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sabato 11 settembre 2010

Fidel si è pentito. O forse no?

La notizia è di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia, ed è stata riportata ieri da un ampio numero di testate giornalistiche di tutto il mondo.
Anche Fidel Castro, ammette che "il comunismo ha fallito anche a Cuba".
L'impatto mediatico viene subito enfatizzato da titoli e strilli che senza mezzi termini, danno risalto alla notizia, del "grande pentimento"dello "stalinista" Castro.
In Italia poi, dove non si perde mai l'occasione di ricordare come il comunismo sia un retaggio del secolo scorso, di come sia "già morto e sepolto", addirittura, la notizia, invece che essere confinata nel "folklore mediatico" subisce ampio risalto, arrivando fino alle copertine dei giornali, tra foto, "occhielli" e rimandi, l'uno più vistoso dell'altro.
Dalla Stampa, a Libero, da il Giornale, fino a La Nazione (che addirittura mette una gigantesca foto di Fidel con la scritta "il grande pentito"), tutti fanno a gara, nell'esercizio di demolizione, di ciò - il comunismo -  che dovrebbe (almeno per certi giornali di stampo conservatore) essere ormai archiviato nei fascicoli della Storia.
Tutto nasce da un "fuori intervista" tra Fidel e il giornalista americano Jeffrey Goldberg del mensile di Boston "Atlantic" che, durante il colloquio con il "leader maximo", si è sorpreso nel momento in cui l'interprete ha confermato questa frase:  "il modello cubano non funziona più neanche per noi", un'indiretta apertura all'economia privata a Cuba, sulla scia di alcune riforme, paventate mesi fa dal fratello Raul.
Una dichiarazione che ha suscitato scalpore, oltre misura, rispetto al valore vero e proprio delle parole dette dal leader cubano, che di per se, suscitano certo stupore e risalto mediatico, ma non sono certo un'ammissione di sconfitta ne un pentimento.
Ebbene, da questa dichiarazione si è sancito, per un giorno, il definitivo declino del socialismo sulle pagine di tutto il mondo.
La domanda è, ma il socialismo, non era già morto e sepolto?
Per quale motivo, quindi, dare risalto ad una notizia di secondo piano?
Viene qualche dubbio.
Sopratutto se si guardano le tendenze politiche di certi giornali che hanno riportato la notizia che sono tutti di stampo neo-con, proprio loro quindi dovrebbero aver metabolizzato certi concetti, proprio perchè, al "grande sogno" non ci hanno mai creduto.
Invece, danno ampio risalto eccome, alla "fine del comunismo", con varie sbracature gionalistiche e cadute di stile, oltre che a perentori giudizi (De Carlo, sulla Nazione di Firenze ad es.) in cui si dice che finalmente anche Castro si accorge di come, un'ideologia egualitaria, porti solo "ad un'appiattimento verso la povertà".
In fondo sì, "a Cuba c'è l'assistenza sanitaria (gratuita ndr), ma la popolazione vive con soli 15 euro al mese!"
Insomma, il comunismo, sotto la coltre romantica, può solo nascondere la povertà diffusa e la restrizione dei diritti individuali.
Niente di nuovo, dunque, per i detrattori del socialismo, fan di Adam Smith e Milton Friedman e fautori del "lassez faire" in economia;  perchè allora scaldarsi tanto?
Poniamoci la domanda.
Forse perchè in quell'unico sistema economico globalizzato, che oggi domina il mercato mondiale, Cuba è ancora un esempio nonchè una guida per l'ex "cortile di casa" dell'America Latina, dove gli USA non la fanno più da padrone?
O forse perchè, nonostante la vittoria del capitalismo, del "pensiero unico",  la povertà (leggi crisi economica mondiale), la guerra, la mancanza di libertà e diritti esistono ancora?
Non avranno paura i nostri, che di questi tempi, possa tornare di moda un sentimento critico antagonista, contro un sistema che, finalmente libero dalle catene del welfare assistenzialista, non ha migliorato, ma anzi ha sensibilmente peggiorato la vita delle persone?
