travolto da uno scandalo di questo tipo?
A voi le risposte.

lunedì 1 giugno 2009

Scene da un pranzo. Togliatti, il cibo e il PD.

Come ogni anno verso la fine di maggio, mi è capitato di partecipare alla cena sociale di fine stagione del mio circolo Arci.
Un momento in cui, più di cento volontari, si ritrovano e di fronte ad un menù di tutto rispetto, festeggiano la chiusura dei turni stagionali.
Capita allora, che in una zona franca come quella di un circolo che sotto il proprio tetto, racchiude tutte le anime della "sinistra", dal PD a Rifondazione, si trovino fianco a fianco persone che politicamente hanno militanza diversa.
Capita anche, in periodo di elezioni, che si possa, condivendo la stessa storia politica e la stessa radice partitica (leggi PCI) sostenere candidati sindaco diversi, che nei piccoli comuni con le elezioni amministrative alle porte si trovino addirittura uno agli antipodi del'altro.
Tra un piatto e l'altro e qualche timido discorso, si finisce inevitabilmente in politica, in quel luogo, che la presidente del circolo, giustamente ci ricorda, nasce per un'intento aggregativo di mutuo soccorso, in anni in cui la politica era si, davvero cosa concreta ed era impossibile dividerla da iniziative di questo tipo.
La Casa del Popolo era l'espressione "laica" dell'antagonismo al Campanile della chiesa cattolica.
Ma era sopratutto il centro dell'unione visibile, reale, della forza di una massa di persone.
Oggi fa un certo effetto vedere come la frammentazione della sinistra italiana passi anche da qui, e come in un luogo in cui, ci si "spersonalizza" e si abbandona la fede politica, si possa ritrovare un senso comune, unitario.
Viene allora da pensare una cosa, che nel momento in cui c'è qualcosa di concreto per cui lavorare, un reale obbiettivo comune, collegato al mondo vero, della gente in carne e ossa, si possa ancora oggi trovare "l'unità" per un fine più alto, a beneficio di tutti.
Forse alla sinistra italiana manca questo, aldilà degli scontri tra dirigenti, i calcoli elettorali, le alleanze...
Ma non solo.
Se terminassi il mio post in questa maniera, tenendo questo leit motiv, sarei banalmente prevedibile, un po' troppo ingenuo e soprattutto romanticamente stupido.
No, la cosa non è così semplice.
Non si può sempre finire, come si usa dire dalle mie parti, a "tarallucci e vino".
Non c'è sempre un lieto fine.
Purtroppo quello che si notava quel giorno, non era solo la mole, la "massa", che ancora in un rigurgito dei bei tempi che furono, dava l'impressione della vecchia grandezza di un partito che non c'è più, ma c'erano anche altre componenti che emergevano e che a mio avviso, sono parte integrante della disfatta di un popolo enorme come quello dell'ex PCI.
Si notava la buona volontà, lo spirito di abnegazione, l'aiuto per gli altri, per il fine ultimo, la buona riuscita dell'evento, in questo caso.
Ma dai discorsi si capiva come, la base di un partito di massa come il PCI, oggi in buona parte convogliata nel PD, nonostante le trasformazioni pseudo moderne, sia rimasta ai tempi di Togliatti.
C'è un dogma in gran parte degli elettori del più grande partito di sinistra in Italia.
Lo stesso dogma che contrapponeva appunto il PCI di togliattiana memoria, alla chiesa cattolica.
Ovvero la fiducia cieca nel partito, nel fine ultimo, prima la rivoluzione, oggi sconfiggere l'odiato Berlusconi.
Si nota l'errore di fondo del PCI prima e dei partiti successivi ad esso, ovvero quella frattura tra una dirigenza di "intellighenti", di pseudo intellettuali, leader d'allevamento e una base incolta, mai veramente erudita nei temi della politica, con la compiacenza del "partito".
Una base che a guardarla da vicino pare sempre più il cavallo stakanovista del racconto di Orwell, la Fattoria degli Animali, grande lavoratore, ma cieco e sempre fedele all'ente superiore del "partito".
E tra battute e scherzi sul premier, qualche frecciata ai partini della sinistra extraparlamentare, rimaneva ben poco.
L'unica certezza era quella di votare ancora PD, come si è votato DS, PDS, PCI prima.
Per essere forti, per essere insieme, per essere tutti una cosa sola.
"In tanti per cambiare" recita lo slogan del partito democratico.
Sembra quasi un paradosso oggi, in tanti si, ma per sentirsi come una volta, forti, uniti.
Senza più l'obbiettivo, senza più meta, anche contro l'evidenza stessa dei fatti.
Una base fedele e una dirigenza miope, di faccendieri e apprendisti della politica, più qualche predestinato "leader", questa la forza di un gigante di cartone, qual'era il PCI.
A reggerlo un sogno flebile.
Oggi, parafrasando Gaber, nemmeno quello, nemmeno più le"ali per volare", rattrappite.
Tutti "gabbiani ipotetici".
E' sparita la sinistra, la voglia di cambiamento, la voglia di sognare un mondo diverso, sono spariti i simboli, i colori, gli acronimi, le battaglie, la Storia.
Peccato che a quel pranzo nessuno, o quasi, se ne fosse accorto, o magari ipocritamente, non voglia accorgersene, farebbe troppo male.
Meglio un bicchiere di vino, qualche risata e l'impressione che nulla sia cambiato, all'interno di uno scenario che, sempre di più, assomiglia ad un vecchio diorama rattoppato, rappresentazione fittizia, di un passato glorioso che non c'è più.