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venerdì 14 gennaio 2011

Mirafiori ore 22.00. Referendum sulla dignità.

Ore 22.00.
Sarà il primo turno di fabbrica, a Mirafiori, che stasera si cimenterà, suo malgrado in un referendum farsa, in cui nonostante il voto, favorevole e contrario, l'esito pare scontato.
Si tratterà comunque vada di una sconfitta per il diritto lavorativo nel nostro paese.
Una sconfitta figlia della cultura della "moderazione&modernizzazione", della rimozione forzata di valori scambiati per muffite ideologie, di un arretramento perpetuo delle forze politiche che dovrebbero rappresentare, nelle istituzioni,  gli stessi uomini e donne che stasera voteranno nelle urne della fabbrica torinese.
La tensione che graverà sulle spalle degli operai di Mirafiori, sarà una tensione autentica, uno stato d'animo che purtroppo, non verrà alleggerito da nessun sostegno decisivo, delle forze politche.
Sono lontani anni luce i giorni del sostegno dell'allora segretario del PCI, Enrico Berlinguer, sempre a Mirafiori, il 26 settembre 1980 e non solo per il tempo, cronologico, passato.
Sono distanze incolmabili di due mondi politici, profondamente diversi.
Gli eredi diretti di quel grande partito, li vedreste forse oggi, fuori dai cancelli, nella persona del loro segretario, Bersani, con lo stesso numero di persone intorno, appassionatamente accalcate?
Ne dubito e se anche qualche "leader" politico davanti ai cancelli c'è stato, ad onor del vero, ad esempio Nichi Vendola (seppur contestato, prima di sfilare via dentro l'edificio) oppure il segretario del Prc Paolo Ferrero, la sensazione che si ha, è che comunque la politica oggi, viene vista come una sovrastruttura, poco più che un sostegno amicale a battaglie in cui, non si è più in grado d'incidere.
Ce lo conferma il grado di arroganza dell'ad. FIAT Marchionne, un tono padronale che non ha trovato argini mediatici, tra l'empasse imbarazzato delle multiple posizioni del Partito Democratico e l'oscurantismo televisivo, perpetrato nei confronti delle forze extraparlamentari dell'estrema sinistra.
In questa battaglia in cui FIOM, addirittura riesce (e questo da seriamente da pensare...) ad oscurare CGIL, con la figura di Landini che batte nettamente quella della neo segretaria, Camusso, nell'indice di gradimento, ciò che sfugge, sono le dinamiche che vanno oltre il semplice accordo.
L'accordo di per se, è più o meno quanto già visto a Pomigliano, forse pure peggiorato, riduzione delle pause durante il lavoro, divieto di sciopero, rappresentanza sindacale "pilotata" all'interno della fabbrica, minima autonomia dei lavoratori, in tutti i sensi; senza niente, a fare da contropartita.
Un accordo "capestro", in cui il ricatto è palese.
Ma c'è di più.
C'è un aspetto, solo in parte preso in considerazione dai media e dagli opinionisti.
Ed è quello della crisi che investe il mercato automobilistico.
Motivo principale per cui, Sergio Marchionne invoca il senso di responsabilità e minaccia uno spostamento in Canada, della produzione, in caso di bocciatura del referendum.
La produzione è in crisi, perchè la domanda di auto è in flessione e senza gli inncentivi, spremuti fino all'impossibile, il mercato è paurosamente fermo.
Allora perchè chiedere condizioni straordinarie di produzione?
L'allargamento del prodotto, pardon, del "brand" FIAT, oltreoceano in cerca di nuovi mercati, così come la produzione di nuovi modelli (SUV?) non sono risposte sufficienti a spiegare, quest'ansia di "produrre" dell'ad. di FIAT.
Dunque a che serve il piglio deciso di Marchionne?
Serve essenzialmente ad una cosa sola, a fare cioè, ciò che il capitale fa nei momenti in cui, dopo un'espansione economica, si arriva inevitabilmente ad un periodo critico di sovrapproduzione, si ristruttura.
Marchionne, colpisce e batte i suoi colpi nel ramo industriale, nella produzione, sulle schiene dei lavoratori, per lanciare messaggi all'unico "mercato" ancora fertile, quello volatile, della finanza.
Infatti il titolo FIAT cresce negli indici di borsa e la casa torinese non perde tempo, aumentando la sua presenza nell'azionariato Chrysler negli Stati Uniti, passando, nei giorni scorsi dal 20, al 25% delle azioni, con un prospetto di acquisire, nel 2011 fino al 35%.
Con quali soldi lo fa, con quali garanzie?
Non vedere che la politica di Marchionne è una politica ristrutturativa, atta a demolire la contrattazione collettiva e ad avvantaggiarsi di un momento critico delle forze di opposizione, è un errore esiziale.
L'argine che si prepara a sfondare Marchionne, sarà un passaggio in cui la deriva dei diritti del lavoro in Italia, filtrerà fino a contaminare tutti gli strati del lavoro salariato, demolendo, di fatto, gli ultimi bastioni statutari rimasti in piedi dopo l'ondata di precarizzazioni dei contratti di fine anni 90.
Mancare l'appello alla chiamata in difesa di questa battaglia, rischia di essere per il centro-sinistra l'ennesimo passo falso verso una metamorfosi moderata, irreversibile, in un'ansia, irragionevole - visti anche i sondaggi in caduta libera del Partito Democratico, ad esempio - di "sovrapposizione" con l'avversario.
Le parole di Fassino, Veltroni e Chiamparino, in favore del "sì", sembrano pietre tombali, sulle ormai minime speranze di ripresa del Partito Democratico ad un ruolo di rappresentanza e conflitto delle masse lavoratrici, orfane di un partito, appunto, di massa.
Rimangono, purtroppo da soli, fuori e dentro i cancelli di Mirafiori, i metalmeccanici, in lotta per qualcosa di più di un contratto, di uno stipendio, in lotta contro un pauroso ritorno al passato, in lotta per la propria dignità.

2 commenti:

  1. PAre stia vincendo il No...incredibile

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  2. Purtroppo invece il Sì ha vinto.
    Anche se per i soli voti degli impiegati, gli unci che dall'accordo non verranno toccati.
    Il giochino delle tre carte di Marchionne ha funzionato, sapeva già, che con il ricatto su una presunta chiusura, dello stabilimento, sarebbe partito con un vantaggio di 400 a zero...

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