Le critiche, ormai cicliche, contro la Cuba di Castro, si fanno spazio nei media sempre più spesso, eppure, nel mondo c'è molto di peggio, tra i "fedelissimi" degli USA.
Come dimenticare il disastrato Messico ormai alla mercè di bande di criminali della droga, o la Colombia, del macellaio Uribe che governa attraverso un sistema polizesco di repressione da far invidia all'Argentina di Varela e al Cile di Pinochet?
Lì, i nostri paladini dell'informazione libera, quasi tutti a libro paga del Presidente del Consiglio con più conflitti d'interessi nel mondo, tacciono.
Così come tacciono rispetto a quanto di buono c'è, nella gestione "comune" e pubblica dei bisogni primari nello stato cubano, di come funzioni la sanità pubblica, di come Cuba, nel mondo sia "la risorsa" (alcuni dati, sulla sanità cubana qui) per milioni di indigenti, anche statunitensi, che possono studiare, curarsi, grazie agli scambi tra Cuba e l'esterno.
Così come tacciono, ancora, i nostri, su una forma preventiva di contrasto a Cuba, attraverso l'embargo economico, che contro il paese caraibico resiste dal 1962.
Altra "mitologia" da sfatare, quella che vorrebbe Cuba, come un paese in cui, con la nazionalizzazione delle principali risorse dopo la rivoluzione del '59, non ci sia stata più nessuna possibilità di consumo "libero".
Si leggano i dati per cui, a Cuba, prima dell'embargo, si acquistano eccome, prodotti di consumo proprio dagli USA stessi, grazie al rialzo dei salari post rivoluzione; consumi che poi, sono drasticamente calati, dal 1962, con l'attuazione appunto del blocco economico.
La Cuba affamata da Fidel Castro quindi, non esiste, sarebbe meritorio almeno domandarsi, se l'indigenza ( o meglio l'appiattimento economico) non sia una concausa di un veto economico così pesante, ora ancora più duro senza gli aiuti dell'URSS dalla caduta del muro in poi.
Sarebbe lecito domandarsi anche perchè, il "moderno" Obama, nonostante tanti proclami lasci finanziare ancora dal governo i programmi federali della CIA, contro lo stato castrista e non conceda finalmente un libero scambio tra  Cuba e l'esterno.
Nel frattempo, oggi, arriva puntuale la smentita alle dichiarazioni di ieri, da parte di Castro, "parole male" interpretate".
Le congetture per adesso sono rimandate al "prossimo caso" sulla Cuba del "dittatore" Fidel Castro.
Rimane nell'aria la domanda,  che è questa, - possibile che un paese così piccolo,  da poter relegare quasi ad un nostalgico caso storico, retaggio del secolo passato susciti ancora così tanto  interesse e così tanto "livore"-  e perchè?
Probabilmente, perchè, nel bene o nel male, Cuba rimane un esempio di come ci possa essere un'altra strada, seppur impervia e contraddittoria, da proporre in prospettiva, in contrasto,  all'idea, ormai in crisi, di un "pensiero unico" che vede nel capitalismo  il solo approdo possibile per il futuro dell'umanità.

2 commenti:

  1. Cuba/ Castro smentisce intervista, comunismo funziona
    http://www.apcom.net/newsesteri/20100910_215507_3050cce_96992.html

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  2. Per correttezza, non smentisce l'intervista (tra l'altro Goldberg non è "proprio un allineato", ciò fa onore a Fidel), ma ne ridimensiona il contenuto.
    Fa specie, ripeto, questo accanimento contro "il comunismo" in senso lato.
    Anche stamane su la 7, Berlusconi da uno dei tanti meeting del centro destra, legge un suo libro in cui si scaglia con l'unico male dell'umanità, il comunismo.
    Stupisce davvero, che un'ideologia che pare (e che in molti vorrebbero) da consegnare al passato, sia ancora così citata, proprio da chi l'ha sempre avversata...

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